giovedì 26 maggio 2011
Norma "torna" dopo vent'anni e trionfa al Petruzzelli di Bari
Ci sono opere liriche che secondo alcuni Soloni del nostro tempo non dovrebbero essere mai eseguite dal vivo, considerata la difficoltà tecnica ed interpretativa dei ruoli vocali, a danno però, si badi bene, della loro divulgazione tra le giovani generazioni di appassionati. La Norma di Bellini è, senz’altro, una di queste partiture. Nel ruolo eponimo si sono infatti alternate nei 180 anni dalla “Prima” della Scala di Milano grandissime cantanti: da Giuditta Pasta a Maria Malibran, fino ad arrivare al dominio incontrastato per un decennio, tra il 1950 ed il 1960, della “Divina Maria” Callas, che ne ha scolpito il personaggio in maniera straordinariamente credibile, sia da un punto di vista vocale che scenico.
In giro, non manca anche chi dice e scrive che l’opera belliniana porti sfiga, come altre innominabili opere. Nel caso del Petruzzelli questo è stato indubbiamente vero. La scena finale del rogo di “Norma” ha fatto venir voglia a qualche criminale, ancor oggi ignoto a vent’anni dall’incendio, di bruciare il nostro amato teatro nel 1991.
Esorcizzare in qualche modo quell’evento tragico che fu l’incendio del Petruzzelli riproponendo, a distanza di vent’anni, lo stesso allestimento dell’opera che andò in scena allora, è stato ed è, a nostro sommesso avviso, un sommo atto di coraggio.
Del resto la prima di ieri è andata non bene, ma benissimo, almeno a giudicare dal notevole successo e dalle ovazioni raccolte nei confronti di regia, direttore e interpreti del cast vocale in un teatro stipato all’inverosimile. L’allestimento firmato ancora una volta da Tiezzi, va detto, era fin troppo collaudato per essere stato già a Bologna, Trieste, Bilbao e Tel Aviv, prima di approdare finalmente a Bari. Un approccio “filosofico” e “poetico”, dove non mancano citazioni strindberghiane e leopardiane, segnato da un minimalismo di mezzi scenici in cui, tra l’altro, l’elemento lunare appare come il motivo conduttore prescelto. L’elegante scenografia neoclassica di Bisleri è bagnata, impreziosita da luci bellissime come quelle di Gianni Pollini e da costumi un po’ fuori dal tempo e dallo spazio ma efficaci, firmati da Giovanna Buzzi. Uno staff affiatato che replica, a distanza di poche settimane e sempre al Petruzzelli, il successo ottenuto con lo “Stesso mare” di Fabio Vacchi.
Dal punto di vista musicale, la direzione di Roberto Abbado è stata invero magnifica per teatralità e sublime adesione alla partitura: ora vibrante nell’incalzante urgenza ritmica, ora generosa nell’afflato melodico, ora struggente nei magici momenti di questo immortale capolavoro del “Belcanto”. Abbado ha potuto godere di un’Orchestra e di un Coro, quelli della Fondazione Petruzzelli in forma smagliante. Ci piacerebbe per questo riascoltarlo presto qui, anche in un concerto sinfonico. Anche il cast vocale è stato all’altezza del suo gravoso compito: egregia la prova al debutto di Carmela Remigio (Norma), che pur non avendo nel suo bagaglio di (tra l’altro) eccellente voce mozartiana, l’ideale spessore e volume nel timbro, ha però offerto dalla sua una dimostrazione di carattere e presenza scenica notevolissime. Buona la sua “Casta diva”, ma ancor meglio è andata nel duetto del primo atto con Adalgisa (una immensa Sonia Ganassi) e con Pollione nella scena finale dell’opera (il giovane Andrea Carè dal timbro fresco e squillante). Adeguate ai ruoli incarnati anche le voci dell'esperto Giacomo Prestia (Oroveso)e di Massimiliano Chiarolla (Flavio). Pubblico in delirio alla fine e ripetute chiamate sul palcoscenico per tutti gli interpreti. Meglio di così davvero non poteva andare… Altro che sfiga!
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