Parlare di trionfo non ci pare eccessivo. L'opera metastasiana Artaserse musicata una novantina di volte da altrettanti compositori (tra cui Vinci, Jommelli e Leo) nei primi decenni del Settecento, è stata riproposta con notevole successo a Martina Franca per l'inaugurazione del 38° Festival della Valle d'Itria nella versione di Johann Adolf Hasse, compositore che pur di natali tedeschi, fu considerato all'epoca il più grande esponente dell'opera seria italiana, o meglio napoletana, e soprannominato il "caro (o divino) sassone".
L'Artaserse di Hasse è lavoro non troppo lungo, considerati i precedenti dell'opera seria di quegli anni, diviso nei canonici tre atti, non supera le tre ore di musica, tra recitativi, arie, duetti e insiemi. La narrazione prende il via dalle vicende di Artabano, prefetto delle guardie reali di Serse, che vedendo ogni giorno di più diminuire la potenza del re persiano, sperò uccidendolo di poter sacrificare alla propria ambizione tutta la famiglia reale e salire sul trono. Arbace suo figlio viene tradotto ingiustamente in carcere e da lì si dipanano i dubbi e i sospetti tra i principi reali della famiglia, tra cui lo stesso Artaserse e Dario, con il primo che fece uccidere il secondo credendolo erroneamente parricida. Alla fine dell'opera l'arcano (o meglio il misterioso giallo) è svelato: Artabano stesso dichiara la sua colpevolezza, ma la vicenda finisce in gloria e pace con la nobile clemenza di Artaserse che tutto capisce e tutto perdona. La musica è molto bella, ma di complessa realizzazione. Nessun problema. La compagnia di canto è infatti semplicemente strepitosa con il controtenore italo-argentino Franco Fagioli (Arbace), Sonia Prina (Artabano) e Maria Grazia Schiavo (Mandane) su tutti, protagonisti a pieni voti nell'interpretazione di arie d'agilità di grandissimo impegno tecnico ed espressivo.
Non da meno gli altri cantanti del cast, da Anicio Zorzi Giustiniani (Artaserse) a Rosa Bove (Semira) e ad Antonio Giovannini (Megabise).
Eccellente, infine, la prova dell'Ensemble Barocco dell'Orchestra Internazionale d'Italia, sotto la guida vibrante, fresca ma al contempo leggerissima (nella certosina attenzione alle voci in campo) di Corrado Rovaris. Lo statico, lugubre spettacolo curato da Gabriele Lavia non ci è parso tra i migliori da lui confezionati negli ultimi anni (pensiamo ad una splendida Giovanna d'Arco di Verdi a Parma), oltre che in linea con la superba esecuzione musicale. Eppure il folto pubblico di Palazzo Ducale, alla fine, gli ha comunque tributato un bel po' di applausi. Si replica il 18 e il 27 luglio.
Quest' opera di Alessandro Romanelli è concessa in licenza sotto la Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported.
Nessun commento:
Posta un commento