lunedì 23 gennaio 2012
"Ricordando la grandezza di Giuseppe Sinopoli, filosofo della Musica" di Maurizio Dania
"Difficile certo. Ma la Lou Salome di Giuseppe Sinopoli mi è piaciuta molto anche al solo ascolto radiofonico. La mia compagna era presente e possiede una copia dell'unica registrazione diretta dal Maestro veneziano. Non saprei aggiungere altro: a me è parso il lavoro di un genio, di un intellettuale straordinario, di un uomo che non era solo un musicista, mancato troppo presto all'opera, sui podii del mondo e che avrebbe meritato quello prestigioso dei Berliner, dopo l'uscita di scena di Claudio Abbado. Lo ricordo a Dresda, a Santa Cecilia, di cui cerco una registrazione wagneriana, con Domingo grande protagonista.
Venezia domani, domenica, gli dedicherà una proiezione e credo che il rimpianto di chi lo apprezzava abbia questa sera provocato emozione, commozione, anche entusiasmo.
Mi sono piaciuti i cantanti. Bravissima la Gulin. Abili i maschi, interessanti le parti recitate, abile Giorgia Stahl, attrice.
Venezia merita un applauso, il Teatro il rispetto di tutti gli appassionati. Ho ascoltato con interesse i ragionamenti offerti dai commentatori e dagli ospiti dei giornalisti di Radio 3.
Una bella serata di musica all'altezza della fama della Fenice.
Altro non saprei dire. A latere, consiglio la lettura del libro di Sinopoli, non che riguardi in modo stretto l'opera, anzi, è stato scritto dopo una nottata trascorsa per le calli, al termine di una prova del Parsifal, ma inquadra l'uomo e ne delinea l'alta statura intellettuale.
Proseguendo sulla LOU, certo in modo parziale, mi permetto di aggiungere, dopo attento esame di testi, ma anche dopo avervi invitato a leggere il libro del Maestro itinerante nella notte della sua Venezia: non può essere farina del mio solo sacco e cito le fonti testuali o d'ispirazione.
Chi non ama la musica, invecchia prima degli altri. Per cui ecco alcuni pensieri, di Boulez, dello stesso Sinopoli, non solo miei, che sono povera cosa davanti ai giganti che ho citato.
Giuseppe Sinopoli in senso pieno un uomo del destino, perlomeno come lo intendeva Eraclito in uno dei suoi frammenti: «Il carattere di un uomo è il suo destino». Il breve tempo della sua vita infatti sembra che sia stato soggetto alla necessità in maniera più cogente e in forme più ineluttabili di quanto accada alla maggior parte di noi. Le circostanze della sua scomparsa, per esempio, hanno destato la sensazione di trovarsi di fronte a un evento che trascende la comune esperienza della morte. Sinopoli si è accasciato sul podio della Deutsche Oper di Berlino il 20 aprile del 2001, mentre dirigeva una recita di Aida. Il primo cerchio della sua vita artistica si chiudeva così ritrovando l'opera di Verdi, con la quale aveva compiuto il suo esordio come direttore d'orchestra a tutti gli effetti nel 1978, al Teatro La Fenice. Il secondo cerchio invece si chiudeva trovando la morte nello stesso teatro di Berlino, in cui Sinopoli aveva riscosso il primo successo internazionale nel 1980 con una sconvolgente interpretazione del Macbeth di Verdi, preludio alla svolta radicale della sua carriera nel segno dell'ermeneutica musicale. Nel maggio 1981 infatti veniva rappresentata a Monaco (dove altrimenti?) la sua unica opera Lou Salomé, rimasta non solo il lavoro più rappresentativo della sua attività come compositore, ma anche l'ultima espressione diretta del suo complesso mondo interiore. Lo spettacolo era stato allestito da Götz Friedrich, il regista che lo aveva voluto con forza alla Deutsche Oper e con il quale si era consumata una clamorosa rottura alla vigilia di assumere l'incarico di direttore musicale del teatro, nel 1990. per cui si chiude il terzo e forse più inquietante cerchio, perché Sinopoli aveva accettato di dirigere l’Aida fatale e di tornare nella sala di Berlino dopo dieci anni proprio in onore dell'amico/nemico Friedrich, scomparso all'improvviso qualche mese prima.
Sinopoli scrisse un breve testo sul programma di sala per ricordarlo con parole che risultano oggi ancor più toccanti sapendo che in maniera inconsapevole stava parlando anche di se stesso: «A Götz voglio dedicare quella spirale di sentimenti che mi avvolgerà quella sera nel teatro che ho amato e che mi ha amato, in cui ritorno perché Götz, prendendomi per mano, con affetto, mi ha chiesto non di dimenticare una parte della nostra vita, ma di ricordarne un'altra, più forte, più bella, più vera. Mentre Götz mi accompagna questa sera al podio mi sembrerà ripetermi con voce serena e suasiva quanto l'Edipo sofocleo disse alla gente di Colono, prima di abbandonare la scena: “... tu e questo paese... abbiate buona sorte, e nella prosperità ricordatevi di me, quando sarò morto, per sempre felici”.»
La catena inevitabile di questi eventi sembra mettere in luce un arcano disegno del fato su Sinopoli. Il riferimento alla figura di Edipo, un altro personaggio segnato in maniera tragica dal manifestarsi della necessità, rivela il profondo influsso del mondo antico nel suo percorso spirituale. Ma non nel senso accademico di una lunga consuetudine con le discipline classiche, malgrado la laurea postuma in Archeologia, bensì attraverso una rilettura moderna del mito come fonte di conoscenza profonda della condizione umana. Sinopoli si ricollegava per istinto alla variegata schiera di artisti e pensatori, che a cavallo del Novecento avevano reagito con devastante lucidità intellettuale alle chimere neoguelfe e mistiche della generazione romantica. Il mito classico deriva al pensiero della Moderna ( Il concetto di modernità nella storia d'Europa, America e Australia, significa un cambiamento radicale in tutte le sfere della vita alla tradizione. Nel Querelle des Anciens et des Modernes (1687) è stato "moderno", né un opposto di "antichità". Solo nel 19 ° Secolo divenne di uso comune per definire la parola modernismo in generale, la presenza del passato. Nella filosofia moderna cade insieme con l'Illuminismo) una dimensione del sacro alternativa alla spiritualità cristiana di stampo medioevale e forniva, attraverso la forma del racconto, una rivelazione della realtà primigenia dell'umano. Nel Libro degli amici, Hugo von Hofmannstahl esprimeva in altri termini questa nuova sensibilità con una sintesi poetica, affermando che la profondità si nasconde in superfcie. Sinopoli ha indagato il mito attraverso le lenti di Nietzsche, di Freud, di Rilke per leggere in maniera nuova e originale i lavori del teatro musicale dell'Ottocento e del primo Novecento. Le sue interpretazioni di valore assoluto non a caso sono legate agli autori protagonisti di quella rottura epocale con la musica romantica, Wagner e soprattutto Strauss. Tuttavia c'è un altro autore che si stacca dal gruppo dei preferiti e spicca in maniera particolare nel mondo di Sinopoli, Alban Berg. La figura di Berg rappresenta la sintesi delle contraddizioni interpretate e rivissute anche da Sinopoli come direttore e compositore.
Berg incarnava da un lato la reazione della Moderna alla cultura romantica, dall'altro la crisi della modernità attraverso il mito. Wozzeck, l'opera che Sinopoli avrebbe voluto vedere rappresentata in un teatro ogni anno, scardina dall'interno i principi dell'opera romantica, creando l'archetipo dell'antieroe moderno, un Amleto sottoproletario ricco solo della sua insopprimibile umanità. Lulu invece rivela l'inconsistenza strutturale nel mondo moderno del mito, la cui verità rimane incomprensibile e inaccessibile a tutti. A differenza di Wozzeck, il quale è mosso dalla necessità di compiere il delitto rituale, Lulu è agitata in maniera integrale dal destino altrui, come una vuota immagine proiettata sullo schermo.
In genere si usa descrivere la carriera compositiva di Sinopoli come una parabola involutiva, che dai primi lavori scritti in uno stile infuenzato dallo strutturalismo delle avanguardie musicali del secondo Novecento arriva a recuperare tendenze di carattere espressionista. Spesso si è parlato di reminiscenza, a proposito della eco stilistica della Scuola di Vienna negli ultimi lavori e in particolare in Lou Salomé. Ritengo invece che la evidente presenza di allusioni alla musica di Berg nell'opera di Sinopoli non rappresenti una sorta di rito negromantico di anamnesi, in attesa che le larve e gli spettri della lunga notte della ragione convocati dall'artista-stregone si dissolvano in un mattino luminoso di là da venire. Lou Salomé mi sembra viceversa l'esplicito tentativo da parte di Sinopoli di interpretare attraverso la musica il mondo poetico di Berg, nel senso in cui Ezra Pound intendeva la creazione musicale come esercizio supremo di critica letteraria. La scrittura musicale e l'interpretazione non erano due lati della personalità artistica di Sinopoli in competizione tra loro. La carriera di direttore d'orchestra è stata in primo luogo la metamorfosi del precedente lavoro creativo, all'interno di un processo di comprensione ontologica del mondo.
Lou Salome e il Parsifal: due vite, due mondi, due modi di vedere le cose per chi non riflettesse sulla grandezza di un disegno che è dentro di noi; la vita, la morte, s'inseguono, giocano. Sinopoli è un filosofo della musica. La musica è filosofia.
L'anima muore con il corpo, come insegna Aristotele. Che non è il filosofo della Ragione, ma l'indagatore
di tutto ciò che sfugge alla Ragione e che la Ragione tenta invano d'imbrigliare. Le pagine introduttive dell’Etica a Nicomaco sono, ancora oggi, un manuale di metodologia scientifica per tutte le cosiddette scienze umane.
E "Lou Salome" è etica, vita, ragione." MAURIZIO DANIA
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