Al Giovanni Paisiello Festival di Taranto, diretto per gli Amici della Musica da Lorenzo Mattei, mercoledì 12 ottobre (ore 21, Duomo di San Cataldo) è in calendario ancora una serata dedicata ai Concerti per pianoforte del genius loci, con intriganti incursioni nel mondo del jazz, mentre si va verso l’assegnazione del Premio Giovanni Paisiello. La cerimonia di consegna si terrà venerdì 14 ottobre (ore 20, Palazzo di Città), alla presenza di Ippazio Stefàno e Luigi de Magistris, i sindaci di Taranto e Napoli dove il compositore nacque nel 1740 e morì nel 1816.
Dunque, dopo aver proposto il Primo e il Terzo Concerto, il festival presenta il Secondo e Quinto Concerto per pianoforte, sempre attraverso l’importante coinvolgimento dell’Orchestra dell’Istituto Superiore di Studi Musicali «Paisiello», stavolta diretta da Nicola Locritani, con solisti Lorenzo Cossi e Antonella Margiotta, e l’utilizzo della copia manoscritta napoletana appartenuta alla collezione musicale del Tenbury College e conservata oggi alla Bodleian Library.
La serata riserva anche l’ascolto di due estratti dall’opera «Il Barbiere di Siviglia», l’ouverture e l’aria “Ecco, l’ora s’avvicina”, affidata alla voce del tenore Fabio Perillo, oltre a un paio di riscritture, una «Parafrasuite» per orchestra d’archi con “eclettiche citazioni” dallo stesso «Barbiere» firmate da Locritani, e una «Rapsody in Red&Blue» per pianoforte e orchestra per la quale il solista Massimiliano Conte si è ispirato all’aria “Nel cor più non mi sento” dall’opera «La Molinara», altro celebre titolo nella vasta produzione per il teatro del compositore tarantino.
Come già accaduto per il Primo e il Terzo Concerto, anche il Secondo Concerto per pianoforte rivela l’interesse prevalentemente didattico di Paisiello per la musica strumentale, alla quale il musicista riservò un’attenzione solo marginale se si pensa alla coeva produzione di Mozart, suo grande estimatore. D’altro canto Paisiello destinava le proprie composizioni strumentali quasi sempre a esponenti nobili della corte, nella maggior parte dei casi apprezzabili esecutori, ma non certo dei virtuosi.
Discorso a parte merita il Quinto Concerto, pagina decisamente più matura e composita, se si pensa al movimento lento, un delicato e trasognato “Largo”, con la sua lunga melodia affidata al solista e sostenuta dai violini, o all’“Andantino”, nel quale si prefigurano atmosfere d’impronta viennese.
addetto stampa
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