venerdì 18 giugno 2010

"Dialoghi immaginari ma non troppo di un direttore artistico col suo pubblico" di Enzo Restagno*



"Dopo aver messo insieme un programma che prevede nelle due città più di duecento concerti cerco di immaginare come qualche ipotetico spettatore reagirebbe alle nostre proposte.
La prima che mi viene in mente è una spettatrice piuttosto chic che adora la musica barocca. A colpo sicuro clicca sul recital di Cecilia Bartoli al Lingotto di Torino e sulla Messa in si minore di Bach, celebrata nella chiesa di San Marco a Milano dalla Akademie für Alte Musik di Berlino.
Quanto agli appassionati della grande musica sinfonica rischiano seriamente di soccombere alla sindrome di Stendhal; come si fa a scegliere fra l’Orchestra del Gewandhaus di Lipsia che suona Schumann diretta da Riccardo Chailly, l’Orchestre de Paris con Lorin Maazel che ci propone Ravel e Debussy, la Philharmonia di Londra con Esa-Pekka Salonen, quella di San Francisco con Michael Tilson Thomas, la Filarmonica della Scala con Semyon Bychkov e Lang Lang?
Per evitare il dolore della scelta -in tedesco si dice così!- io cercherei di arraffare tutto.
Mentre cerco di aggirare il problema della scelta vedo venirmi incontro la sagoma un po’ casual dell’appassionato di musica contemporanea: è un vecchio amico e sa davvero quel che vuole. Quest’anno è molto attratto dal doppio ritratto dedicato a Helmut Lachenmann e a Wolfgang Rihm nei quali riconosce i due volti della Germania musicale di oggi. Gli ricordo che non mancano altre occasioni: un concerto per Donatoni, uno per Castiglioni, uno per Nono, le prime di Vacchi e Dall’Ongaro, il nuovo lavoro di Battistelli e poi, in nome di un’ antica complicità, butto lì una provocazione: “Che ne diresti se considerassimo Josquin Des Près un compositore contemporaneo? In fondo è il più grande degli antichi e il primo dei moderni; per queste ragioni abbiamo pensato di dedicargli un festival nel Festival”. Ci lasciamo con una pacca sulla spalla dandoci appuntamento in Sant’Ambrogio per ascoltare la Missa de L’Homme armé.

Poco dopo mi trovo dalle parti del club della world-music che ha molte sedi, frequentatissime, a Milano e a Torino. I fans hanno un’allure piena di esuberanza e l’idea di una rassegna dedicata alle musiche ottomane suscita un rumoroso entusiasmo. “Ci saranno i dervisci rotanti, i cori dei Muezzin e la banda dei Giannizzeri?“ - “Ma sicuro e molto altro ancora; perfino la musica turca vista da noi, cioè da Lully, da Mozart, Haydn e Beethoven“.

Mentre mi diffondo in racconti sulle turcherie musicali e annuncio l’arrivo del prodigioso Kudsi Erguner, scorgo un po’ in disparte altri ascoltatori che con una mano sul cuore e l’indice puntato verso il calendario mi dicono: “E Chopin, e Schumann?”. Mi affretto a rispondere che il bicentenario di entrambi verrà degnamente ricordato: Un’ora al giorno con Chopin e Schumann, ovvero recital quotidiani con una schiera di pianisti che affrontano col loro giovane talento le opere predilette di quegli autori. Poi, per accendere ancor più il loro fervore, aggiungo: “Non dimenticate i recital che Pollini darà in entrambe le città !”.

I miei spettatori ipotetici si sono moltiplicati; piovono domande da ogni parte. Quelli che concepiscono l’esperienza musicale come una “festa mobile” alla quale partecipare con esuberante disinvoltura, mi pongono le domande più incalzanti. Senza fare una piega estraggo dal cilindro del nostro programma i nomi di Billy Cobham, John Cale, Phill Niblock, Nicole Mitchell che con bravura e tenacia ci ha infilato Francesca Colombo; accenno con nonchalance alle serate all’Alcatraz, all’Hangar della Bicocca e tra i miei giovani amici serpeggiano ammicchi e schioccare di dita. “That calls for a celebration”, dicono i più euforici. Nel bar all’angolo Francesca ci aspetta col catalogo eblouissant delle sue happy hour e mentre ci avviamo con passo leggero, dico fra me e me: “Sta a vedere che fra un break in jazz e uno sballo rock, te li porto ad ascoltare Les leçons de ténèbres di Couperin. Chissà che mi riesca di provocare fra le epoche e gli stili quel corto circuito che è una delle caratteristiche più belle del nostro Festival”.

Ho premesso che questi dialoghi con gli spettatori di MITO SettembreMusica sono immaginari; in realtà si tratta di libere trascrizioni di tante conversazioni avvenute nelle piazze, davanti alle chiese, nei foyer durante il Festival. In quei giorni di fine estate, grazie alla musica, Torino e Milano accrescono il loro splendore e ora, con la certezza che anche quest’anno sarà così, rivolgo i migliori auguri ai nostri carissimi spettatori."


* Direttore Artistico di MITO - Settembre Musica

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