"E' stata una domenica sera piena di gradevoli
suggestioni, quella inaugurale della stagione 2012-2013 di "Nel Gioco nel Jazz", che l’affiatato gruppo di cinque clarinettisti del Solitaire Ensemble ha regalato al
pubblico convenuto nella sala del Teatro Forma a Bari.
Fin da subito si è creato un clima di simpatica
cordialità, che via via è diventata una vera e propria complicità, tra gli
artisti e il pubblico, grazie alla vèrve accattivante di Roberto Petrocchi,
impegnato al clarinetto basso, ispirato “presentatore” del concerto.
L’ensemble è unico nel suo genere, sia per il livello di
eccellenza, dovuto al fatto che si tratta di cinque solisti, sia perchè non
esiste un’altra formazione che suona insieme cinque differenti rappresentanti della famiglia dei
clarinetti.
Il repertorio spaziava dall’opera lirica al
belcanto, dalla musica da film ai più famosi standard del jazz; non è un caso
infatti che l’inventore del clarinetto basso, Adolphe Sax, come dice lo stesso nome, ha inventato, o meglio, creato dal nulla il
sassofono, suonato da Simone Salza nelle performance jazz alla fine della
seconda parte del concerto.
Si inizia con “Carmen suite”, ossia gli highlights tratti dalla Carmen di Bizet,
e subito la interpretazione suadente e
al tempo stesso limpida nella resa dei timbri della celebre opera, ha fatto intuire al
pubblico tutta la ricchezza del “potenziale”, che l’ensemble avrebbe sprigionato nel
prosieguo del concerto nel quale, a partire da questi primi brani, si associava un
altro gradevole effetto: circa 250 immagini che preparate da Sara Romita, si
susseguivano sullo schermo posto alle spalle dei musicisti.
Per ogni brano naturalmente ci sono una serie di immagini
che di volta in volta ne rimandano al
tema , ai suoi luoghi e protagonisti, ai suoi colori , alle sue atmosfere.
Si prosegue con le musiche di Kurt Weill nella Suite da
“Opera da tre soldi” che descrivono bene nella loro originale modernità il
complesso intreccio dell’ambientazione popolare brechtiana.
Nella seconda parte del concerto si giunge quindi alle
magiche atmosfere di Astor Piazzolla con due brani arrangiati apposta per l’ensemble,
dal maestro fisarmonicista Luciano Fancelli: il famosissimo “Oblivion” e la
scoppiettante rumba latino americana “Zita”.
In Oblivion, l'intensità drammatica e avvolgente del
tango, era perfettamente resa dal sapiente mix del sax soprano di Simone Salza nei suoi acuti evocativi e
malinconici, in sinergia con il clarinetto basso di Roberto Petrocchi, che
assurgeva a solista nei momenti di svolgimento della trama; il tutto in un
crescente dialogo serrato tra i cinque strumenti che ben restituiva l’intenso sapore agrodolce del ballo argentino.
La vivacità spensierata della rumba che seguiva ha rilassato l’ambiente, insieme alle simpatiche melodie popolari colombiane arrangiate da
Guitierrez e Calvo; queste sono
originariamente per chitarra o
nella versione per banda secondo la
grande tradizione del paese latino americano.
Sono state, quindi, eseguite musiche di un altro grande
maestro, Gerardo Iacoucci, già collaboratore di grandi artisti come ad esempio
Mina, che ha scritto per il Solitaire Ensemble un pezzo di intensa liricità, “Venezia”, oltre ad arrangiare magistralmente giganti del jazz (e non solo) come Duke Ellington e George Gershwin in “Four hits
for five bye George”.
La penultima
esecuzione jazz è un raffinato
pezzo di Dave Brubeck, “Blue rondò a la Turk”, nel quale si riconoscono i
frutti dell’apprendistato del musicista americano alla scuola del grande
compositore francese Darius Milhaud: il pezzo ha un andamento concitato secondo
uno schema ritmico molto particolare che Simone Salsa definisce “azzoppato” e
cioè 2+2+2+3 tipico degli anni 50: il risultato è una musica che sembra
rimanere sospesa a volteggiare a mezz’aria ed infatti, ha spiegato il maestro, gli
strumenti tecnicamente producono in perfetta sincronia una scala sonora
verticale.
Chiudeva il concerto uno splendido arrangiamento del maestro
sassofonista di “Night in Tunisia” del celebre Dizzy Gillespie, nel quale sono
inconfondibili i riferimenti all’amico Charlie Parker.
Non poteva mancare il bis e forse non poteva non essere
che un brano del grande Duke, un artista immenso nel quale forse meglio che in
chiunque altro, si fondono magicamente in una costruzione armonica unica, stili, linguaggi, correnti,
ritmi, in una parola tutte le pulsioni del jazz a cavallo della metà del secolo
scorso.
Gli applausi tributati all’ensemble durano a lungo e sono
molto calorosi, merito di una serata musicalmente godibile." PINO MARSICO
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