Quando nell’estate del 1895 il direttore d'orchestra Bruno Walter visitò Gustav Mahler nella sua residenza estiva, il compositore andò ad aspettarlo all’arrivo del ferry-boat a Steinbach sull'Attersee. Poi, incamminandosi, Mahler notò l’ammirato stupore del grande direttore d’orchestra per lo spettacolare scenario naturale del lago, dei boschi, e delle montagne tutt’intorno, e disse: “Non serve guardare fin lassù. E’ tutto nella mia Sinfonia”. Alludeva alla Terza, composta dopo un periodo tormentato che gli aveva sprigionato un’intensa e febbrile attività creativa. Una grande opera dove si riflette il mondo nella sua totalità, che diventa uno strumento attraverso il quale risuona l’intero universo.
Il lunghissimo primo tempo della Terza
Sinfonia (oltre mezz'ora di durata) inizia con un plastico tema eseguito dagli
otto corni all'unisono, che verrà sviluppato per tutto il movimento; solo dopo
una smisurata e cupa introduzione il movimento si trasforma a poco a poco in
una marcia quasi orgiastica.
Il secondo movimento è un "minuetto" con il sottotitolo Was mir die Blumen auf der Wiese
erzählen (Quello che i
fiori del prato mi narrano) che guarda decisamente alle atmosfere ovattate
del classicismo mozartiano. Fu il primo movimento della sinfonia ad essere
composto e il primo ad essere eseguito, da solo, il 9 novembre 1896 a Berlino sotto la direzione di Arthur Nikisch.Il terzo movimento è una specie di cavalcata notturna con motivi rielaborati dal Wunderhorn, inframmezzato da lunghe oniriche frasi affidate ad una cornetta da postiglione (flicorno) posta dietro le quinte. Anche qui c’è un sottotitolo: Quello che gli animali mi narrano.
Nel quarto e quinto tempo Mahler fa ricorso alla voce umana. Nel quarto movimento (un lied per contralto e orchestra, che porta il sottotitolo: Quello che sussurra la notte) la voce intona alcuni versi tratti da Also sprach Zarathustra di Friedrich Nietzsche: il movimento è strutturalmente diviso in due strofe inframmezzate da un interludio orchestrale (la cui melodia viene poi ripresa dal contralto) in cui sembra di sentire una reminiscenza della famosa canzone spagnola La Paloma. Il gioco di accordi fra i tromboni e gli ottavini sembra quasi ricordare il respiro umano. Il quinto tempo (Quello che gli angeli mi narrano) è un breve lied di nuovo tratto dal Wunderhorn, intonato da un coro femminile, con un nuovo breve intervento del contralto e con l'accompagnamento di un coro di bambini che imita onomatopeicamente il suono delle campane, rappresentando gli angeli.
La sinfonia si conclude con un vastissimo Adagio in re maggiore (Quello
che l’amore mi narra), della durata di circa venticinque minuti, introdotto
da una lunga frase degli archi che sfocia nel tema principale, una sorta di
corale che viene sviluppato nel corso del movimento attraverso svariati
episodi, fino ad apparire alla fine esposto a piena voce da tutta l'orchestra.
Il VI movimento chiude quindi il ciclo sinfonico, che nel caso della III
sinfonia rappresenta la nascita della vita, riappacificando il groviglio sonoro
creato con i movimenti precedenti.
Martedì scorso l'abbiamo ascoltata a Roma, nella magnifica Sala
Santa Cecilia dell'Auditorium Parco della Musica disegnato da Renzo Piano. Il
direttore americano Michael Tilson Thomas, tra i migliori al mondo, e l'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia
ci hanno regalato una lettura, certo non priva di emozioni, ma soprattutto tesa a far
cantare gioiosamente (e talora superficialmente) la Natura e i suoi suoni, i suoi rumors in piena libertà, senza nè da un lato le sdolcinature
tardo-romantiche, nè dall'altro le eccessive forzature caricaturali (in Mahler sono spesso la
regola per un discreto numero di direttori odierni). Niente di male, sia chiaro, ma anche niente di trascendentale.Peccato, ma siamo stati presenti alla terza ed ultima esecuzione in quattro giorni, che l'orchestra, in particolare nelle trombe e nei corni, non sia stata all'altezza della fama internazionale raggiunta in questi ultimi anni, sotto l'eccellente guida di Sir Tony Pappano. Segno evidente che qualche professore era un po' stanco e andava sostituito. A Vienna e Berlino sarebbe successo, qui in Italia è raro. Buone invece le prove della contralto Katarina Karneus, del Coro e delle Voci Bianche dell'Accademia di Santa Cecilia, diretti da Ciro Visco. Successo caloroso di pubblico.
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