Ad
inaugurare la 73esima stagione della Camerata Musicale Barese è stato chiamato
un autentico "mostro sacro" del pianismo internazionale: Aldo
Ciccolini. Giunto ormai al traguardo dei suoi novant'anni, il celebre pianista
napoletano, naturalizzato francese, tornava al Petruzzelli dopo un paio d'anni.
L'attesa era
vibrante, considerato che il bellissimo programma elaborato, sembrava dissimulare
al suo interno una chiave di lettura metaforica: le sublimi Quattro Ballate op.
10 di Brahms affiancavano due struggenti Notturni op. 62 e la maturità dolorosa della Polonaise-Fantasie op. 61 di Chopin, inframmezzati dalla rutilante e gioiosa Tarantella.
Nella seconda parte poi, alla raffinata, quanto superbamente eseguita, Suite
op. 18 di Borodin, splendida nella sua innata freschezza, si affiancava la Sonata giovanile op. 7 di Grieg, pagina assai poco amata dai pianisti,
ma che Ciccolini ha saputo qui riprendere con insolita delicatezza.
Quando
giunge sul palcoscenico, il Maestro si aiuta con un bastone ed un giovane
allievo lo aiuta a percorrere (una scaletta di tre gradini è un pericoloso
ostacolo!) i pochi metri che lo separano dal pianoforte. Non c'è un gradissimo
pubblico: i palchi sono quasi tutti vuoti, mentre la platea e gli ordini
superiori sono assiepati, ma non pieni. Ci saremmo francamente aspettati
maggior presenza di pubblico, considerata l'inaugurazione. Il tremillesimo
concerto della Camerata è così partito, finalmente, dopo la tragica scomparsa
di Claudio Abbado, lo scorso anno. Lo hanno ricordato il presidente Giovanni
Girone ed il critico-testimone di più di 1000 concerti, Nicola Sbisà, prima dell'inizio
della magica serata.
Le quattro
Ballate, erano insolitamente rallentate, ma questa scelta ciccoliniana,
regalava un delicato candore ai brani, ascetici e nordici come non mai. E poi
il tocco così cristallino su un pianoforte di raro splendore come il
Bosendorfer, risplendeva in tutta la sua bellezza. A dispetto della sua età il
pianista napoletano suona miracolosamente bene. Appena seduto al pianoforte se
ne riconosce la linea solida e antica. In particolare nella terza ballata,
Ciccolini regalava un sound specialissimo e conivolgente allo spettatore.
Silenzioso come non mai, il pubblico della Camerata seguiva con attenzione il
concerto. Poi, è la volta di Chopin: Notturni levigatissimi, con un rubato di magistrale grandezza, ed
ancora la complessità della Polacca-Fantasia, quasi una sonata per ampiezza e
respiri, disciolta con sapienza romantica in un mezzoforte di rara bellezza.
Non crediamo ai nostri occhi ed alle nostre orecchie, ma il mitico Aldo più
passa il tempo, è sempre più baldanzoso e giovanile. Strepitoso nella Suite di
Borodin, dove mette in luce le linee
melodiche sublimi dei primi numeri, e la vena popolare degli ultimi, articolando
le dita con la sapienza dei Grandi. Ultimo brano, infine, la Sonata giovanile
di Grieg, dove inanella gli applausi più entusiastici e sinceri del pubblico
della Camerata. Impagabili, infine, i due bis spagnoli, dove Ciccolini fa valere
le sue doti di virtuoso, soprattutto nella meravigliosa Danza del Fuoco di De
Falla, smagliante e giustamente estroversa come il suo Autore. Standing ovation alla fine, quanto mai meritata, ed un saluto grato e sincero da parte del "Grande
Vecchio", che ha mostrato come certo non basti la gioventù e le "dita
d'acciaio in un guanto di velluto", per suonare il pianoforte da
grandissimo interprete quale è, in questa sua seconda sorprendente vita d'Artista. Concerto memorabile, di sicuro.
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