sabato 9 marzo 2013

Convincente successo al Petruzzelli per la "ritrovata" Muette de Portici di Auber




Applausi a scena aperta, spettacolo godibilissimo nella sua elegante essenzialità e vivacità, ottime voci, costumi  bellissimi, musica di immediato, gradevole impatto. Non si poteva chiedere di più a questo gustoso grand-opèra di Daniel F.E. Auber che ieri sera ha deliziato il pubblico del Petruzzelli. Prodotta dall'Opera Comique di Parigi la Muette de Portici, dove è stato allestito la scorsa stagione, sempre con la regia della brava Emma Dante (su bozzetti di Carmine Maringola e costumi di Vanessa Sannino) andrà in scena il prossimo anno a Bruxelles al Teatro de La Monnaie, è stata una scommessa personale e vincente del commissario Carlo Fuortes.
Per un teatro non ancora uscito dalle sabbie mobili di un non indifferente "buco" in bilancio, ospitare spettacoli di questo livello costituisce indubbiamente un fatto importante. Del resto è già il presente e probabilmente il futuro prossimo delle fondazioni lirico-sinfoniche italiane: quello cioè di far girare i migliori allestimenti tra i teatri, in modo da garantire un contenimento di costi, altrimenti oggi improponibili, oltre che offrire la possibilità di veicolare prodotti artistici di livello europeo che non possono esaurirsi in poche date di spettacolo.
La "ritrovata" opera auberiana, come già detto in sede di presentazione, si svolge tra Napoli e Portici nel 1647 narrando la vicenda di una giovane muta, Fenella, sedotta e abbandonata dal figlio del Duca d'Arcos, Alphonse. Questi è preso dai rimorsi, poichè sta per sposare la principessa Elvire; nel frattempo ha fatto imprigionare la povera Fenella, popolana e soprattutto sorella del pescatore Masaniello. Tra i colpi di scenapiù vari (insurrezioni di popolo e alterne vicende sentimentali tra i protagonisti), giunge all'epilogo finale con la muta che si getta dentro il Vesuvio sotto gli occhi atterriti di Alphonse ed Elvire. Rispetto alla variegata drammaturgia del libretto di Eugene Scribe e Germain Lavigne la musica di Auber offre spunti tematici sì interessanti con uno stile che ricorda molto quello del contemporaneo Rossini serio e naturalmente di Donizetti e Bellini, ma non è altrettanto efficace nei momenti in cui la tensione porterebbe a ben altri risultati sotto il profilo della caratterizzazione dei personaggi. Sono in particolare le pirotecniche arie belcantistiche ad affascinare, oltre che alcuni bellissimi cori e duetti.
Va dato merito al direttore francese Alain Guingal, maestro di grande esperienza internazionale, che ha studiato in poche settimane la complessa partitura, di averci regalato un'esecuzione sempre vibrante e febbrile, oltre che di eccellente levatura ed equilibrio tra buca e palcoscenico; Validissimi l'orchestra e il coro (forse troppo esiguo nell'organico rispetto all'impegno richiesto dall'opera), che sono stati davvero all'altezza di tale spettacolo. Complimenti vivissimi naturalmente anche al maestro del coro Franco Sebastiani.
Operazioni di ripescaggio di questo tipo sono all'ordine del giorno nei festival internazionali, e non è passata inosservata la presenza del direttore artistico del Festival della Valle d'Itria, Alberto Triola e di alcuni noti musicologi del calibro di Giovanni Carli Ballola, Paolo Petazzi e Gianluigi Mattietti. Nel complesso l'esito interpretativo è stato ottimo e andrebbero citati doverosamente tutti gli interpreti che hanno dato vita ad una serata tra le più significative nella storia recente del teatro barese. Da Maxim Mironov (Alphonse) a Maria Alejandres (Elvire) all'attrice e danzatrice Elena Borgogni nel difficile ruolo pantomimico di Fenella, al vocalmente esemplare Masaniello del giovane tenore americano Michael Spyres.
Lo spettacolo si replica (e merita senz'altro di essere visto, oltre che ascoltato) lunedì 11, alle 20.30, mercoledì 13, alla stessa ora, e infine venerdì 15 marzo alla 18.00.

Nessun commento:

Posta un commento