giovedì 17 maggio 2012

I "We love you" nella loro prima fatica assieme, We got it


Un atto di affidamento alpubblico, questo il senso del nome della formazione, nelle parole di Michele Ventrella,the singer. Un atto d'amore di un trio delle nostre terre, che giunge all’incontro dalle più disparate esperienze; si va da una “vecchia volpe” dell’ambiente underground barese, Michele Ventrella, il già citato frontman conpassati sanremesi, solido interprete di genere e buon maneggiatore delle seicorde, ad Agostino Scaranello, l’uomo dal pedigree più nobile e consistente,diplomando contrabbassista al Conservatorio “N. Piccinni” di Bari, apparso aquesto orecchio decisamente il più valido, e non a caso.
Il terzo componente, ilbatterista, Alessandro Ferrara, pur preciso di suo, purtroppo risulta nonessere in perfetta linea sia col genere che con le singole tracce. Troppo pocopotente il suo colpo per risaltare come un affidabile “drum machine” in stileautenticamente rock.
Noi amiamo quelli che fannosobbalzare le nostre onuste trombe d’ Eustachio e, nonostante la linea ritmicanon sia sempre adeguata all’esperimento, lo stesso risulta nel complessoconvincente.
Si tratta di un'esperienzadecisamente grunge, in cui si avvertono influenze e richiami molto opportuni aconsimili grandi epigoni, quali i Nirvana ed i Soundgarden, nel cui impasto epresentazione grafica mi pare di poter scorgere qualcosa, oltre che nella lineamelodica, avvertibile nella traccia cinque, "El Carrona", il pezzodecisamente più riuscito e che si lascia invitare con piacere all'ascoltoripetuto.
La voce mi sembra bencaratterizzata e nobilmente ispirata a quella di David Gilmour dei Pink Floyd enon delude mai, anche se vi è, talvolta, il segno di uno sforzo eccessivo. Moltogodibili anche "Honey" e "I kill", quest’ultimo dotato di unmaggiore moto, dal sapore quasi beat.
Due notazioni che riguardano,innanzitutto, la resa live ascoltata in conferenza stampa da parte del Ventrella: c’èindubbiamente da fargli sinceri complimenti per la sua performance strumentale,in cui vecchi echi dylanistici e sonorità quasi sitaristiche hanno fattoriecheggiare, almeno nella mente dello scrivente, perdute ascendenzebeatlesiane. La seconda mi è offerta dallo stesso ascolto e va per intero aGiuseppe Dentamaro, notevole mixer, abilissimo confezionatore di un belpacchetto musicale. I miei complimenti, dunque, alla formazione, allo staff deitecnici ed alla Otium Records, label del progetto che avrà spazio (lo si spera)e futuro.
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