Un concerto, quello di ieri sera al Petruzzelli per la
stagione sinfonica 2013 dell'omonima fondazione lirico-sinfonica,
dall'impostazione insolitamente antologica e non tradizionale (con il classico
concerto solistico nella prima parte e la sinfonia romantica nella seconda).
Un
incipit tutto francese legato a
Debussy e Ravel con due pagine ben note agli appassionati, ma che a Bari purtroppo non si
ascoltano così di frequente: Prélude à
l'après-midi d'un faune e La valse.
Lavori che mettono sicuramente in risalto la magistrale capacità di entrambi i
celebri compositori transalpini di curare l'orchestrazione attraverso magiche
pennellate sonore, languide nuances, oltre a dinamiche e agogiche di rara
eleganza.
L'impressionismo tout
court di Debussy si lega bene al caleidoscopio di colori, ai guizzi ritmici
improvvisi, alla geniale orchestrazione della Valse raveliana, non priva di riferimenti al linguaggio
stravinskiano che impazzava a Parigi dopo la sconvolgente première della Sagra della Primavera. L'Orchestra del Petruzzelli,
per lo più composta da giovani "professori", non finisce di stupire
nel suo progressivo percorso di crescita; anche ieri, sotto la guida sicura
ed il gesto autorevole e chiaro (pur senza bacchetta) di Marco Angius, maestro italiano tra i più apprezzati della
sua generazione (in particolare per la musica d'oggi o contemporanea, che dir
si voglia), ha offerto letture tecnicamente eccellenti e di brillante spessore
espressivo. Tutti davvero bravi.
Nella seconda parte ancora Francia con Il Carnevale degli animali di Camille
Saint-Saens per due pianoforti e piccola orchestra e la Grand Pianola Music, scritta ed eseguita per la prima volta nel
1982, dell'americano John Adams, in cui erano impegnati, oltre all'orchestra i
pianisti pugliesi Emanuele Arciuli e Francesco Libetta, due talenti
straordinari - universalmente noti da tempo - della invidiatissima scuola pianistica locale.
Due virtuosi, a cui si aggiungevano nel pezzo di Adams, le tre voci-sirene di Teresa Caricola, Roberta Mantegna e Roberta Scalavino.
Due lavori probabilmente più interessanti per il loro intrinseco valore simbolico, che per una realistica valenza musicale. La fantasia zoologica di Saint-Saens è infatti
pagina sì all'apparenza didascalica, ma di grande ironia ed il compositore, tra
le note volutamente banalizzate e onomatopeiche, attaccava i critici musicali
del tempo e prendeva in giro i pianisti troppo vanitosi.
D'altro canto, anche John
Adams, minimalista per antonomasia, non va per il sottile, e pur essendo un
compositore ormai stimato ed apprezzato (non solo negli Usa), non colse trent'anni fa il successo
sperato alla prima esecuzione a San Francisco della sua Grand Pianola Music, anzi la critica musicale fu molto severa ed il
pubblico fischiò sonoramente.
A distanza di un lasso di tempo così corposo, ci pare invece che il
lavoro sia sufficientemente divertente e godibile (anche se vagamente kitsch), qui indubbiamente avvalorato da un'interpretazione esemplare, i cui
meriti vanno equamente divisi tra il direttore d'orchestra, Arciuli, Libetta,
le tre cantanti succitate e soprattutto
i legni, gli ottoni e le percussioni della sempre più sorprendente orchestra
del Politeama barese.
Successo calorosissimo di pubblico per entrambi i lavori,
ma senza i bis di rito. Peccato, perchè (almeno) Arciuli e Libetta sanno solitamente
essere più generosi.
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