“Concepito e scritto durante la mia prigionia, il Quartetto per la fine dei Tempi” fu dato in prima esecuzione nello Stalag VIII A il 15 gennaio 1941, da Jean Le Boulaire (violinista), Henri Akoka (clarinettista), Etienne Pasquier (violoncellista) e da me stesso al pianoforte. Esso è stato direttamente ispirato a questa citazione dell’Apocalisse. Il suo linguaggio musicale è essenzialmente immateriale, spirituale, cattolico. I modi, realizzanti melodicamente ed armonicamente una sorta di ubiquità tonale, avvicinano l’ascoltatore all’eternità nello spazio infinito. Ritmi speciali, fuori da ogni misura, contribuiscono potentemente ad allontanare la dimensione temporale.
Tutto ciò restando esperimento e balbettio, se si pensa alla grandezza schiacciante dell’argomento! Questo Quartetto consta di 8 movimenti. Perché? Sette è il numero perfetto, la creazione di 6 giorni santificata dal sabato divino; il 7 di questo riposo si prolunga nell’eternità e diviene l’8 della luce indefettibile, della inalterabile pace.” (Olivier Messiaen). Ciò che precede è un estratto della prefazione - scritta dallo stesso compositore francese Messiaen - al suo notissimo “Quartetto per la fine dei Tempi”. Vi ho fatto cenno per calare chi legge in quell’atmosfera che anche un ascoltatore non particolarmente avvezzo alla musica contemporanea può tranquillamente percepire. L’Accademia dei Cameristi di Bari ne ha proposto un’ esecuzione di eccellente spessore lunedì scorso nella suggestiva cornice Auditorium Vallisa nel borgo antico. Come sempre protagonisti ne sono stati giovani musicisti di talento. Del resto Mariarita Alfino, presidente della meritoria associazione musicale barese, ha sempre abituato il suo pubblico a godere di concerti di elevato standard qualitativo (contenenti non di rado composizioni poco, o addirittura, mai eseguite).
Per l’occasione, affiancato al suddetto impegnativo Quartetto di Messiaen riletto con appassionante, lacerante pathos espressivo e buona abilità tecnica da Vito Dicintio (clarinetto), Serena Soccoia (violino), Gaetano Simone (violoncello) e Viviana Velardi (pianoforte), c’era il Trio per clarinetto, violino e pianoforte di Aram Khačaturian. Musicista armeno anch’egli, se vogliamo come Messiaen, di originalissima e ibrida formazione (pienamente rispecchiata dalla sua poetica), dove si accavallano ben visibili le influenze di melodie popolari georgiane, azerbeigiane, oltre che armene. Pagina dunque comunicativa e di brillante impatto espressivo e anch’essa ottimamente riletta da Vito Dicintio, Serena Soccoia e Viviana Velardi. Successo caloroso e meritato per i giovani e validi interpreti della serata. Prossimo concerto da non perdere il 17 marzo, sempre in Vallisa: in programma musiche di Brahms e Dvorak.
Tutto ciò restando esperimento e balbettio, se si pensa alla grandezza schiacciante dell’argomento! Questo Quartetto consta di 8 movimenti. Perché? Sette è il numero perfetto, la creazione di 6 giorni santificata dal sabato divino; il 7 di questo riposo si prolunga nell’eternità e diviene l’8 della luce indefettibile, della inalterabile pace.” (Olivier Messiaen). Ciò che precede è un estratto della prefazione - scritta dallo stesso compositore francese Messiaen - al suo notissimo “Quartetto per la fine dei Tempi”. Vi ho fatto cenno per calare chi legge in quell’atmosfera che anche un ascoltatore non particolarmente avvezzo alla musica contemporanea può tranquillamente percepire. L’Accademia dei Cameristi di Bari ne ha proposto un’ esecuzione di eccellente spessore lunedì scorso nella suggestiva cornice Auditorium Vallisa nel borgo antico. Come sempre protagonisti ne sono stati giovani musicisti di talento. Del resto Mariarita Alfino, presidente della meritoria associazione musicale barese, ha sempre abituato il suo pubblico a godere di concerti di elevato standard qualitativo (contenenti non di rado composizioni poco, o addirittura, mai eseguite).
Per l’occasione, affiancato al suddetto impegnativo Quartetto di Messiaen riletto con appassionante, lacerante pathos espressivo e buona abilità tecnica da Vito Dicintio (clarinetto), Serena Soccoia (violino), Gaetano Simone (violoncello) e Viviana Velardi (pianoforte), c’era il Trio per clarinetto, violino e pianoforte di Aram Khačaturian. Musicista armeno anch’egli, se vogliamo come Messiaen, di originalissima e ibrida formazione (pienamente rispecchiata dalla sua poetica), dove si accavallano ben visibili le influenze di melodie popolari georgiane, azerbeigiane, oltre che armene. Pagina dunque comunicativa e di brillante impatto espressivo e anch’essa ottimamente riletta da Vito Dicintio, Serena Soccoia e Viviana Velardi. Successo caloroso e meritato per i giovani e validi interpreti della serata. Prossimo concerto da non perdere il 17 marzo, sempre in Vallisa: in programma musiche di Brahms e Dvorak.
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