lunedì 27 novembre 2006
Il Quartetto Arditti incanta Bari
Personalmente, non mi capitava da tempo di ascoltare dal vivo un quartetto d’archi di tale importanza. L’ultima volta era successo al Festival di Lucerna nell’estate del 2003, dove fui presente ad esecuzioni fantastiche di musica cameristica prevalentemente “classica”, grazie all’apporto meraviglioso di musicisti straordinari come, tra gli altri, il violista Wolfram Christ, la clarinettista Sabine Mayer, i violoncellisti George Faust e Natalia Gutman, tutte (o quasi) prime parti dei mitici Berliner Philarmoniker. A Bari, dove risiedo, non è facile ascoltare concerti cameristici di tale eccelso livello, eppure quando sabato scorso ho assistito alla splendida esibizione dell’inglese Arditti String Quartet in un Auditorium Vallisa fortunatamente affollato di appassionati soprattutto giovani, mi sono dovuto ricredere. Il programma del concerto non era dei più agevoli. La serata era promossa dalla Fondazione Petruzzelli in collaborazione con il II Festival di Musica Contemporanea URTIcanti, nato lo scorso anno da una coraggiosa idea di Raffaella Ronchi e Fiorella Sassanelli, che in quell'occasione portarono a Bari per una significativa Masterclass di una settimana Ivan Fedele, compositore salentino tra i più apprezzati della nuova musica mondiale. Quest’anno è stata la volta di Marco Stroppa (nella foto), paladino entusiasta della musica elettronica, ex direttore del dipartimento di ricerca musicale dell’IRCAM (sì, proprio quell’istituzione fondata e diretta per oltre un ventennio da un “certo” Pierre Boulez) a Parigi e attuale professore di composizione alla Musikhoschule di Stoccarda e al Conservatoire National Superieur di Parigi, dove ha preso il posto niente di meno che di Gérard Grisey. Insomma, assistere ad un concerto con lavori di György Ligeti (il bellissimo primo quartetto: “Metamorphoses nocturnes”), Maurice Ravel (Quartetto in fa maggiore) e dello stesso Stroppa (“Spirali per quartetto d’archi ed elettronica”) riletti tutti in modo perfetto da uno dei massimi quartetti d’archi del mondo, è stata un’esperienza davvero unica. Senza dimenticare che, a completare una sorta di tris d’assi della Musica Nuova, nel maggio scorso c’erano state a Bari le due serate-evento in compagnia del grande Karlheinz Stockhausen in Vallisa. Il Quartetto Arditti, va detto, ha cambiato in trent’anni di vita diversi elementi della sua formazione; eppure ancora oggi il suo sound è così omogeneo e corposo, tagliente e preciso, da non temere rivali. Superlativa, in tal senso, l’interpretazione del quartetto di Ligeti che ci ha lasciato attoniti per l’incredibile bravura di questi quattro straordinari musicisti. Da tempo, lo sappiamo bene, la musica è diventata maniacale, ossessiva ricerca fisica/acustica del suono nella miriade di tutte le sfaccettature dinamiche e agogiche possibili, attraversando frequenze, decibel e scarti temporali inauditi. Ascoltare, pertanto, i fremiti (ancora carichi di una credibile spasmodica tensione estetica) del quartetto ligetiano accostati al modalismo nostalgico ma sempre elegante del primo Ravel e poi…trovarsi di colpo immersi nel vortice “spazializzato” dall’elettronica di una musica (quella di Stroppa) alienata ed alienante, senza più anima, bellezza o poesia alcuna da regalare, ma esclusivamente tesa alla ricerca tanto apprezzabile quanto artificiosa di sonorità anche volentieri “rumorose”, può lasciare perplessi sui futuri destini della nostra amata Musa. L’Arditti String Quartet sa muoversi nei meandri di questi tre differenti mondi musicali con l’eclettismo, la duttilità e la sicurezza che solo pochi altri grandi ensemble possono oggi vantare. Successo trionfale.
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