giovedì 12 marzo 2015

Al Petruzzelli, l'incanto marino e lunare della "Madama Butterfly" di Fabio Ceresa e Giuseppe Finzi, riscuote un convincente successo.


La Madama Butterfly di Puccini è un titolo popolarissimo. Al giorno d'oggi risulta difficile trovare un'opera altrettanto amata (per non dire adorata) dal pubblico. E questo dato è risultato evidente, sin dalla Prova Generale al Petruzzelli "accorsata" da un pubblico numerosissimo e di ogni età.
Ieri sera, la Prima non ha invero riscosso lo stesso trascinante successo di due serate fa.

 Il pubblico dopo la fine non si è sperticato di lodi, di applausi, di ovazioni. Anzi, ha guadagnato l'uscita, direi, con frettoloso incedere. Forse, un motivo c'è. Oggi è giovedì e non domenica. Giorno lavorativo si dirà? Comunque, l'opera, va detto, è stata allestita benissimo da Ceresa, un giovane talento di rara creatività, cresciuto sin da ragazzo alla grande Scuola della Scala e che negli ultimi anni ha dato prova di cogliere l'essenzialità e la poesia, anche in opere difficili e complesse come questa. Ha imposto una chiave di lettura minimalista sì, tipo quella di Daniele Abbado, nel fortunato spettacolo di quattro anni fa, ma anche tesa a sbarrare radicalmente tutti gli inutili fronzoli e le ridicole giapponeserie della tradizione. Qui, in fondo, non c'è tanto "Giappone", ma una storia d'amore struggente e lacerante come poche, induce al pianto ed è degna dei migliori capitoli degli Anni Cinquanta al cinema.
Qui piuttosto, sono le scene realizzate da Tiziano Santi (geniale il suo ponte obliquo sul mare lunare nel secondo atto) con le luci preziosissime di Fiammetta Baldisseri ed i costumi più che adeguati del nostro Tommaso Lagattolla, ad incantare il pubblico barese. E se persino Puccini può, a ragione, essere definito il più grande cesellatore di "Musica da Film" di un'epoca che non si era ancora accostata  alla pellicola, evidentemente il risultato dello spettacolo di ieri, può essere definito, senza ombra di dubbio, eccellente.
A dirigere, era stato chiamato Giuseppe Finzi, giovane maestro molfettese doc, con esperienze significative in Scala a Milano, dove ha lavorato spesso con Muti, e alla San Francisco Opera. Era la sua prima volta sul podio del Teatro barese e se le cavata più che bene. Profondo conoscitore della psicologia femminile di Cio-cio-san e di Puccini in generale, affrontato spesso a San Francisco. ha ricavato dall'orchestra barese, in smagliante forma, sonorità raffinatissime, frasi legate di eleganza unica, una concertazione puntuale, specie nel primo atto, ed una musicalità, lasciatecelo dire, degna di quella di un grande del podio.
Il punto dolente, questa volta, è stato invece il cast vocale, a parte la bravissima cantante greca Alexia Voulgaridou, autrice di una prova davvero maiuscola nel ruolo eponimo. infatti, a cominciare dal debole Pinkerton di Angelo Villari, che non ha espresso la vocalità fremente e appassionata del colonnello fedifrago con la giusta compattezza e credibilità. Un po' discontinua, persino, la Suzuki di Annunziata Vestri, Apprezzabile invece la prova del bravo Mario Cassi, dotato di timbro accattivante ed ottima dizione. Gli altri interpreti, tutti dignitosi, hanno completato lodevolmente il cast.
A Firenze - considerata la coproduzione col tetatro barese -, c'è da scommetterci, cambieranno sicuramente qualcosa.
La scena più bella e tragica è comunque stata quella del finale dell'opera: con un gioco di grande drammaticità e tensione, Cio-cio-san assurge al ruolo di attrice shakespiriana, il suo sperchtgesang è efficacissimo  nel duetto con Suzuki e commuove davvero. Applausi tiepidi e frettolosi ed imbarazzante uscita verso i cappotti. Un peccato di presunzione del pubblico nostrano? Aver mostrato tanta pochezza non è cosa bella e dignitosa...Speriamo che nelle prossime cinque repliche, non accada più.

La foto è di Carlo Cofano

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