sabato 24 novembre 2012
Prince: l'antimichael
Il titolo che ho dato a questo post mi sembra già abbastanza esemplificativo e corrisponde ad una rapida quanto efficace definizione che lessi su Panorama nei pieni anni ottanta, anni che vedevano in pieno corso il dualismo tra il buono ed il cattivo del black pop.
A dire il vero, Prince non è solo questo e tanto, ma tanto di più.
per cominciare dal fatto che il profeta di Minneapolis, non certo il posto più caldo ed ospitale di questo mondo, paradiso gelido per chi ama la natura ed i grandi corsi di acqua, vanta una carriera molto più lunga ed articolata di quella di uno sparring del campione.
La sua storia artistica comincia negli anni settanta della disco, ma anche del funky soul di matrice esclusivamente ed inconfondibilmente black ed è il preludio di ben-ad ora- trentacinque album pubblicati. Si diceva funky, ma nel suo mondo è presente il groove degli Earth, Wind & Fire, così come l'inconfondibile Stevie Wonder, ma anche degli splendidi tramite verso il suo mondo più vasto, quali James Brown e Frank Zappa fino a quell'unicum, icona black e non solo del rock solido e potente, quasi bianco, che rispondeva al nome di Jimi Hendrix.
Come MJ, egli è artista totale: producer, autore, esecutore, interprete, animatore e scopritore di talenti-o presunti tali- soprattutto femminili, quali Apollonia e chi era vecchio viewer di DJ Television sa di che cosa sto parlando.
La rivoluzione della notorietà lo rende l'uomo dei record; nei seventees è il più giovane producer; nell' 1984, anno dai più inquietanti letterari vaticini, è l'uomo dell' anno: è primo nei singoli, negli album, nei film e ritira l'Oscar per la sua Purple Rain, brano che rimane un manifesto epocale. Non può che arrivare anche il Golden Globe ed il Grammy. Da Purple Rain vi segnalo Let's go crazy, stupendo pezzo per chitarra "nervosa", come avrebbe detto Ernesto Assante.
Ci si avvicina al duemila e lì scoppia il delirio: da essere il messia della masturbazione e di quant' altro, si trasforma in puritano, si fa Testimone di Geova-c'è chi lo vede girare porta a porta, e ciò par vero-, pretende dalle istituzioni che si faccia un comitato contro la volgarità negli spettacoli. Ciò lo porta alla ammirazione di Miles Davis, che lo premia autoinvitandosi in Sign o' the times, in cui i riferimenti-lisi e stufanti- a Bob Dylan, semplicemente, si sprecano. Dopo di che, gran fortuna e grande disgrazia: la Warner lo scarica, ma ciò non gli impedisce di: introdurre Carmen Electra nello showbiz, duettare con i Queen, recitare con Nick Nolte, collaborare con Mel B. e formare con la rivale storica EMI, cantare con Gwen Stefani, Sheryl Crow ante Lance Armstrong e Santana.
Sembra giocare con il resto del mondo contro il Barcellona di Messi. Nel frattempo, la sua nuova fede lo rende vegetariano e depura il proprio corpo dalle parolacce. Di questo periodo è Musicology, che vi consiglio per intiero e che vede un principe ripulito da fesserie, più concentrato e consapevole di ciò che fa dopo tanto tempo.
I rovesci di Milano-dove ottenne il record di annullare i suoi concerti per aver avuto zero, dico zero biglietti venduti-sono lontani e si gode il suo ruolo di nuovo riferimento del pensiero rock.
Chi può dire altrettanto?
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