Avevo giurato a me stesso che almeno per quest’anno non avrei scritto più recensioni, né pubblicato più notizie sulla stagione della Fondazione Petruzzelli. Il perché è noto a tutti coloro che seguono con attenzione l’orecchio di Dioniso e non mi va certo di tornare sull’argomento.
Di fronte però al concerto di ieri sera tenuto da uno dei massimi pianisti viventi, Krystian Zimerman, faccio volentieri un’eccezione. Come ha giustamente ricordato Livio Costarella, eccellente giornalista e critico musicale della Gazzetta del Mezzogiorno, nel pregevole programma di sala del concerto, da lui redatto, va sottolineato, con certosina competenza e visibile passione: “Nella generazione dei grandi concertisti che hanno da poco superato i 50 anni, l’ultimo artista inserito ancora a pieno titolo nella golden age del pianismo classico è sicuramente Krystian Zimerman (…). Il pianista polacco è l’ultimo punto di contatto con quella irripetibile stagione che vedeva suonare tutti insieme colossi come Wilhelm Backhaus e Arthur Rubinstein, Claudio Arrau e Rudolf Serkin, Emil Gilels e Arturo Benedetti Michelangeli, Vladimir Horowitz e Sviatoslav Richter, mentre muovevano ancora i primi passi stelle come Maurizio Pollini, Vladimir Ashkenazy e Martha Argerich, senza naturalmente dimenticare Friedrich Gulda e Glenn Gould”.
Parole sacrosante soprattutto alla luce di un’esperienza diretta, folgorante, emozionante come quella vissuta ieri al Teatro Kursaal Santalucia, stipato per l’occasione in ogni ordine di posti. Chi scrive ascoltava per la prima volta Zimerman dal vivo. Il programma scelto dal Maestro invitava tutti ad una approfondita riflessione sul tortuoso percorso storico del pianoforte dagli albori bachiani (Partita in do minore BWV 826, dove la dimensione clavicembalistica sembra già nella fase di un consapevole superamento) a Szymanowski (colto nelle ora trascinanti, ora struggenti dieci Variazioni su un tema popolare polacco op. 10), passando per Beethoven (con la sublime Sonata op. 111) e Brahms (con i previsti Klavierstücke op. 119, sostituti però prima del concerto dalla Sonata KV 330 di Mozart) nei loro capolavori più tardi e senz’altro anche tra i più ermetici della letteratura pianistica di ogni tempo.
Ebbene, Zimerman non ha deluso le attese, anzi…
Talora proprio i pianisti più celebri le tradiscono, perché hanno perso l’abitudine e la voglia di studiare, o peggio ancora, perché conquistata la fama si rilassano col tempo in una salottiera, pigra routine, andando incontro talora a memorabili figuracce. A un pianista del livello stellare di Zimerman questo naturalmente non succede. Sarebbe bastato anche solo ascoltare con che “sovrumana” naturalezza e straordinaria perfezione il pianista polacco abbia saputo affrontare la Partita n. 2 di Bach e la Sonata op. 111 di Beethoven per restare ammaliati, sedotti, abbacinati da questo “Karajan degli 88 tasti”. La compiaciuta galanteria unita all’intelligenza interpretativa non scevra da un pizzico di sapiente ironia ha poi caratterizzato la sonata mozartiana. Nell’esplosivo, ridondante finale del pezzo di Szimanowski sorprendeva non poco oltre alla strepitosa concentrazione espressiva dell’artista polacco, il magistrale controllo sul prezioso Steinway di Fabbrini. Una meravigliosa lezione di pianoforte, un concerto da ricordare e possibilmente da rivivere quanto prima (magari proprio al Petruzzelli), anche per i tanti, troppi pianisti e docenti baresi assenti ingiustificati. Inutile dire che il successo trionfale del concerto ha docilmente “costretto” Zimerman agli…straordinari proprio con un paio di lunari intermezzi brahmsiani cancellati dal programma della serata.
Di fronte però al concerto di ieri sera tenuto da uno dei massimi pianisti viventi, Krystian Zimerman, faccio volentieri un’eccezione. Come ha giustamente ricordato Livio Costarella, eccellente giornalista e critico musicale della Gazzetta del Mezzogiorno, nel pregevole programma di sala del concerto, da lui redatto, va sottolineato, con certosina competenza e visibile passione: “Nella generazione dei grandi concertisti che hanno da poco superato i 50 anni, l’ultimo artista inserito ancora a pieno titolo nella golden age del pianismo classico è sicuramente Krystian Zimerman (…). Il pianista polacco è l’ultimo punto di contatto con quella irripetibile stagione che vedeva suonare tutti insieme colossi come Wilhelm Backhaus e Arthur Rubinstein, Claudio Arrau e Rudolf Serkin, Emil Gilels e Arturo Benedetti Michelangeli, Vladimir Horowitz e Sviatoslav Richter, mentre muovevano ancora i primi passi stelle come Maurizio Pollini, Vladimir Ashkenazy e Martha Argerich, senza naturalmente dimenticare Friedrich Gulda e Glenn Gould”.
Parole sacrosante soprattutto alla luce di un’esperienza diretta, folgorante, emozionante come quella vissuta ieri al Teatro Kursaal Santalucia, stipato per l’occasione in ogni ordine di posti. Chi scrive ascoltava per la prima volta Zimerman dal vivo. Il programma scelto dal Maestro invitava tutti ad una approfondita riflessione sul tortuoso percorso storico del pianoforte dagli albori bachiani (Partita in do minore BWV 826, dove la dimensione clavicembalistica sembra già nella fase di un consapevole superamento) a Szymanowski (colto nelle ora trascinanti, ora struggenti dieci Variazioni su un tema popolare polacco op. 10), passando per Beethoven (con la sublime Sonata op. 111) e Brahms (con i previsti Klavierstücke op. 119, sostituti però prima del concerto dalla Sonata KV 330 di Mozart) nei loro capolavori più tardi e senz’altro anche tra i più ermetici della letteratura pianistica di ogni tempo.
Ebbene, Zimerman non ha deluso le attese, anzi…
Talora proprio i pianisti più celebri le tradiscono, perché hanno perso l’abitudine e la voglia di studiare, o peggio ancora, perché conquistata la fama si rilassano col tempo in una salottiera, pigra routine, andando incontro talora a memorabili figuracce. A un pianista del livello stellare di Zimerman questo naturalmente non succede. Sarebbe bastato anche solo ascoltare con che “sovrumana” naturalezza e straordinaria perfezione il pianista polacco abbia saputo affrontare la Partita n. 2 di Bach e la Sonata op. 111 di Beethoven per restare ammaliati, sedotti, abbacinati da questo “Karajan degli 88 tasti”. La compiaciuta galanteria unita all’intelligenza interpretativa non scevra da un pizzico di sapiente ironia ha poi caratterizzato la sonata mozartiana. Nell’esplosivo, ridondante finale del pezzo di Szimanowski sorprendeva non poco oltre alla strepitosa concentrazione espressiva dell’artista polacco, il magistrale controllo sul prezioso Steinway di Fabbrini. Una meravigliosa lezione di pianoforte, un concerto da ricordare e possibilmente da rivivere quanto prima (magari proprio al Petruzzelli), anche per i tanti, troppi pianisti e docenti baresi assenti ingiustificati. Inutile dire che il successo trionfale del concerto ha docilmente “costretto” Zimerman agli…straordinari proprio con un paio di lunari intermezzi brahmsiani cancellati dal programma della serata.
Condivido ogni punto dell'articolo.Complimenti.
RispondiEliminaHo avuto anch'io la fortuna di vedere, ma soprattutto ascoltare, Zimerman a L'Aquila dal loggione del Teatro Comunale. Ho realizzato un breve video (non di ottima qualità) che è possibile vedere sul mio blog http://whyjazz.blogspot.com/