mercoledì 4 luglio 2007

Nikolai Kapustin, un virtuoso russo con il "vizio" del Jazz


Presentato alcune settimana fa all’Auditorium Vallisa di Bari da Nicola Sbisà, critico musicale della Gazzetta del Mezzogiorno unitamente all’interprete, il pianista Vito Reibaldi, il compact disc pubblicato dalla DAD Records intitolato Nikolai Kapustin “Concert in Jazz” è certamente uno dei più intriganti e succosi che può vantare il pur già nutrito catalogo della giovane e ambiziosa etichetta discografica barese di Annalisa Pisanu e Filippo Lattanzi (nella foto). Come si sa non sono un esperto di Jazz e pertanto di rado me ne occupo su questo blog, “pensato” soprattutto per coloro che amano la musica classica e la lirica. Faccio volentieri un’eccezione, perché la figura di Nikolai Kapustin, come con esemplare chiarezza ha scritto Nicola Sbisà nelle esaustive note dell’elegante booklet allegato, costituisce in fondo un caso a sè stante. Basti pensare anche solo ad alcuni dei titoli dei brani inseriti in questo prezioso compact: Andante op.58, Sonata n.2 op. 54, Prelude n.23 op. 53, per inserire a ragione il sovietico Kapustin nella cerchia - peraltro non troppo ristretta - di quei jazzisti “classici” che hanno saputo, sin dal secolo scorso (si pensi "in primis" al grande George Gershwin), intrecciare in modo affascinante e straordinario gli stilemi della cosiddetta musica “colta” con quelli più tipici e liberamente intesi del Jazz, dove notoriamente l’improvvisazione la fa da padrone e non sempre quello che si suona e si ascolta è scritto poi in partitura. Un'altra curiosità significativa è legata al tema del Jazz in Russia, che può sembrare in effetti, come ricorda Sbisà, un controsenso. E invece sin dagli anni Venti del secolo scorso, Valentin Yackovlevich Parnach “durante un viaggio a Parigi ne rimase affascinato e, una volta rientrato in patria, organizzò una band: la prima esibizione di un complesso jazz autoctono in Russia (allora Urss) si svolse il 1 ottobre 1922. L’esempio fu seguito l’anno seguente dai gruppi Peksa (studenti del conservatorio di Leningrado) e dalla Leningrad Band di E.Korzhenevsky.”
Kapustin, come altri pianisti russi – si pensi a Vladimir Horowitz - nacque in Ucraina e già a 10 anni ebbe un impatto molto forte con il Jazz e tuttavia non rinunciò ad una formazione squisitamente accademica, divenendo a 18 anni allievo del leggendario Alexander Goldenweiser, già maestro di Kabalewsky, Berman e Blumenfeld. L’idea che si era inizialmente fatto il buon Nikolai era dunque quella di diventare un virtuoso della tastiera, ma ancor di più un compositore che fosse in grado di fondere la tradizionale musica accademica con la trascinante modernità ritmica del Jazz.
L’ascolto di questo cd permette di apprezzare, in questo senso, il notevole sforzo di sintesi creativa compiuto da Kapustin. Vi segnalo in particolare il godibile “Andante op. 58” (1990) d’apertura, gli spigliatissimi “8 Jazz Concert Piano Etudes” (1984) e la più “classica”, ma non meno innovativa, Sonata n.2 op.54 (1989). Si tratta di composizioni che richiamano alla mente, seppure in ordine sparso, altri musicisti piccoli e grandi, da Oscar Peterson a Fryderyk Chopin, da Alexander Skriabin a Sergej Prokofiev e George Shearing, ma che soprattutto si fanno ascoltare sempre con estremo piacere.
Davvero eccellente la prova del pianista Vito Reibaldi, che ancora una volta si conferma pianista di "confine" tra la classica e il jazz, mettendo in luce oltre ad un bagaglio tecnico di tutto rispetto, una sublime aderenza espressiva all’originale poetica di Kapustin. Un compact disc che merita un ascolto attento e ripetuto in questa calda, caldissima estate del 2007.

Nessun commento:

Posta un commento