martedì 13 gennaio 2009

I Quintetti di Bartok e Schnittke: due splendide rivelazioni


Proporre un concerto di musica del Novecento può ancor oggi apparire quasi un azzardo, anche se gli autori in programma rispondono ai nomi di Béla Bartók ed Alfred Schnittke (nella foto). Eppure ieri sera l’Auditorium Vallisa di Bari era abbastanza affollato per assistere al concerto organizzato dall'ormai prestigiosa Accademia dei Cameristi con in programma musiche dei predetti compositori. Il Quintetto per archi e pianoforte del compositore russo di origini tedesche (scritto tra il 1972 e il 1976) è pagina di lancinante ricchezza espressiva nella sua pur complessa matrice polistilistica e fu dedicato alla memoria della madre di Schnittke, Maria Vogel, scomparsa da poco tempo. Da segnalare in questo struggente capolavoro il tetro valzer centrale capace di esprimere un'intensa, a tratti incredibile relazione musicale con l’evento morte. Un capolavoro che richiede straordinaria concentrazione esecutiva; la sigla B.A.C.H. delle intonazioni usate nel terzo movimento diventa poi, secondo le parole del suo autore, una sorta di codice dell’eternità con quelle sue serene reiterazioni che pian piano si dilatano sino a spegnersi magicamente nel finale. Encomiabili gli interpreti della serata: Anna Pugliese e Laura Giannini (ai violini), Alfredo Zimarra (viola), Nicola Fiorino (violoncello) ed Elisabetta Mangiullo (pianoforte) nel rendere le atmosfere oniriche, le distorsioni allucinate, per non dire surreali, del pezzo con un’aderenza stilistica e una virilità tecnica impressionanti.
A seguire un Bartók che non ti aspetti, quello giovanile del Quintetto per archi e pianoforte sz 23 (1903), composto a ventitrè anni e in cui già si rivela il talento narrativo di prim’ordine del suo autore, pur ancora permeato da frequentazioni brahmsiane (ma non mancano evidenti riferimenti a Wagner e Richard Strauss) impostegli dal suo docente László Erkel, grande ammiratore del “principe della variazione” amburghese. Eppure la freschezza e l’immediatezza dei temi con sonorità magniloquenti, coinvolgenti e vibranti. Non mancano le melodie magiare tanto care a Bartók, ma è ancora lontano il percorso di ricerca che porterà il geniale ungherese ai capolavori della maturità: dal “Castello del principe Barbablù” (rappresentato nel 1918) al “Concerto per orchestra” (1943). Anche qui esemplari le prove dei suddetti cinque interpreti che hanno letteralmente contagiato il pubblico presente. Dopo lo splendido concerto del Quartetto Prometeo anche questo secondo appuntamento serale della brillante decennale stagione dell’Accademia dei Cameristi, ha confermato, ancora una volta, che quando si punta sulla qualità degli interpreti e su programmi proposti con rara intelligenza difficilmente ci si può sbagliare. Successo meritato.

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