La notizia è di ieri e l’ho ricavata dalle pagine locali del quotidiano la Repubblica: “Il conservatorio contesta Mussi: non vogliamo quel direttore” (pag.V – 30/11/2007). Leggendo le due colonne riservate all’argomento si apprende che il ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica Fabio Mussi (nella foto) “bypassando il risultato elettorale – o meglio, si legge, “non intendendo dargli ulteriore corso” intende consegnare il Tito Schipa a persona che “per opere compiute o per insegnamenti dati sia venuta in meritata fama di singolare perizia nella sua arte”. La scelta del ministro è caduta sul maestro Pierluigi Camicia, che a quanto mi consta non insegnerebbe nemmeno a Lecce, ma a Bari. Questa persona – scrive la giornalista di Repubblica, Laura Amorosi – non può essere la stessa scelta dai docenti-elettori (per inciso, si tratta del musicologo e critico musicale Antonio Farì).
La motivazione? La necessità di dotare il conservatorio salentino di un direttore che sappia affrontarne la fase di evoluzione e transizione e il notevole impegno gestionale che comporta, anche in seguito all’accorpamento dell’istituto musicale di Ceglie Messapica.
In poche parole, ci vuole una guida che sia in sintonia con “il profondo rinnovamento in atto del sistema dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica”, spiega ancora Mussi.
A Lecce pare siano davvero inviperiti per questa intromissione del ministro nell’autonomia stessa del conservatorio e gli hanno praticamente “dichiarato guerra”.
“Nulla quaestio”, s’intende, sulle riconosciute qualità e competenze del maestro Camicia, già vicedirettore del Conservatorio Piccinni di Bari, oltre che docente e pianista di valore indiscusso, ma sulla procedura adottata e le argomentazioni avallate a sostegno di essa.
La riflessione che viene spontanea è la seguente: la discrezionalità di un ministro è tale da poter ignorare la legittima scelta di un intero conservatorio e imporne al contrario una propria? Parrebbe proprio di sì.
A questo punto - verrebbe da pensare – chi può essere più così sicuro, una volta eletto legittimamente direttore di un conservatorio, di non trovarsi un domani di fronte ad un diktat ministeriale perché non risponderebbe ai requisiti necessari. E ancora: perché lo stesso ministro non ha avanzato ben prima delle elezioni del direttore del conservatorio leccese le sue perplessità – visto che ne aveva senz’altro già prima dell'elezione - sulla candidatura del maestro Farì?
La gravità di quanto accaduto a Lecce sta anche nel fatto che la stessa “imbarazzante” situazione potrebbe ripetersi - oggi, domani e dopodomani - anche in altri conservatorî (Bari, Foggia, Napoli, Roma, Milano, Torino, Parma eccetera, eccetera) capovolgendo i verdetti dei docenti-elettori con motivazioni discrezionali del ministro Mussi o di chi per lui.
Dov’è finita allora la cosiddetta (a questo punto, solo presunta) autonomia dei conservatorî di musica? Aspetto naturalmente i vostri commenti.
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