mercoledì 9 marzo 2016

Esce per l'etichetta Digressione Music l'album monografico su Filippo Trajetta con protagonista il Quartetto Modus.


Registrato negli studi di Digressione Music nel gennaio del 2016, “Filippo Trajetta. Un musicista italiano in America” è l’album monografico che raccoglie tre quartetti, e tre marce, scritti dal compositore Filippo Trajetta, dopo essersi trasferito negli Stati Uniti agli inizi dell’Ottocento, e per l’occasione magistralmente riproposti dal Modus String Quartet, composto da Pantaleo Gadaleta (violino), Serena Soccoia (violino), Teresa Laera (viola), e Gaetano Simone (violoncello). Si tratta di composizioni di grande importanza storica, oltre che dalla incredibile bellezza, che tornano a brillare di una luce nuova grazie al lavoro del quartetto d’archi pugliese. FILIPPO TRAJETTA Figlio del celebre operista bitontino Tommaso Traetta, Filippo Trajetta nacque a Venezia l’8 gennaio 1777. Alla prematura morte del padre, fu la madre svedese a sovraintendere alla sua educazione, avviandolo agli studi presso la scuola pubblica dei Gesuiti a Venezia, dove rimase fino all'età di tredici anni. Dopo aver studiato musica sotto la guida del maestro amico di famiglia Salvatore Perillo, su consiglio di quest’ultimo si traferì a Napoli per continuare con gli studi di armonia e contrappunto con Fedele Fenaroli e a fare apprendistato con il celebre Niccolò Piccinni. Coinvolto nei moti rivoluzionari del 1799 contro il re Ferdinando IV di Napoli, fu arrestato per essere l'autore di diversi inni patriottici ed anti-monarchici, per i quali venne rinchiuso nei sotterranei di Castel dell’Ovo. Dopo una rocambolesca fuga, riesce a salire a bordo del vascello Mount Vernon diretto in America, dove sbarca il 3 luglio del 1800. Stabilitosi dapprima a Boston, Massachusetts, dove agli inizi del 1801, assieme ai colleghi musicisti François Mallet e Gottlieb Graupner, fondò l'American Conservatory di Boston e compose alcune delle sue prime opere, inclusa la "Washington's Dead March" e i quartetti raccolti in questo album. Nello stesso anno si trasferì a New York, dove vennero alla luce un certo numero di oratori e l'opera “The Venetian Maskers”, spesso citata come la prima opera composta negli Stati Uniti. Nei due decenni successivi divise il suo tempo tra New York e Charleston, e fu in rapporti di amicizia con gli ex presidenti Madison e Monroe. Filippo Traetta morì a Filadelfia il 9 gennaio 1854. I QUARTETTI: Guida all’ascolto I Tre Quartetti Concertati, conservati in parti manoscritte non autografe presso l’Historical Society of Pennsylvania a Filadelia, potrebbero risalire ai primi anni della permanenza di Trajetta a Charleston. La parti non recano data, indicazione di luogo o scopo performativo dei tre lavori, ovvero, affinità stilistiche con la Sinfonia Concertata il cui autografo e datato “Charleston 1803”, fanno pensare che i quartetti appartengano alla stessa epoca. Trajetta qualifica i suoi quartetti come “concertati” in quanto le parti dialogano fra loro distinguendosi pertanto dai più in voga “quartetti brillanti”, cioé quelli con la parte del primo violino predominante sulle altre. Fresco, gioioso e ben impiantato nella chiave di Mi bemolle, il primo quartetto e diviso in quattro parti secondo il modello quartettistico stabilito da Franz Joseph Haydn: Allegro moderato – Cantabile – Minuetto e Trio – Allegro. Nel primo movimento, Trajetta segue la forma-sonata classica comprendente l’esposizione dei temi, lo sviluppo e la ripresa senza avventurarsi oltre i limiti imposti dal dovuto accademismo ma mettendo subito a fuoco il taglio “concertato” del brano. Per esempio nelle battute 35 – 38 si ammirano delle sospirose appoggiature che palleggiate da uno strumento all’altro stabiliscono subito l’egualità dei quattro esecutori come si vedrà poi di seguito in vari passaggi di bravura. Questo nutrito movimento consta di 210 battute in a contrasto del breve Cantabile che lo segue una romanza in Si bemolle di appena 52 battute. Il Minuetto e Trio all’ braica e anch’esso molto breve (24+24 battute in 3/4) con il Trio che si ripete leggendolo da destra a sinistra, all’ braica appunto. Trajetta usa la stessa arguzia di scrittura nella Sinfonia Concertata scritta a Charleston nel 1803 mostrando quindi il forte legame stilistico e temporale esistente tra Sinfonia e Quartetti. Nel movimento finale, Allegro, Trajetta indugia in una scrittura agile non scevra da trovate divertenti a carico della viola e del violoncello. Più calmo il primo tempo del secondo quartetto in Fa maggiore scritto con piglio da Sturm und Drang che Trajetta sviluppa appieno nel secondo movimento, Andante sostenuto in Fa minore. Il succinto Minuetto e Trio in Fa maggiore e Si bemolle rispettivamente serve da intermezzo all’intera composizione e da preludio al luminoso Rondo finale di chiara impronta mediterranea. Qui le parti si alternano in passaggi di bravura come se fossero personaggi improvvisati di un’ipotetica commedia dell’arte. Nel terzo quartetto in Do maggiore Trajetta dimostra una certa foga alle soglie del romanticismo con insistenze ritmiche e dinamiche che richiamano se non addirittura il primo Beethoven, certamente il Viotti dei numerosi quartetti concertanti o concertati che avevano invaso il repertorio cameristico parigino. Il secondo movimento, invece del consueto tempo lento, e costituito da un piccolo tema con caratteristiche da carillon e quattro variazioni destinate a far brillare a turno il secondo violino, il violoncello, la viola e il primo violino. Anche questo movimento serve, come si e notato nel quartetto precedente, da siparietto al severo Fugato col quale il compositore sfoggia la sua tecnica contrappuntistica e chiude accademicamente il suo ciclo di quartetti per archi. Per finire si potrebbero elaborare due ipotesi. a prima e che i quartetti, al pari della Sinfonia Concertata e della raccolta in versi Delle Poesie, siano stati composti a Charleston nel 1803 come saggi d’ammissione alla rinomata Accademia di S. Cecilia, la società concertistica più famosa degli stati del Sud. La seconda invece vorrebbe i quartetti composti a Napoli sotto la guida di Piccinni seguendo l’esempio proposto da suo zio, il compositore barese Gaetano Latilla morto a Napoli nel 1788 i cui “Six Quartettos for Two Violins, Tenor and Violoncello obligato” videro la luce a Londra nel 1765 dove furono assai apprezzati per freschezza di stile e l'eccellenza della scrittra quartettistica.

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