giovedì 25 gennaio 2007
Notizie dal sito su Luciano Chailly
Con la presente Vi segnaliamo l'evento che si terrà a Gallarate il 26 gennaio 2007.Cordiali saluti.www.lucianochailly.com Per informazioni e prenotazioniBiglietteria Teatro del Popolo – via Palestro 5 – 0331 784140da lunedì a venerdì dalle h. 11 alle h. 14 e dalle h. 17 alle h. 19 ORCHESTRA CAMERATA DEI LAGHI in L’AUMENTO - opera da camera in una atto -PROCEDURA PENALE - opera buffa in un atto da due libretti di Dino Buzzati con musiche di Luciano Chailly Direttore: Sandro Pignataro. Regia Lisa Nava Scenografie e costumi: Isabella Lazzaretto. Sarta di scena: Monica Antonetti. Maestri collaboratori: Roberto Mingarini e Diego Mingolla. Consulenza e gestione tecnica: Rosario Di Franco. Realizzazione luci: Marco Rampolli: Coordinamento tecnico-artistico Angela Gaiazzi 26 gennaio 2007 ore 21 Teatro Condominio Vittorio GassmanL’AUMENTOAnno di composizione 1995Prima rappresentazione assoluta in forma scenicaPersonaggie interpretiAda Anna Maria TuricchiGustavo Campanella Marcello NardisUsciere Alberto LuraghiCommendator Stragioni Davide RoccaVoce recitante Sonia GrandisL'impiegato Gustavo, incalzato dalla moglie Ada, decide di affrontare il direttore generale per ottenere un aumento di stipendio. Il funzionario però lo confonde: prima proponendogli una gratifica esagerata poi invischiandolo con ribalda dialettica nell'apocalittica (pre)visione di un possibile tracollo aziendale, prime vittime i dipendenti in vista. Molto meglio, per stare tranquilli, accettare una riduzione di salario: un vero consiglio da amico da cui congedarsi addirittura con gratitudine.PROCEDURA PENALE (1959) Personaggi e interpreti: (Contessa) Mauritia Delormes Gabriella Locatelli Donna Titti Stefanetti Maria Blasi Giandomenico, marito di Donna Titti Davide RoccaPaola Isoscele, amica Raffaela RaveccaDottor Polcévera, amico Marcello NardisLe due gemelle, lontane cugine Patrizia Bergolisse – Barbara Parriani“Procedura penale” racconta di un elegante party borghese durante il quale viene condotto un ferratissimo interrogatorio a un'invitata arrivando a "bollarla" come colpevole di un delitto. E i membri della famiglia che la ospitano si muteranno via via in accusatore, poliziotto, giudice, testimone a carico e così via. Finché all’epilogo, quando la condanna a morte sembra inevitabile e la concitazione del dialogo e della musica ha raggiunto il massimo, tutto il funesto incanto si rompe e, senza soluzione di continuità riprende, come se nulla fosse accaduto, il banale tranquillo dialogo iniziale. A ogni personaggio Chailly associò uno strumento, dal flauto al saxofono, dal violoncello al contrabbasso, ai timpani.Dino Buzzati,nato nel 1906 a San Pellegrino, vicino Belluno, da unafamiglia dell'agiata borghesia, nel 1928, entra, come cronista, al «Corriere della Sera», giornale che non abbandonerà fino alla fine dei suoi giorni. Nel 1933 pubblica il suo primo romanzo Bàrnabo delle montagne. Due anni dopo viene dato alla stampa Il segreto del Bosco Vecchio,favola vagamente allegorica. Nel 1939, il giornale lo manda in Etiopia, come inviato speciale: un anno più tardi, Buzzati pubblica quello che viene considerato il suo capolavoro narrativo: Il deserto dei Tartari.Nel 1942 pubblica I sette messaggeri,una raccolta di novelle che comprende Sette piani.È la volta, nel 1945, della favola per bambini La famosa invasione degli orsi in Siciliae de Il libro delle pipedopo i quali, per ben quindici anni, Dino Buzzati scriverà solo racconti, opere letterarie, libretti teatrali, divagazioni diaristiche. Nel 1958 vince il Premio Strega con il libro Sessanta racconti.Nel 1963 pubblicherà Un amore. Nel 1965 esce Il capitano Pic e altre poesie,prima esperienza poetica di Buzzati.Luciano Chailly,autore di lavori teatrali, sinfonici e cameristici, si è diplomato in violino a Ferrara nel 1941, ed in composizione a Milano nel 1945; si è inoltre laureato in Lettere presso l’Università di Bologna nel 1943. Nel 1948 seguì un corso di perfezionamento a Salisburgo con Paul Hindemith. Dal 1951 al 1967 è stato impegnato presso la RAI, in qualità di consulente e programmista, mentre in seguito ha svolto attività di direttore artistico presso vari enti lirici italiani, tra cui il Teatro alla Scala di Milano (dal 1968 al 1971), l’Arena di Verona (dal 1975 al 1976) e il Teatro Carlo Felice di Genova dal 1983 al 1985; ha inoltre svolto attività di critico musicale e di docente di composizione presso diversi conservatori italiani (Milano, Perugina, Cremona, ecc.).Nel 1954 ha iniziato un importante sodalizio con lo scrittore Dino Buzzati, con le quattro opere: Ferrovia sopraelevatanel 1955, Procedura penalenel 1959, Era proibitonel 1963, il postumo L’aumento( 1995). Procedura penalee' considerato il piu' bel libretto d'opera scritto da Buzzati, e l'opera piu' riuscita dei due.Buzzati e ChaillyEstratti da «Luciano Chailly, Buzzati in musica. L’opera italiana nel dopoguerra, Eda, Torino, 1987»L’incontro sicuramente più importante della mia vita (anzi per la mia vita) fu quello che avvenne nel 1954 con Dino Buzzati in un ristorante di Milano [...]. Chi volle combinare quella cena fu Connie Ricono, traduttrice ed agente teatrale, la quale si era messa in mente che i nostri due emisferi artistici avrebbero potuto combaciare. (Evidentemente non si era sbagliata, se lo stesso Buzzati mi avrebbe scritto nella sua penultima lettera, diciassette anni dopo quell’incontro: «L’esperienza ci ha fatto capire che i nostri due temperamenti erano destinati ad andare straordinariamente d’accordo»). […] Fu solo al momento di salutarci che Buzzati accennò - senza darvi peso - che voleva farmi vedere (non si sa mai...) un suo libretto d’opera: «Ferrovia soprelevata». Era il primo libretto per musica di Buzzati […].Nello stesso anno della prima [«La riva delle Sirti»] di Montecarlo mi ripresentai alla ribalta con Dino Buzzati a Villa Olmo in Como, in occasione del Festival ivi organizzato da Giulio Paternieri, strano personaggio del dopoguerra milanese, pieno di passioni, d’iniziative e di debiti. Sempre in deficit, ma sempre serafico, fiore all’occhiello: faceva rabbia e tenerezza. Paternieri aveva interpellato già un anno prima sei autori (tre scrittori e tre musicisti) per combinare tre accoppiate: Bacchelli-Bettinelli, Terron-De Banfield, Buzzati-Chailly. Avevamo accettato tutti di buon grado. Ma tra me e Buzzati non fu facile trovare subito un accordo per il soggetto. Io gli avevo chiesto, per andare sul sicuro, sulla garanzia di una matrice precostituita e collaudata, di ricavare il libretto da uno dei suoi racconti. Ma lui arricciava il naso. Voleva cercare qualcosa di nuovo, un argomento ad hoc. […] Ad un certo momento mi propose la storia di un robot, che non mi andava a genio. Poi quella macabra di un vampiro, altro argomento che non mi solleticava affatto. Finché un bel giorno, all’inizio del 1959, mi vidi arrivare la lettera che mi presentava finalmente un soggetto stimolante. Entrando subito in argomento Buzzati mi faceva il riassunto dell’operina, anche se poi sarebbe stata un poco modificata. Il titolo - con riferimento poliziesco - doveva essere «Quarto grado». Mi parve poco chiaro, aveva qualcosa di alpinistico. Fu cambiato in «Una tazza di the». Ma a quel tempo c’era in circolazione, e con successo, la pièce lirica di Gino Negri che portava un titolo simile: «Il the delle tre». Si finì per scegliere ««Procedura penale»». Ecco il soggetto, secondo il testo della lettera: «Caro Luciano, siamo in una casa elegante, borghese, si parla del più e del meno, le solite cretinate (potrebbe essere anche un pranzo, o un cocktail party). Poi ecco arriva l’invitata, ma potrebbe essere l’invitato. Convenevoli, eccetera. La fatua conversazione prosegue. Sennonché a un certo punto all’invitata fanno una domandina apparentemente indifferente, e poi un’altra e poi un’altra. In breve, con progressione che stringerà sempre più i tempi, l’invitata subisce un interrogatorio serratissimo dal quale lei risulterà colpevole di un orribile delitto. E i membri della famiglia che la ospitano si muteranno via via in accusatore, poliziotto, giudice, testimonio a carico e così via. Finché nell’epilogo, quando la condanna a morte sembra inevitabile, e la concitazione del dialogo e della musica ha raggiunto il massimo, tutto il funesto incanto si rompe e, senza soluzione di continuità riprende, come se nulla fosse accaduto, il banale tranquillo dialogo iniziale. Risorse di dialogo rare, che si prestano a macchinazioni musicali straordinarie. NON DIRMI DI NO! Pochi personaggi. Direi cinque o sei. Coretto, se ti interessa, eventuale. Sono sicuro che potremo far tenere il fiato alla gente, e senza cattiveria. Il tema è semplicissimo, e si presta a tutte le variazioni che a te eventualmente piacessero. Desidero un cenno di risposta. Lascia stare gli altri eventuali soggetti. Ciao. Grazie. Affettuosamente. Il copione finito te lo darei il giorno 20 febbraio. Tuo Dino». Gli detti subito il via ed il copione mi arrivò poco dopo la data promessa, con una lettera di accompagnamento che rifletteva la sua signorilità, la sua modestia ed il rispetto enorme ch’egli aveva per i desideri e per le opinioni altrui, ciò che rendeva ideale ogni forma di convivenza e di collaborazione con lui. […] Lessi il libretto tutto d’un fiato e mi venne indosso una grande allegrezza. Capii subito che quel tipo di umorismo mi avrebbe dato scioltezza all’invenzione e vivacità alla fantasia. Non si trattava, intendiamoci, di facile comicità: era un umorismo sottile, un poco alla Ionesco, in altri termini una forma di moralismo. Anzi, Buzzati conosceva di certo, dopo il grande successo internazionale, «La cantatrice calva»; e «Procedura penale», per volontà o per caso, si rifaceva a quel modello di ricamo psicologico e di scalfittura sociale. Composi l’opera ad una velocità vertiginosa, senza alcuna preordinazione seriale o strutturale, ma lasciandomi trasportare dalla vena con la costante volontà di evidenziare ed assecondare il senso dell’azione. Mi preoccupai soltanto di fissare precedentemente, come avevo fatto nella «Domanda di matrimonio», la simbiosi degli strumenti del piccolo organico con ciascuno dei personaggi della vicenda. Da un punto di vista estetico la cosa più delicata di «Procedura penale» fu quella di mantenere il piglio (e il cipiglio) del processo nel clima del divertimento, senza dare l’impressione di una bordata verso il drammatico vero e proprio, ciò che avrebbe svisato il significato del «giuoco della verità» prima del ritorno alla normalità, quando i personaggi riprendono la loro fatua conversazione salottiera in una luce questa volta falsa, da acquario, su rallentamenti ritmici rispetto all’inizio e con movenze da tableaux-vivants, perché ormai censurati dalla nostra analisi critica. Nata con disinvoltura, senza pretese di messaggio, per un teatrino della capienza massima di cento persone, l’operina fu giudicata dall’ambiente intellettuale, dai musicisti e dai critici concordi (non uno escluso) il mio migliore risultato teatrale. […] L’opera fu allestita con classe. Scene e costumi, di gusto finissimo ed essenziali, erano dello stesso Buzzati.
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