Proseguono
le affollatissime file mattutine all’ingresso del Petruzzelli per assistere
alle “Lezioni di Cinema” del Bif&st. Dopo l’atteso arrivo in teatro del neo
vincitore del Premio Oscar, Paolo Sorrentino, la scorsa domenica, a salire lunedì
sul palco del politeama barese è
stato invece Sergio Castellitto (nella foto). Noto per la sua duplice fama di attore e
regista, quest’ultimo ha varcato le soglie dell’elegante Petruzzelli con alcuni
minuti di ritardo, facendo crescere il fermento e la curiosità tra il pubblico
che animava palchi e platea.
E
ad un tratto, mentre la folla era distratta a scambiarsi commenti ed opinioni
in merito al film “Non ti muovere” la cui proiezione era appena terminata,
Castellitto è apparso all’ingresso, alle spalle del pubblico ed ha attraversato
la platea sollevando il braccio per salutare amichevolmente tutti. Giunto poi
sul palcoscenico, i giornalisti si sono subito precipitati alle prime file per
fotografarlo ma lui li ha sorpresi, con un gesto che lo ha reso ai nostri occhi
umile e spiritoso allo stesso tempo, invitandoli a mettersi in posa per poi
scattare loro una foto con il proprio cellulare.
A
dialogare con Sergio Castellitto è stato il giornalista Franco Montini che come
sempre, attraverso precise e mirate domande, ha permesso al pubblico di
conoscere da vicino una delle personalità di spicco di un Cinema impegnato su
tutti i fronti.
La
Lezione si è aperta con una riflessione sul ruolo dell’attore e sulle forti
emozioni che lo assalgono ad ogni debutto in teatro. La paura e il panico sono sentimenti utili alla recitazione. Con queste parole Castellitto ha
tranquillizzato i numerosi giovani che
erano presenti al Petruzzelli lunedì mattina e che sognano di recitare su un
importante palcoscenico, pur essendo sopraffatti dal timore di esibirsi di
fronte ad un pubblico. Alle domande di Montini sul rapporto tra tecnica a
talento, il regista di “Non ti muovere” ha poi risposto citando Anton Čechov
secondo il quale talento è scrivere una
pagina al giorno. Ed è proprio sul concetto di ‘talento’ e sulla
consapevolezza che esso non sempre porti al successo che Castellitto si è
soffermato durante l’intervista presso il Petruzzelli. Attori si scopre di esserlo…ma credo che da qualche parte lo si nasca
- ha affermato - il talento può stare dappertutto, non ha
importanza da dove provenga…riconoscere il talento, questo è l’importante. Ed infine, la sua
riflessione sull’amara realtà: L’equazione
talento-successo non è sempre automatica.
È
poi tornato più volte a parlare di quella paura che assale l’attore prima di
andare in scena, soprattutto se ci si deve confrontare con interpreti del
calibro di Marcello Mastroianni al cui fianco Castellitto recitò in “Il Generale dell’armata morta” di Luciano
Tovoli.
Ma
non si è discusso solo di cinema e, d’altra parte bisognava aspettarselo da un personaggi
la cui carriera ha sempre abbracciato, oltre il grande scremo, anche il teatro
e la televisione. A quest’ultima Castellitto riconosce il merito, stando a
quanto ci ha raccontato durante la sua “Lezione di cinema”, di avergli permesso
di realizzare film che hanno segnato un
passaggio di coscienza. Come ha sottolineato Franco Montini, tuttavia, egli
non è rimasto legato, come accade invece a molti attori, ad un personaggio
televisivo in particolare, sebbene l’attenzione si sia subito soffermata, durante
l’intervista, sulle interpretazioni che Castellitto ha dato a Padre Pio e Don
Milani per il piccolo schermo. Entrambi
sacerdoti, ma molto diversi tra loro con i quali il regista di “Venuto al
mondo” si è dovuto confrontare avvalendosi di metodi di immedesimazione
differenti. Don Milani l’ho capito in
contrapposizione, ho dovuto giocare sui controcampi – ci ha rivelato a
riguardo del primo personaggio mentre ha sottolineato che il lavoro svolto
attorno alla figura di padre Pio si è basato sul tentativo dell’attore di
provare la sofferenza fisica che affliggeva il frate. In che modo? Nel modo più
semplice, ovvero sopportando il dolore di grossi spilloni posti sotto la pianta
del piede. Un metodo che, se a molti è apparso eccessivo, dimostra in realtà la
grande serietà e professionalità di una artista come Sergio Castellitto che ha
dichiarato: Sono sempre stato dalla parte
dei film che facevo. Affermazione che denota la coerenza di chi veste i
panni di personaggi dalle storie non sempre facili facendosi portavoce di
valori condivisi.
Ma
Castellitto è noto anche per quella verve
comica che non ha mancato di mostrare lunedì mattina al Petruzzelli quando
dinanzi ad un teatro affollatissimo ha simpaticamente scherzato sul tifo
calcistico dichiarando apertamente il suo ‘amore giallorosso’ ed, ironizzando
sul capitano della Roma, ha affermato – Totti
sarebbe stato un ottimo attore neorealista – strappando a tutti un sorriso.
Non
si poteva poi non tirar in ballo il concetto di ‘famiglia’ dal momento che gli
ultimi successi di Castellitto molto devono al sodalizio artistico che lo lega
,oltre che sentimentalmente, anche professionalmente alla moglie, Margaret
Mazzatini. Sul consolidato rapporto tra i libri da lei scritti e i film di Castellitto
ad essi ispirati si è focalizzata, infatti, l’ultima parte della “Lezione di
Cinema”. Siamo sempre stati la sentinella
l’uno dell’altra – sono state le parole dell’attore e regista a riguardo. E
ad una giornalista piuttosto curiosa che gli ha chiesto che tipo di relazione
avessero nel quotidiano lui ha risposto semplicemente: Siamo di una normalità devastante! L’attenzione si è subito
spostata dal piano privato a quello professionale non appena Castellito, spinto
da Montini, ha descritto l’esperienza che l’ha portato a ricavare il film,
proiettato quella stessa mattina al Petruzzelli alle ore 9.00, dall’omonimo
libro “Non ti muovere” della Mazzantini.
Io ho avuto il privilegio di leggerlo per primo – ha giustamente
sottolineato – La scrittura di Margaret è
fluviale…è una scrittura molto visiva, fatta di parole che si fanno guardare.
Che
dire?! Credo siano sufficienti queste frasi a farci capire la stima che
Castellitto nutre nei confronti della moglie e la motivazione che lo ha
condotto a tradurre in immagini le pagine del suo romanzo. Ho scritto la sceneggiatura, poi ho immaginato i volti – ha
continuato a raccontare rivelandoci, inoltre, che in un primo momento non
pensava di recitare in quel film. Riteneva che il personaggio di Timoteo avesse
bisogno dell’interpretazione di un attore
più anglosassone, volendo citare le parole di Castellitto. Più precisamente
aveva pensato di affidare il ruolo all’americano John Malkovich, ma
successivamente si era reso conto di voler essere lui Timoteo. L’ha definita
alla fine un’avventura tosta e
gratificante nella quale uno straordinario contributo, sottolinea Montini,
è stato dato anche da Claudia Gerini nei panni di Elsa, moglie di Timoteo. Ma
l’incontro della Mazzantini con la trasposizione cinematografica del suo libro
si concretizza solo nell’ultima scena del film, nel momento in cui la
scrittrice appare come passante incrociando Castellitto fuori dall’ospedale. A
riguardo il regista ci racconta che il giorno delle ultime riprese la
Mazzantini si era presentata sul set e lui le aveva chiesto di passare davanti
alla telecamera indossando un camice bianco. Ma Margaret è molto vanitosa – prendendo in giro scherzosamente sua
moglie ci ha rivelato che aveva preferito
apparire elegantemente vestita di nero. Una scena di grande impatto in cui,
ha evidenziato Castellitto, lo scrittore incontra i suoi personaggi…incrocia
il fantasma che ha scritto. Un libro, dunque, una storia definita un
‘fantasma’ che prende forma attraverso personaggi in carne ed ossa. Stesso iter
seguito, per il successivo romanzo di successo della Mazzantini, “Venuto al
mondo”, tradotto dal marito in uno straordinario film che vede nuovamente tra i
protagonisti Penelope Cruz. In questa seconda trasposizione cinematografica il
regista ha, invece, lasciato il segno della presenza della scrittrice sullo
schermo attraverso il volto di Pietro Castellitto, giovanissimo figlio dei due
artisti, frutto del loro legame che ancora una volta ha costituito la ricetta,
a mio avviso, per un ottimo film.
Gli
ultimi venti minuti dell’incontro con questo grande ospite del Bif&st sono
stati, come sempre, dedicati, alle domande del pubblico, composto perlopiù da
giovani aspiranti attori ansiosi di ricevere consigli da esperte personalità
del mondo del Cinema. Ed ai loro timori ed incertezze su tecniche e metodi di
recitazione Castellitto ha risposto
narrando un simpaticissimo aneddoto di cui era stato protagonista da ragazzo.
Era in ritardo per un’ importante prova generale e decise di rubare, questo il termine che
ironicamente utilizza, la macchina di suo padre, una ottocentocinquanta beige,
per poter arrivare in tempo. Non trovando parcheggio, la abbandonò in seconda
fila a corse alle prove dove d attenderlo c’era il cast furioso per il suo
ritardo. Ma cosa centra tutto questo con le tecniche di recitazione?!
Castellitto ci ha rivelato che per un’ora e un quarto aveva recitato pensando
alla macchina in doppia fila, ossessionato dal timore che giungesse il carro
attrezzi portandola via, ed ai ‘sonori
rimproveri’ che avrebbe ricevuto da padre. Cosa sorprendente fu che al termine
della sua interpretazione durante le prove generali ricevette i complimenti di
tutti. Questo dimostra ancora una volta quanto la paura sia il vero segreto,
secondo Castellitto, di un’eccellente recitazione. D’altra parte il cinema si
basa sempre su forti emozio poiché, il
regista di “Venuto al mondo” lo ha ribadito lunedì mattina, o ci fa piangere o
ci fa ridere. E con sorriso Castellitto ha concluso la sua Lezione al
Petruzzelli, scattando un’altra foto alla platea che applaudiva già in piedi
per correre a chiedergli l’autografo.
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