«L'interpretazione come esercizio di libertà» è, in estrema sintesi, il credo della violinista moldava Patricia Kopatchinskaja (nella foto), astro emergente del nuovo violinismo che si esibirà per la prima volta a Torino nel cartellone dell’Unione Musicale (mercoledì 22 marzo 2017, al Conservatorio - ore 21).
Nota per la sua estrosità – per esempio ama suonare a piedi nudi, perché così può sentire meglio «come la musica fa vibrare tutto quello che tocca, innanzitutto il legno del palcoscenico» –, Patricia Kopatchinskaja ha raggiunto fama internazionale per il suo virtuosismo travolgente e per l’ampiezza e la versatilità del suo repertorio, che spazia dal Barocco alla musica contemporanea, di cui è preziosa interprete oltre che dedicataria.
Collabora con le maggiori orchestre internazionali come i Berliner Philharmoniker e la London Philharmonic e conta trai suoi partner per la musica da camera i pianisti Fazil Say, Henri Sigfridsson e Polina Leschenko, con la quale realizzerà il concerto di Torino, interprete apprezzata per «il tocco straordinariamente potente e virtuosistico e la sensibilità unica».
Un curioso trait-d’union che unisce Patricia Kopatchinskaja alla città di Torino è legato al suo violino, realizzato nel 1834 dal liutaio torinese Giovanni Francesco Pressenda, che secondo la rivista The Strad «è uno strumento dal suono ricco, molto simile alla viola, che dona al suo modo di suonare un'eccezionale sontuosità di toni».
Patricia Kopatchinskaja ha dichiarato: «Come interprete sono maggiormente interessata a comunicare significato e meccanismi interni della musica. La curiosità mi spinge a esplorare molte frontiere musicali differenti e sono pronta ad assumermi i rischi che questo processo comporta». Con questo approccio affronterà il vario programma della serata.
Si comincia con i Quattro pezzi op. 7 di Anton Webern, che costituiscono un radicale ripensamento della sonata per violino e pianoforte, dove la gamma delle tecniche esecutive impiegate è tale da affidare al colore un ruolo decisivo e tradurre in poesia le differenze timbriche tra i due strumenti. I Quattro pezzi op. 7 sono brevissimi (complessivamente durano meno di cinque minuti) e sono caratterizzati da un’assoluta pregnanza musicale, tanto da poter essere definiti vere e proprie folgorazioni, tra i primi esemplari di “aforismi” weberniani.
Il concerto prosegue con la Sonata n. 2 di Schumann nella quale si riconoscono gli aspetti più tipici dello stile del compositore: i toni appassionati e fantastici, il desiderio di un canto intimo e profondo, la ricerca di sempre nuove soluzioni formali.
Segue la Sonata n. 2 di Bartók, che manifesta l’accurato studio delle possibilità tecniche ed espressive del violino, e l’intento di imprimere al discorso musicale una maggiore libertà ed apertura rispetto ai canoni tradizionali. Il rapporto dialettico tra violino e pianoforte qui è ripensato e gli strumenti sono proiettati verso una più serrata tensione espressiva.
Il programma si chiude con la funambolica Tzigane di Ravel, rapsodia da concerto in cui il pianoforte fa da sostegno alla tessitura virtuosistica del violino, ricalcata in parte sulle acrobazie di Paganini e in parte sulle più estrose improvvisazioni dei tzigani magiari, come una luminosa girandola di variazioni costruite liberamente e senza sviluppo.
poltrone numerate, euro 30
in vendita presso la biglietteria dell’Unione Musicale e online su www.unionemusicale.it
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