"E’ un fiume di volti quello che scorre in piazza Santo Stefano per rendere omaggio ad uno dei maggiori direttori d’orchestra italiani di tutti i tempi. Claudio Abbado, alfiere della musica classica, simbolo dell’arte più elevata e complessa che l’uomo possa tentare di comprendere, potente comunicatore, si è spento. Un lavoro strano, quello del direttore d’orchestra. Non è un creatore e non è un esecutore. E’ un demiurgo: rapisce i suoni, plasma la materia, lascia vibrare nell’aria l’intensità degli strumenti facendola fondere con l’emozione degli spettatori.
Una magia che brucia la pesantezza delle parole, che scardina l’efficienza metrica della poesia e l’amara concretezza della prosa, che disegna infiniti leopardiani della durata di qualche minuto. Quando si è più fortunati, di qualche ora. Si dice che il direttore ami la musica, ma è vero solo in parte. Ama soprattutto ciò a cui (certa) musica porta: la bellezza. Non quella sensuale di una donna, o dei propri figli, o di una calda giornata di primavera. Una bellezza più alta e pura. Mio nonno era un direttore d’orchestra. Guardando dritto davanti a sé, si lasciò andare ad un ultimo sospiro: “bello!”. Poi si spense. Il Maestro Morricone, che non è solo demiurgo, ma anche creatore, ha fatto sua una frase di grande forza metafisica: “la bellezza ci salverà”. Direttori e bellezza vanno a braccetto: i primi la cercano, lei talvolta si concede loro, mandando in estasi il pubblico. Quella bellezza Abbado la raggiungeva spesso, e lasciava decine di secondi di silenzio, alla fine dell’opera, perché tutti potessero sentirsi abbracciati da quell’energia, prima che scomparisse. Bologna lo ricorda con il saluto di tanti che gli rendono omaggio. Il Presidente Napolitano per primo, centinaia di persone subito dopo. Ma anche un barbone che lascia una dedica nella notte stellata, una donna stanca che non trattiene le lacrime, un nipote che lo veglia da tutto il giorno, un musicista che dopo aver concluso un piccolo concerto in suo onore si accascia contro una colonna, di fianco alla bara. Perché la musica – più della legge – è uguale per tutti. E chi ha vissuto di e per essa sa cosa significhi. Se hai lasciato che secoli di storia ti attraversassero, nota dopo nota, ti spetta un posto speciale non solo fra noi comuni mortali, ma anche nel cosmo. Ci sono infatti forze che trascendono tempo e spazio, voci eterne ed eteree che continueranno a parlarci finché avremo la pazienza di ascoltarle."
Alessandro Cillario
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