sabato 15 giugno 2013

Al Petruzzelli un viaggio affascinante tra impressionismo e minimalismo


Un concerto, quello di ieri sera al Petruzzelli per la stagione sinfonica 2013 dell'omonima fondazione lirico-sinfonica, dall'impostazione insolitamente antologica e non tradizionale (con il classico concerto solistico nella prima parte e la sinfonia romantica nella seconda).
Un incipit tutto francese legato a Debussy e Ravel con due pagine ben note agli appassionati, ma che a Bari purtroppo non si ascoltano così di frequente: Prélude à l'après-midi d'un faune e La valse. Lavori che mettono sicuramente in risalto la magistrale capacità di entrambi i celebri compositori transalpini di curare l'orchestrazione attraverso magiche pennellate sonore, languide nuances, oltre a dinamiche e agogiche di rara eleganza.
L'impressionismo tout court di Debussy si lega bene al caleidoscopio di colori, ai guizzi ritmici improvvisi, alla geniale orchestrazione della Valse raveliana, non priva di riferimenti al linguaggio stravinskiano che impazzava a Parigi dopo la sconvolgente première della Sagra della Primavera. L'Orchestra del Petruzzelli, per lo più composta da giovani "professori", non finisce di stupire nel suo progressivo percorso di crescita; anche ieri, sotto la guida sicura ed il gesto autorevole e chiaro (pur senza bacchetta) di Marco Angius,  maestro italiano tra i più apprezzati della sua generazione (in particolare per la musica d'oggi o contemporanea, che dir si voglia), ha offerto letture tecnicamente eccellenti e di brillante spessore espressivo. Tutti davvero bravi.

Nella seconda parte ancora Francia con Il Carnevale degli animali di Camille Saint-Saens per due pianoforti e piccola orchestra e la Grand Pianola Music, scritta ed eseguita per la prima volta nel 1982, dell'americano John Adams, in cui erano impegnati, oltre all'orchestra i pianisti pugliesi Emanuele Arciuli e Francesco Libetta, due talenti straordinari - universalmente noti da tempo - della invidiatissima scuola pianistica locale. 
Due virtuosi, a cui si aggiungevano nel pezzo di Adams, le tre voci-sirene di Teresa Caricola, Roberta Mantegna e Roberta Scalavino.
Due lavori probabilmente più interessanti per il loro intrinseco valore simbolico, che per una realistica valenza musicale. La fantasia zoologica di Saint-Saens è infatti pagina sì all'apparenza didascalica, ma di grande ironia ed il compositore, tra le note volutamente banalizzate e onomatopeiche, attaccava i critici musicali del tempo e prendeva in giro i pianisti troppo vanitosi. 
D'altro canto, anche John Adams, minimalista per antonomasia, non va per il sottile, e pur essendo un compositore ormai stimato ed apprezzato (non solo negli Usa), non colse trent'anni fa il successo sperato alla prima esecuzione a San Francisco della sua Grand Pianola Music, anzi la critica musicale fu molto severa ed il pubblico fischiò sonoramente.

A distanza di un lasso di tempo così corposo, ci pare invece che il lavoro sia sufficientemente divertente e godibile (anche se vagamente kitsch), qui indubbiamente avvalorato da un'interpretazione esemplare, i cui meriti vanno equamente divisi tra il direttore d'orchestra, Arciuli, Libetta, le tre cantanti  succitate e soprattutto i legni, gli ottoni e le percussioni della sempre più sorprendente orchestra del Politeama barese. 
Successo calorosissimo di pubblico per entrambi i lavori, ma senza i bis di rito. Peccato, perchè (almeno) Arciuli e Libetta sanno solitamente essere più generosi.

Nessun commento:

Posta un commento