Quando un grande pianista “lascia” il pianoforte ritirandosi dalle scene è sempre un momento molto triste. Lo è stato quando l’ha fatto tempo fa un altro mito vivente degli 88 tasti come Vladimir Ashkenazy, che peraltro continua la sua luminosa carriera di direttore d’orchestra, lo è adesso con l’annuncio dato attraverso i giornali da Alfred Brendel (nella foto). Oggi, per esempio, c’è una sua toccante intervista che ha rilasciato alla brava Leonetta Bentivoglio su “Repubblica” dal titolo abbastanza singolare: “Brendel: lascio il pianoforte non piangete, ridete con me”. Il celebre pianista-musicologo cosmopolita (origini austriache, tedesche, slave e persino italiane) nato a Wiesenberg, a 77 anni compiuti, non suonerà più in pubblico. Il suo ultimo tour di concerti finirà a Vienna il 18 dicembre. Ricordo ancora lucidamente la prima volta che l’ascoltai ad appena 14 anni su Radiotre una trentina d’anni fa. Era un concerto in diretta dal Festival di Salisburgo. Eseguiva, se non sbaglio, alcune sonate di Beethoven e del suo amatissimo Schubert. E fu proprio quel suo Schubert così ispirato e sublime che m’incantò. Brendel non è mai stato maniaco della cosiddetta “pulizia del suono”. Ogni tanto nei suoi concerti dal vivo gli scappa qualche nota o accordo non proprio impeccabili, ma questo ce lo rende più umano e più vero, rispetto a tanti virtuosi infallibili ma anche ermeneuticamente superficiali che ci tocca ascoltare. Con Brendel questo non accadeva e non accade (quasi) mai. Perché lui suona con il cervello prima che con le dita; esprime cioè attraverso il pianoforte tutto quello straordinario bagaglio non solo musicale, ma anche culturale e artistico incamerato negli anni, possedendo la dote oggi sempre più rara di saperlo poi comunicare ed esprimere con superiore intelligenza alla platea dei suoi concerti. E questo a mio sommesso parere che l’ha sempre contraddistinto nelle sale e nei teatri di tutto il mondo. Stasera suonerà a Roma all’Auditorium di Santa Cecilia del Parco della Musica i suoi compositori preferiti: Haydn, Mozart, Beethoven e naturalmente Schubert. “Non sono mai stato immerso solo nella musica – ha confidato a Repubblica - e mi sono sempre interessato alla letteratura, alle arti visive e al teatro. Farò lectures, seminari, conferenze e aiuterò giovani pianisti di talento”.
Non sarebbe proprio una cattiva idea che la nostra Rai Tv generalista riprendesse il concerto di stasera e lo mandasse nei prossimi giorni in onda in prima serata, magari condito da una bella intervista al Maestro.
Si può sperare, per una volta, che questa non sia una richiesta così folle e utopistica?
La Musica all’una, o meglio, le due di notte inoltrate è infatti utile solo a chi soffre di insonnia o agli sfaccendati che al mattino hanno la fortuna di potersi girare comodamente i pollici. Mi si dirà che è possibile registrare, ma non sono comunque d’accordo con questa soluzione. In prima serata c’è un vasto pubblico che sufficientemente aiutato a capire, a vedere ed ascoltare, introdotto da parole semplici e un eloquio chiaro (non paludato, come purtroppo spesso accade) può innamorarsi dell’Arte più straordinaria e vicina al Creatore che esista!
Possibile che in Rai questo lapalissiano concetto non si riesca proprio ad intendere e dobbiamo accontentarci (forse a vita) di vedere in tv solo e sempre stucchevoli quiz a base di chiacchiere, pacchi e indovinelli?
Non sarebbe proprio una cattiva idea che la nostra Rai Tv generalista riprendesse il concerto di stasera e lo mandasse nei prossimi giorni in onda in prima serata, magari condito da una bella intervista al Maestro.
Si può sperare, per una volta, che questa non sia una richiesta così folle e utopistica?
La Musica all’una, o meglio, le due di notte inoltrate è infatti utile solo a chi soffre di insonnia o agli sfaccendati che al mattino hanno la fortuna di potersi girare comodamente i pollici. Mi si dirà che è possibile registrare, ma non sono comunque d’accordo con questa soluzione. In prima serata c’è un vasto pubblico che sufficientemente aiutato a capire, a vedere ed ascoltare, introdotto da parole semplici e un eloquio chiaro (non paludato, come purtroppo spesso accade) può innamorarsi dell’Arte più straordinaria e vicina al Creatore che esista!
Possibile che in Rai questo lapalissiano concetto non si riesca proprio ad intendere e dobbiamo accontentarci (forse a vita) di vedere in tv solo e sempre stucchevoli quiz a base di chiacchiere, pacchi e indovinelli?
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