Siamo a Sanremo?....io no, per favore, se stiamo su questa infame giostra, fermate tutto ché voglio scendere…per risalirci un attimo: era il 1997. Timido e distratto ascoltavo, con un orecchio solo, la ultima serata del Festival ( ed ero già lontano, in spirito e corpo, anche da questo triste Stivale), quando mi folgorò, il termine è appropriatissimo, un talento assoluto: Alex Baroni….ovviamente, non sapevo nulla di lui, tranne la sua faccia, che avevo visto tra i coristi del Festival precedente…..la sua prima dolcissima svisata vocale, tenera e spontanea, come una torta della nonna, mi sconvolse. Pensai: “ ma questo è uno Stevie Wonder delicato!”, dove, per delicato, intendevo meno soul e gospelante e ritmato rock del genio black, ma semplice e melodico come un romanticone italico sa essere. Naturalmente, da quella prima abboccata, seppi che il vino era DOCG e capii chi potesse ( il modale fu d’obbligo, in quella circostanza, perché non si sa mai…) vincere la manifestazione. Molto, molto raramente un italiano potè suscitare in me siffatta stupita ammirazione ( e, forse, nessun altro ci potrà riuscire)….la sua personalità vocale, le sue variazioni, anche se non sostenute da una grande estensione, mi avvinsero e mi rifecero sobbalzare sul divanetto. Per chi non è fuori, non si può capire bene cosa si prova quando si sente un tuo compaesano che si esprime in cotal modo e con tale pienezza artistica.
Ancora impermalito da tanta arte, cercai di saperne di più e, di certo, non fu difficile scoprire la sua vita: laureato in chimica, insegnante di professione e cantante per diletto, fu corista di Ramazzotti e della Casale, tra gli altri, poi entrò nella Orchestra Rai e corista a Sanremo nel 1996, appunto. Tutto questo fino al primo album ed alla avventura sanremese, replicata l’anno dopo, non con lo stesso successo.
Dal primo album, segnalo, ancor oggi, una splendida versione di “in my life” dei Beatles, soulata all’ eccesso, ma molto intimamente graffiante, distinta ma emozionante come l’immenso originale dei fab four.
Il resto è quasi cronaca nera, che voi tutti conoscete e su cui non ritorno. L’uccellino sfortunato non cinguetterà mai più per noi, anche se le sue allungate possono essere ascoltate e riascoltate quando e quanto si vuole, per sempre, come per sempre succederà quando, chiudendo i vostri occhi, ascolterete, sereni, la sua cover, raccomandandovi solo di porre attenzione alle parole, che molto vogliono dire per tutti, non solo per il “mio” Alex…addio, mito di cristallo….
Dedicato alla mia grande amica Francesca.
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