In questi ultimi anni Bari ha potuto finalmente riprendere confidenza con alcune delle più blasonate orchestre sinfoniche del mondo. La chiusura per inagibilità nel 1992 dell’Auditorium “Nino Rota” ha infatti impedito per ben tre lustri che si potessero invitare compagini di credibile rilievo internazionale. A parte naturalmente l’indimenticabile concerto che nel 1997 Riccardo Muti e i Filarmonici della Scala di Milano ci “regalarono” in una (tra l’altro) gelida Basilica di San Nicola, non c’erano poi state altre occasioni per vedere ed ascoltare, qui a Bari, orchestre di fama e prestigio almeno equivalente. Negli ultimi quattro anni invece, grazie alla nascita della Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli, è stato possibile assistere a concerti sinfonici di assoluto valore. Si pensi soprattutto a quello davvero straordinario che nel dicembre del 2005 vide la London Symphony Orchestra diretta dal celebre maestro russo Valery Gergiev. Un concerto rimasto decisamente impresso nella memoria dei molti appassionati (e non) che ebbero modo di assistervi. Ieri sera, all’Auditorium della Guardia di Finanza - struttura militare che generosamente è messa a disposizione della città di Bari, considerata la vistosa carenza di un’appropriata sala da concerto pubblica - c’era un’altra delle prestigiose compagini sinfoniche londinesi: la Royal Philarmonic Orchestra. Sì, proprio la gloriosa orchestra fondata da Sir Thomas Beecham nel lontano 1946 e che proprio lo scorso anno ha compiuto i suoi sessant’anni di vita. A dirigere il concerto-evento di ieri, naturalmente organizzato dalla Fondazione Petruzzelli, c’era il suo attuale “Music Director” (sin dal 1996) Daniele Gatti. Il maestro italiano, che come da più parti si mormora parrebbe destinato se non da subito, sicuramente nei prossimi anni, a raccogliere la pesante “eredità” scaligera lasciata da Abbado e Muti.
Nel frattempo, Gatti ha però trovato il modo di passare anni luminosi e appagati da soddisfazioni e successi alla Royal Opera House di Londra, all’Accademia di Santa Cecilia di Roma e al Comunale di Bologna. Davvero niente male. A Bari, abbiamo potuto apprezzarne le doti in due rapinose interpretazioni beethoveniane - l’ouverture Egmont e la Quarta sinfonia - e in una lettura davvero ragguardevole, quanto a chiarezza, adamantino fraseggio e impeccabile precisione nella resa dei colori e delle dinamiche della Prima Sinfonia di Brahms. Bravo, bravissimo Daniele Gatti, ma soprattutto straordinari e strepitosi loro, i suoi “Reali Musicisti Inglesi”.
Sarebbe difficile elencare infatti tutte le qualità di questa superba orchestra in sole poche righe. D’altro canto, rischierei - naufragando immancabilmente – di tentare (ma solo quello purtroppo) di scrivere una sorta di peana, o peggio, un aulico elzeviro “alla maniera del mitico P.I.” Mi sottraggo pertanto ben volentieri a questa rovinosa tentazione, esprimendo invece tutta la mia autentica e sincera commozione per aver riascoltato - dopo quasi venticinque anni dal mio ultimo soggiorno estivo prolungato in Inghilterra - la gloriosa Filarmonica londinese e di averla ritrovata in ottima forma. I suoi archi dal timbro caldo e davvero aristocratico, i suoi legni di eterea cantabilità, i suoi ottoni pieni e rotondi all’occorrenza, ma anche fortunatamente così umani in un paio di veniali momenti d’incertezza. Della Quarta sinfonia di Beethoven colpiva soprattutto la leggerezza nel delineare i contrasti, i chiaroscuri, le zone d’ombra e di luce e l’energia radiosa, a tratti dionisiaca, dell’ultimo movimento. Più controllata nei tempi la "Prima" di Brahms, ma rilegata dagli stupefacenti musicisti inglesi con tale ricchezza timbrica e tale sontuosa cantabilità da non avere (quasi) nulla da invidiare alle più quotate orchestre tedesche e americane. Successo calorosissimo da parte del folto pubblico presente, con annesse e incessanti richieste di bis. Gatti e i suoi “Royal Musicians” con tipico self control anglosassone hanno però salutato, ringraziato più volte, ma non concesso. Dopo l'ascolto di un capolavoro come la Prima Sinfonia di Brahms qualunque bis sarebbe, in effetti, parso banale.
Nel frattempo, Gatti ha però trovato il modo di passare anni luminosi e appagati da soddisfazioni e successi alla Royal Opera House di Londra, all’Accademia di Santa Cecilia di Roma e al Comunale di Bologna. Davvero niente male. A Bari, abbiamo potuto apprezzarne le doti in due rapinose interpretazioni beethoveniane - l’ouverture Egmont e la Quarta sinfonia - e in una lettura davvero ragguardevole, quanto a chiarezza, adamantino fraseggio e impeccabile precisione nella resa dei colori e delle dinamiche della Prima Sinfonia di Brahms. Bravo, bravissimo Daniele Gatti, ma soprattutto straordinari e strepitosi loro, i suoi “Reali Musicisti Inglesi”.
Sarebbe difficile elencare infatti tutte le qualità di questa superba orchestra in sole poche righe. D’altro canto, rischierei - naufragando immancabilmente – di tentare (ma solo quello purtroppo) di scrivere una sorta di peana, o peggio, un aulico elzeviro “alla maniera del mitico P.I.” Mi sottraggo pertanto ben volentieri a questa rovinosa tentazione, esprimendo invece tutta la mia autentica e sincera commozione per aver riascoltato - dopo quasi venticinque anni dal mio ultimo soggiorno estivo prolungato in Inghilterra - la gloriosa Filarmonica londinese e di averla ritrovata in ottima forma. I suoi archi dal timbro caldo e davvero aristocratico, i suoi legni di eterea cantabilità, i suoi ottoni pieni e rotondi all’occorrenza, ma anche fortunatamente così umani in un paio di veniali momenti d’incertezza. Della Quarta sinfonia di Beethoven colpiva soprattutto la leggerezza nel delineare i contrasti, i chiaroscuri, le zone d’ombra e di luce e l’energia radiosa, a tratti dionisiaca, dell’ultimo movimento. Più controllata nei tempi la "Prima" di Brahms, ma rilegata dagli stupefacenti musicisti inglesi con tale ricchezza timbrica e tale sontuosa cantabilità da non avere (quasi) nulla da invidiare alle più quotate orchestre tedesche e americane. Successo calorosissimo da parte del folto pubblico presente, con annesse e incessanti richieste di bis. Gatti e i suoi “Royal Musicians” con tipico self control anglosassone hanno però salutato, ringraziato più volte, ma non concesso. Dopo l'ascolto di un capolavoro come la Prima Sinfonia di Brahms qualunque bis sarebbe, in effetti, parso banale.
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