Una bella
serata quella di ieri, al Petruzzelli di Bari, quando si è esibito il celebre
pianista e direttore d'orchestra tedesco, Alexander Lonquich (nella foto). Un programma tutto
mozartiano, di quelli raffinati e assolutamente godibili. Dal giovanile (ma quanto
bello!) Concerto per flauto, arpa e orchestra in do maggiore K. 299, alla maturità stilistica della Sinfonia K.504, detta "Praga", con la
singolare proposta finale di un Concerto per pianoforte e orchestra, il K.482, che è sicuramente uno dei meno ascoltati ed eseguiti.
Per questo motivo il concerto si è rivelato tra i più interessanti e stimolanti della
corrente stagione sinfonica. Ci hanno colpito la bravura e l'indubbio talento
delle prime parti dell'Orchestra del Petruzzelli: Raffaele Bifulco (flauto) ed Enea Cavallo
(arpa) così concentrati ed esuberanti, oltre che davvero virtuosi, tra le pieghe stilistiche di uno dei più
raffinati concerti scritti per flauto ed arpa. Così come assai convincente è
stato il bis spagnoleggiante da loro proposto.
Poi si è passati
alla Sinfonia "Praga", uno dei lavori sommi del "Divin Salisburghese". Esuberante qui la prova dell'Orchestra, che ha suonato con attenzione
prevalente ai cliche barocchi dell'epoca precedente quella mozartiana. Una lettura che ci ricordava le scelte stilistiche di un
Harnoncourt e di un Minkowski ( dinamiche sottili e sorprendenti, compattezza
aerea dei fiati e dei legni, oltre che timpani in notevole evidenza). Buona quindi la prova di Lonquich, anche come
direttore. Peraltro, va detto, che se come direttore non lo conoscevamo, mentre come pianista
abbiamo avuto un fervido incontro con lui più di trent'anni fa nella vecchia
sala dell'Auditorium "Nino Rota", quando appena ventenne, suonò da
par suo un concerto beethoveniano (credo fosse il primo, ma potrei sbagliarmi). Erano anni lontani, e da poco aveva vinto il prestigioso "Casagrande"
di Terni.
La sua
maturità straordinaria, dal precoce enfant prodige che era, è comunque chiara ed evidente: nel concerto di Mozart lo vediamo
prima scalpitare con le mani, vibrando con insolita chiarezza con la sua vigorosa genstualità, e poi sedersi al
pianoforte e suonare con naturalezza davvero stratosferica. Digitalità acceleratissima,
tocco staccato ma inquieto e sempre tesissimo. Si nota una sua personale
frequentazione anche con il fortepiano, e qui vien fuori la lezione filologica
di Minkowski. Direi un talento che ha dato per fortuna i suoi frutti negli anni. Cosa rara. Un vero peccato non averlo seguito, più da vicino negli ultimi anni. Quando ha eseguito, tra l'altro, proprio tutti i concerti mozartiani con l'eccellente Orchestra da Camera di Mantova.
Alla fine, applausi convincenti e meritatissimi per lui, con conseguenti chiamate a ripetizione sul palco, hanno indotto Lonquich a concedere due bis,
tra cui il malinconico quanto sublime, andante
del Concerto K. 488. Una serata dunque da ricordare, anche grazie alla
nostra Orchestra, che resta uno dei punti-cardine del concreto
rilancio della Fondazione Petruzzelli, in questi anni bui ed incerti.
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