martedì 14 febbraio 2012

Fontana: "Per andare oltre la crisi rivoluzione creativa al Petruzzelli" *




"Invitato dal sindaco Emiliano a prestare la sua consulenza, Carlo Fontana (nella foto) anticipa le sue idee per l'ente lirico: "Per il politeama barese bisogna percorrere la stessa strada della Scala di Milano nel 1921. Un bel problema l'assenza di un socio privato. È bene che l'imprenditoria s'interroghi sul suo ruolo".
È un ritorno al Petruzzelli quello che attende Carlo Fontana, l'ex sovrintendente del Teatro alla Scala di Milano. È l'uomo al quale il sindaco Michele Emiliano ha chiesto aiuto per immaginare il domani della Fondazione lirico sinfonica, proponendogli un ruolo da "superconsulente" al fine di rilanciare il brand Petruzzelli, attraverso un piano industriale che porti poi a sciogliere il nodo della nomina del nuovo sovrintendente.

Fontana, a che punto è il dialogo con l'ente lirico barese?

"Emiliano mi ha chiesto se sono disponibile a incontrare come esperto il cda e gli ho risposto affermativamente: accadrà a breve, non appena possibile".

Da quanto tempo manca dal Petruzzelli?

"Dagli anni Ottanta, ma serbo intatto il ricordo di un teatro molto bello, suggestivo e pieno di storia: uno dei palcoscenici italiani più belli. E rammento la tragedia del rogo: fu uno choc. Non meno travagliata la vicenda della sua ricostruzione e qui, suppongo, la situazione proprietaria in mano ai privati non dev'essere stata d'aiuto".

Né adesso, a onor del vero, il bandolo della matassa è stato del tutto districato.
"Vivo a Milano e ho lavorato in un teatro, la Scala, che è stato espropriato nel 1921 ed è diventato pubblico. Credo che anche per il Petruzzelli la strada maestra debba essere questa: i teatri storici non possono che appartenere alla collettività perché è di chiese laiche
che si parla. Sono convinto che le mura del Petruzzelli debbano essere di tutti".

Nessun contatto, invece, dopo la riapertura?


"Purtroppo no, ma ho ricevuto un feedback molto positivo dal mio amico compositore Fabio Vacchi che a Bari ha debuttato la primavera scorsa con Lo stesso mare, l'opera che ha scritto ispirata al complesso romanzo di Amos Oz. Di quest'esperienza me ne ha parlato con viva soddisfazione e mi ha fatto piacere, perché quando un artista dà un giudizio positivo sulle condizioni lavorative di un teatro vuol dire che è tutto vero. È il segno che, nonostante la stagione, nel nostro Paese si può ancora lavorare bene".

D'accordo, ma la Fondazione Petruzzelli, certo l'ultima arrivata, resta pur sempre l'ente lirico meno finanziato d'Italia. Che ne dice?

"Senza dubbio il problema economico a Bari è pesante e, davvero, non so come si regga una struttura così. I numeri fanno riflettere".

Aggiunga pure che in consiglio d'amministrazione non siede nemmeno un socio privato.
"Ed è un bel problema, anche perché, nell'ambito del Sud, Bari è una città ricca, al pari della Puglia stessa. È un nodo che va sciolto ed è bene che l'imprenditoria locale s'interroghi sul ruolo che vuole avere rispetto al suo teatro. Manca una defiscalizzazione che funga da incentivo, ma c'è pur sempre lo strumento della legge Melandri che, in qualche misura, potrebbe essere sfruttato proprio a Bari".

Ma come si fa a crescere nell'era della crisi?

"I contributi del Fus non fanno che diminuire e, dinanzi a un simile contesto, considerando la ricaduta sulla capacità di spesa degli enti locali, s'impone un ripensamento dei modelli gestionali e organizzativi".

C'è una formula per fare le nozze con i fichi secchi?

"Serve un grande sforzo di fantasia e libertà intellettuale che va a coincidere con la voglia di mettersi in gioco, per realizzare qualcosa di diverso e nuovo. E qui penso che un teatro come il Petruzzelli dovrebbe avere la sua centralità in Puglia e che, come tale, la Regione debba riconoscerlo anche attraverso le sue politiche per la musica. Il che porta a un ragionamento sugli strumenti produttivi: l'orchestra, il coro e le masse stabili. Servono solo al Petruzzelli o a tutta la Puglia? È questo il grande tema".

Una sfida mica semplice, forse.

"La città di Bari e la Regione devono chiedersi quale ruolo voler assegnare al Petruzzelli, calibrando le proprie politiche e, sulla scorta di tali azioni, individuare un sovrintendente al quale consegnare autonomia operativa. Come ho già detto sono pronto a offrire il mio aiuto: mi piacerebbe stimolare Emiliano e Vendola su un percorso di autentico rinnovamento. Il mio contributo di idee per il Petruzzelli può avere senso solo così."



*(Fonte: LA REPUBBLICA-BARI, Antonio Di Giacomo, 13 febbraio 2012)

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