Ieri sera al Petruzzelli di Bari c'era un concerto, di
quelli, come si suol dire in questi casi , da non perdere.
La protagonista assoluta della serata è stata, senza dubbio, la celebre violinista
tedesca Isabelle Faust. Probabilmente, molti di voi, non la conosceranno
nemmeno. E allora ecco la sua biografia in sintesi:"Il suo suono possiede passione, slancio ed elettricità, ma anche
disarmante calore e dolcezza, che svelano improvvisamente gli aspetti più
intimi del lirismo".
Così si esprimeva il New York Times su di lei
alcuni anni fa. Dopo aver vinto il Concorso "Leopold Mozart" ed il
Niccolò Paganini", in tenera età, è stata presto invitata a suonare nelle
più grandi orchestre del mondo: dai mitici Berliner all'Orchestra Age of Enlightenment, dalla gloriosa
Boston Symphony alla ottima NHK Symphony
Orchestra di Tokyo. Suona attualmente un repertorio vastissimo, che spazia
da Bach ai compositori contemporanei più celebri, quali Ligeti, Lachermann e
Widmann, esplorando sempre nuovi e significativi orizzonti musicali. Ed è
questo che ne ha fatto probabilmente la violinista preferita di Claudio Abbado
e della sua Orchestra MOZART, negli ultimi anni di vita del Maestro. Con Claudio,
Isabelle ha suonato i concerti di Mozart, e ha inciso quelli di Beethoven e Berg,
ottenendo ambiti riconoscimenti. Ieri al Petruzzelli, era la volta di quello di
Mendelssohn, autentico capolavoro del genere "concerto", dirigeva
Jader Bignamini, altro astro nascente della direzione, e suonava in stato di
grazia (va detto) l'Orchestra del Petruzzelli. Il sound della Faust è a dir
poco straordinario: rispecchiando il giudizio del New York Times, lo riportiamo
per intero. La musicalità della quarantenne violinista tedesca è stupefacente
per garbo ed eleganza; la signora è in grado di sfoderare un suono pulito e
penetarante, grazie al colpo d'arco potente e appassionato. Lo abbiamo
ascoltato soprattutto nel primo movimento, dove la Isabelle ha messo in
evidenza un'intonazione pressochè perfetta (merito anche del suo stupendo
strumento), unità ad una sensibilità accattivante. due esemplari bis in
chiusura con Bach e Kurtag. Anche Bergamini ha mostrato le sue eccellenti
capacità: sin dall'ouverture Coriolano,
così virile e tragica nel suo incedere in do minore, ha svelato nei particolari
esecutivi alcune raffinate peculiarità: gli accordi erano staccatissimi, come
anche la volatile leggerezza delle crome e la morbidezza dei violini e dei
legni, e dei fiati. Osservanza schietta
delle dinamiche, con qualche arbitraria libertà ermeneutica. In fin dei conti
una bella lettura ed un'ottima resa dell'Orchestra. Ciò che invece piace di
meno del giovane Bignamini è il suo gesto direttoriale: abbastanza rozzo e
direi poco "atletico"; insomma decisamente migliorabile. Oggi la
tecnica direttoriale è comunque così varia e vasta da permettere di tutto, di
più. Si pensi, ad esempio, all'antica gestualità dei Furtwaengler o dei Celibidache,
o peggio ancora dei Georg Solti. Per cui,
ci pare, che Bignamini possa dormire sonni tranquillissimi dall'alto dei suoi
trent'anni o poco più (lo crediamo ad occhio!). La vita è breve, ma lui non può
che migliorare col tempo a venire. Anche la "sua" Settima" (in verità
del grande Ludovico Van), ha ricevuto un po' di "cleaning"
interpretativo. In particolare negli ultimi due movimenti, l'Apoteosi della Danza , come diceva Wagner,è tornata dunque a
brillare con crescendi poderosi, ritmo
scandito ed energico al millimetro, come di rado si era mai ascoltato prima
d'ora. Grande successo, a coronamento di uno dei migliori concerti cui abbiamo
assistito al Petruzzelli.
Il secondo bis era Doloroso di György Kurtág. Così, almeno, ho sentito dire dalla Faust. Cercando su internet, il movimento 9 di Signs, Games and Messages for Violin si chiama appunto "Doloroso - Garzulyeknak", e ascoltandolo mi sembra proprio lo stesso. Non so se invece mi sbaglio... ci ho provato!
RispondiEliminaRiguardo il direttore (per me sconosciuto) l'ho trovato però molto preciso e chiaro.
Grazie della correzione. avevo ascoltato male...Chiedo scusa :)
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