Ancora una “triade immortale”, Rossini, Mozart e Beethoven ,
per la stagione di Musica Classica 2015 organizzata dal Comune e dal Conservatorio “Licinio Refice” di
Frosinone. Immensi nella loro diversità eppure così vicini nella collocazione
temporale delle loro composizioni che
sono state eseguite questa sera al Teatro Nestor dall’Orchestra Sinfonica del Conservatorio con la direzione del M° Giorgio
Proietti.
La consuetudine di Rossini di riciclare la sua stessa
musica trova riscontro anche nella
stesura della Sinfonia de “Il Barbiere di Siviglia”, già usata in altre due
occasioni: per L’Aureliano in Palmira (1813)e per L’Elisabetta regina d’Inghilterra ( ottobre 1815). In genere le ouverture o sinfonie, come dir
si voglia, venivano scritte alla fine della composizione dell’opera e spesso
non avevano legami con l’opera stessa e maggiormente servivano per avvisare il
pubblico che lo spettacolo stava per iniziare, richiamandolo così
all’attenzione e al silenzio. Il Barbiere di Siviglia fu composto tra la fine del 1815 e il febbraio
del 1816 e la sua prima (20 febbraio 1816) fu un clamoroso fiasco
principalmente per la presenza , nel
Teatro di Torre Argentina a Roma, di Giovanni Paisiello, che aveva già composto
un’opera omonima, e di tutta la sua
claque “da egli stesso aizzata”, come scrive Arnaldo Fraccaroli (1882- 1956) nel suo Rossini. Il fiasco della prima fu però riscattato immediatamente
dal successo delle repliche e l'opera di Rossini finì presto per oscurare la
precedente versione di Paisiello, divenendo ad oggi una delle opere più
rappresentate al mondo. Dopo un inizio lento e solenne, dell’Ouverture, segue
un tema allegro e facilmente orecchiabile per concludersi con un episodio
“temporalesco”, dal carattere deciso e potente, così frequente nelle composizioni rossiniane, celeberrimo , infatti, è il “temporale” della
sinfonia del Guglielmo Tell.
Secondo ascolto della serata il Concerto per pianoforte e orchestra in la maggiore n.23 K488 di W.A
Mozart, terminato di scrivere il 2 marzo
1786 a Vienna, che egli considerava “proprio il paese del pianoforte” , fu composto per le Accademie viennesi della Quaresima di quell’anno. Le Accademie
erano esibizioni pubbliche, i nostri odierni concerti , che si tenevano durante
l’avvento e la quaresima, appunto,
quando i teatri erano chiusi. Tra i concerti di Mozart, questo è il più
amato e contende al K 467 ( “Elvira Madigan”) la palma del più eseguito. Fin dalle prime battute si annuncia come uno
dei concerti più intimisti del salisburghese per l’introduzione del timbro
morbido ed evocativo dei clarinetti. L’Allegro
del primo movimento è intenso e di forte tensione drammatica e introduce alla delicata malinconia dell’Adagio,
nella diversa tonalità di fa diesis minore, così intimamente lirico e di grande
eleganza formale , vivace e brillantissimo l’Allegro assai finale nel più puro
spirito scanzonato e fanciullesco di Amadeus . Solista al pianoforte il
giovanissimo Eugenio Catone, pluripremiato
in concorsi nazionali ed internazionali svolge attività concertistica, sia come
solista che come camerista, in stagioni italiane ed estere, ha incantato il pubblico con un
esecuzione di alto livello tecnico ed espressivo tanto da dover concedere un
bis con il “pirotecnico” studio n.1 op.2 di Sergej Prokofiev.
Ultima gemma ad “illuminare” ulteriormente la serata , la
Sinfonia n.7 in La maggiore op. 92,
che fu iniziata nella sua stesura da Ludwig van Beethoven durante un suo
soggiorno a Teplitz, città termale in Boemia dove seguiva una cura
( 1811), sperando di recuperarvi l’udito.
La prima esecuzione ebbe luogo l'8 dicembre del 1813 nella sala grande
dell'Università di Vienna per un concerto di beneficenza. Richard Wagner in L'opera d’arte dell'avvenire così
descrisse questa sinfonia: «La sinfonia è l'apoteosi della danza: è la danza
nella sua suprema essenza, la più
beata attuazione del movimento del corpo quasi idealmente concentrato nei
suoni. Beethoven nelle sue opere ha portato nella musica il corpo, attuando la
fusione tra corpo e mente.» In forma
quadripartita (Vivace-Allegretto-Presto- Allegro) ha forti richiami con la “Pastorale”
, (primo movimento) , per la “sua natura festiva” , per “un senso di
emancipazione dalla colpa che conduce a un Paradiso perduto “come ben descritto
sempre da Wagner nel suo libro su Beethoven
del 1870, non a caso è mancante del
tradizionale tempo lento , quello dedicato al dolore, alla contemplazione, al
lutto, alla tragedia presente in tutte le altre sinfonie beethoveniane, se si
esclude L’Allegretto ,aperto e chiuso da un accordo dolente in la minore. Il
clima festoso raggiunge l’apice nel travolgente finale in cui il musicista di
Bonn fa largo impiego dei timpani.
L’Orchestra Sinfonica del Licinio Refice , in un particolare
“stato di grazia”, specie nel settore degli archi, ha confermato una crescente solidità e
coesione, grazie anche alla bacchetta sempre elegante e precisa di Giorgio
Proietti.
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