Continuano a ritmo incessante i lavori al Teatro Petruzzelli di Bari e questo costituisce, senz’ombra di dubbio, un buon segno. La data del 6 dicembre, del resto, non è poi così lontana. Il “count down” digitale collocato in Piazza Ferrarese fortemente voluto dal sindaco di Bari e presidente della Fondazione Petruzzelli, Michele Emiliano, è lì a testimoniare che questa volta si fa sul serio.
In questi ultimi giorni la Gazzetta del Mezzogiorno, Repubblica e il Corriere del Mezzogiorno, le tre principali testate giornalistiche cartacee presenti in Puglia si sono soffermate sulla futura organizzazione e gestione del “Nuovo” Petruzzelli. Riflessione circoscritta principalmente a quelli che saranno gli organici artistici a disposizione dell’ente gestore. Oltre al Coro della Fondazione Petruzzelli, manca invero ancora un’orchestra e un corpo di ballo stabili, essendo in semplice regime di convenzione l’utilizzo a tempo pieno per la stagione lirica dell’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari.
In seno all’odierno CdA della suddetta fondazione si dovrebbe poter finalmente contare su delle decisioni che sgombrino il campo dalle ipotesi più disparate.
La giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, Enrica Simonetti, si chiede giustamente in un articolo pubblicato il 16 febbraio scorso se per la futura compagine che suonerà al Petruzzelli “sarà assorbita in toto l’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari o si terrà un concorso pubblico?”.
Se il sovrintendente Giandomenico Vaccari e il CdA della fondazione barese non vorranno usare due pesi e due misure (per il Coro si è smantellato, senza motivo apparente, quello esistente per crearne uno nuovo di zecca) la nascita dell’orchestra del Petruzzelli dovrebbe, a mio parere, essere legata ad un regolamentare concorso pubblico con tutte le rituali audizioni del caso.
Certo, come fa notare Fabio Losito, il nuovo assessore alla Cultura della Provincia di Bari, in un’intervista rilasciata proprio oggi alla Gazzetta (“un’orchestra è un percorso collettivo, non può essere una sommatoria di individui e quindi credo che l’Orchestra Sinfonica della Provincia sia un ottimo zoccolo duro da cui partire per poi innescare forze giovani”) l’Ico barese può e deve costituire un punto di partenza, anche perché la Provincia che ha stabilizzato, durante la precedente giunta di Marcello Vernola, una cinquantina di professori potrebbe poi contare sui due milioni e 800mila euro di bilancio sinora destinati alla sua compagine sinfonica e dunque disponibili per altre lodevoli finalità (si parla, per esempio, di un’orchestra giovanile).
A me personalmente sembra che il ragionamento dell’assessore provinciale non faccia una grinza. Il problema però è anche un altro: siamo proprio sicuri che il livello attuale dell’orchestra della Provincia sia paragonabile a quello di altre orchestre stabili delle fondazioni lirico-sinfoniche italiane?
Chi scrive ha avuto la fortuna di ascoltare, di recente, l’eccellente Orchestra del Teatro Regio di Parma. Nella stessa giornata l’orchestra parmigiana si è distinta per una splendida prova generale di “Traviata”, diretta magistralmente da un “certo” Yuri Temirkanov e, ad appena tre ore di distanza, la stessa compagine era già nel piccolo, sublime teatrino di Busseto per la Prima dell’ “Oberto di San Bonifacio”. Ecco un esempio significativo di cosa sia un’orchestra di autentici professionisti e che può naturalmente contare su un organico di almeno una novantina di professori. Parma, teniamolo a mente, non è certo Roma o Milano, ma è una piccola città di grande storia, grandi tradizioni e riconosciuta civiltà cultural-musicale.
Ecco perché è plausibile, concepibile il paragone con Bari. E’ quasi lapalissiano, ma nessuno, proprio nessuno potrà subito aspettarsi al Petruzzelli un’orchestra del livello dell’Accademia di Santa Cecilia o del Teatro alla Scala, ma è lecito aspirare a crearne una nuova (il cui zoccolo duro sia magari costituito dai musicisti più meritevoli della Sinfonica barese) che possa alimentarsi, per esempio, anche dei numerosi e straordinari giovani talenti sfornati annualmente dai conservatori pugliesi. Il tutto, si badi bene, attraverso una logica non sindacalistica ma meritocratica. Al Metropolitan di New York - mi raccontava qualche tempo fa il maestro Massimiliano Stefanelli – le audizioni dei professori d’orchestra si fanno tutti gli anni per verificare che il livello permanga sempre altissimo. Perché qui in Italia questo non è proponibile?
Certo è che per sviluppare e poi mantenere un eccellente standard qualitativo le verifiche periodiche sono indispensabili. L’orchestra, in fondo, è come il motore di grossa cilindrata di una Ferrari o di una Lamborghini: bisogna farle con una cadenza (almeno) biennale il tagliando.
A completare poi il quadro la Fondazione Petruzzelli si dovrebbe dotare di un direttore musicale che possa far debitamente crescere l’orchestra. Per far questo servono soldi, tanti soldi. Il bilancio stanziato e approvato dal CdA della fondazione barese per il 2008 è di 7 milioni 685mila euro è però ben al di sotto di quelli delle più importanti “consorelle” nazionali. Alla Scala di Milano con un terzo del suddetto bilancio barese si è infatti potuta allestire nel 2006 l’ “Aida” di Verdi per la faraonica, lussureggiante (e quanto criticata) regia di Franco Zeffirelli e la direzione di Riccardo Chailly. A Bari le folli spese scaligere non saranno fortunatamente mai possibili. Questo dato però non deve limitare, o peggio, svilire le giustificate ambizioni di una città che ha troppo sofferto e atteso il ritorno nel suo storico Politeama. Aspettiamo, pertanto, fiduciosi il 6 dicembre 2008.
In questi ultimi giorni la Gazzetta del Mezzogiorno, Repubblica e il Corriere del Mezzogiorno, le tre principali testate giornalistiche cartacee presenti in Puglia si sono soffermate sulla futura organizzazione e gestione del “Nuovo” Petruzzelli. Riflessione circoscritta principalmente a quelli che saranno gli organici artistici a disposizione dell’ente gestore. Oltre al Coro della Fondazione Petruzzelli, manca invero ancora un’orchestra e un corpo di ballo stabili, essendo in semplice regime di convenzione l’utilizzo a tempo pieno per la stagione lirica dell’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari.
In seno all’odierno CdA della suddetta fondazione si dovrebbe poter finalmente contare su delle decisioni che sgombrino il campo dalle ipotesi più disparate.
La giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno, Enrica Simonetti, si chiede giustamente in un articolo pubblicato il 16 febbraio scorso se per la futura compagine che suonerà al Petruzzelli “sarà assorbita in toto l’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari o si terrà un concorso pubblico?”.
Se il sovrintendente Giandomenico Vaccari e il CdA della fondazione barese non vorranno usare due pesi e due misure (per il Coro si è smantellato, senza motivo apparente, quello esistente per crearne uno nuovo di zecca) la nascita dell’orchestra del Petruzzelli dovrebbe, a mio parere, essere legata ad un regolamentare concorso pubblico con tutte le rituali audizioni del caso.
Certo, come fa notare Fabio Losito, il nuovo assessore alla Cultura della Provincia di Bari, in un’intervista rilasciata proprio oggi alla Gazzetta (“un’orchestra è un percorso collettivo, non può essere una sommatoria di individui e quindi credo che l’Orchestra Sinfonica della Provincia sia un ottimo zoccolo duro da cui partire per poi innescare forze giovani”) l’Ico barese può e deve costituire un punto di partenza, anche perché la Provincia che ha stabilizzato, durante la precedente giunta di Marcello Vernola, una cinquantina di professori potrebbe poi contare sui due milioni e 800mila euro di bilancio sinora destinati alla sua compagine sinfonica e dunque disponibili per altre lodevoli finalità (si parla, per esempio, di un’orchestra giovanile).
A me personalmente sembra che il ragionamento dell’assessore provinciale non faccia una grinza. Il problema però è anche un altro: siamo proprio sicuri che il livello attuale dell’orchestra della Provincia sia paragonabile a quello di altre orchestre stabili delle fondazioni lirico-sinfoniche italiane?
Chi scrive ha avuto la fortuna di ascoltare, di recente, l’eccellente Orchestra del Teatro Regio di Parma. Nella stessa giornata l’orchestra parmigiana si è distinta per una splendida prova generale di “Traviata”, diretta magistralmente da un “certo” Yuri Temirkanov e, ad appena tre ore di distanza, la stessa compagine era già nel piccolo, sublime teatrino di Busseto per la Prima dell’ “Oberto di San Bonifacio”. Ecco un esempio significativo di cosa sia un’orchestra di autentici professionisti e che può naturalmente contare su un organico di almeno una novantina di professori. Parma, teniamolo a mente, non è certo Roma o Milano, ma è una piccola città di grande storia, grandi tradizioni e riconosciuta civiltà cultural-musicale.
Ecco perché è plausibile, concepibile il paragone con Bari. E’ quasi lapalissiano, ma nessuno, proprio nessuno potrà subito aspettarsi al Petruzzelli un’orchestra del livello dell’Accademia di Santa Cecilia o del Teatro alla Scala, ma è lecito aspirare a crearne una nuova (il cui zoccolo duro sia magari costituito dai musicisti più meritevoli della Sinfonica barese) che possa alimentarsi, per esempio, anche dei numerosi e straordinari giovani talenti sfornati annualmente dai conservatori pugliesi. Il tutto, si badi bene, attraverso una logica non sindacalistica ma meritocratica. Al Metropolitan di New York - mi raccontava qualche tempo fa il maestro Massimiliano Stefanelli – le audizioni dei professori d’orchestra si fanno tutti gli anni per verificare che il livello permanga sempre altissimo. Perché qui in Italia questo non è proponibile?
Certo è che per sviluppare e poi mantenere un eccellente standard qualitativo le verifiche periodiche sono indispensabili. L’orchestra, in fondo, è come il motore di grossa cilindrata di una Ferrari o di una Lamborghini: bisogna farle con una cadenza (almeno) biennale il tagliando.
A completare poi il quadro la Fondazione Petruzzelli si dovrebbe dotare di un direttore musicale che possa far debitamente crescere l’orchestra. Per far questo servono soldi, tanti soldi. Il bilancio stanziato e approvato dal CdA della fondazione barese per il 2008 è di 7 milioni 685mila euro è però ben al di sotto di quelli delle più importanti “consorelle” nazionali. Alla Scala di Milano con un terzo del suddetto bilancio barese si è infatti potuta allestire nel 2006 l’ “Aida” di Verdi per la faraonica, lussureggiante (e quanto criticata) regia di Franco Zeffirelli e la direzione di Riccardo Chailly. A Bari le folli spese scaligere non saranno fortunatamente mai possibili. Questo dato però non deve limitare, o peggio, svilire le giustificate ambizioni di una città che ha troppo sofferto e atteso il ritorno nel suo storico Politeama. Aspettiamo, pertanto, fiduciosi il 6 dicembre 2008.
Nessun commento:
Posta un commento