Lo straordinario “tutto esaurito” dell'Auditorium
Tatà è solo l'esito più evidente dell'imperdibile
concerto che i grandi pianisti Vladimir e Vovka Ashkenazy (padre e figlio) prima
nazionale e in esclusiva regionale, lo scorso sabato 8 febbraio.
Gli Amici della Musica, organizzatori dell'evento,
inserito nell'ambito della 70° Stagione concertistica e sotto l’egida del
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Puglia e del Comune
di Taranto, hanno raccolto molte richieste provenienti anche dalle altre
provincie pugliesi e dalle regioni limitrofe, con alcune presenze eccellenti in
sala, tra artisti e giornalisti nazionali, accorse per non perdere il concerto
di un grande maestro della musica mondiale.
A parlare una volta spente le luci, però, con i due
pianofori posti l'uno di fronte all'altro, è stata la musica, che Vovka leggeva
sul più moderno tablet, mentre il
padre sull'usuale partitura cartacea.
Ad ipnotizzare gli spettatori è stato, in
particolare, il magico “tocco” del grande maestro Vladimir Ashkenazy,
innanzitutto con il bellissimo e nostalgico Divertissement à l'hongroise in
sol minore D818 di Franz Schubert, i cui temi magiari, scelti dall’autore in
modo fra quelli meno scontati, danno un particolare “profumo esotico” alla
composizione, in un contesto armonico-ritmico molto intenso e articolato.
Il concerto prosegue con la teutonica regolarità
ritmica di Johannes Brahms, le cui Variazioni su un tema di Haydn op. 56
bis (tema, otto variazioni e il finale) hanno un solido impianto sinfonico,
sebbene ideato per soli due pianoforti. Vovka e Vladimir alternano fra loro lo
spettro delle altezze, anche se è il padre a “svisare” in alcuni straordinari
momenti virtuosistici che entusiasmano l'Auditorium, pieno come un uovo.
Nella seconda parte dello spettacolo si cambia
completamente registro, trasferendo il programma musicale dalla Germania alla
natia Russia (sebbene i due artisti siano naturalizzati islandesi). Il previsto
Una notte sul Monte Calvo di Modest Mussorgskji è molto degnamente
sostituito da una suite per doppio pianoforte trascritta nientemeno che da
un'opera lirica, Il principe Igor' (1890) di Aleksandr Borodin. La serie
di Danze delle fanciulle polovesiane
(frutto di attenti studi dell'autore sui canti del folklore) che gli Ashkenazy
ne hanno tratto, dalle delicate linee melodiche in cui si riconosce un chiaro
influsso orientale, sono state spesso utilizzate in film e pubblicità
televisive, tanto da risultare familiari al pubblico, che le ha molto
apprezzate.
Il momento “forte” del concerto è rappresentato da
una delle opere più importanti del Novecento musicale, la Sagra della
Primavera di Igor Stravinskji, lunga suite commissionata dal famoso
impresario Djagilev per i suoi “Balletti Russi” a Parigi (1913).
La rilettura di un mondo primordiale, attraverso il
rito della rigenerazione della natura per il tramite di un sacrificio umano,
passa in particolare attraverso la sensibilità di Vladimir che percuote il suo
strumento in un magmatico flusso tematico, armonico e, soprattutto, ritmico,
cui Vovka partecipa con convinto virtuosismo, anche se il protagonista rimane comunque
il padre. Sorridente, visibilmente soddisfatto per il risultato del concerto
tarantino, ha accolto i lunghi applausi del pubblico, prima del bis, con la
serena tranquillità di chi sa di continuare a scrivere pagine importanti della
storia della musica dei nostri tempi.
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