Sabato 21 settembre alle 21.00 al Petruzzelli è in cartellone un nuovo appuntamento della
Stagione Sinfonica 2013.
Sul podio il maestro Renato Rivolta che condurrà l’Orchestra
del Teatro.
In programma Alborada del gracioso di Maurice Ravel, la
prima esecuzione assoluta del Triplo
Concerto di Fabio Vacchi,
solisti Giampaolo Pretto (flauto), Manuel Zurria (flauto) e Patrizia Radici (arpa) e la Sinfonia n. 3 in fa maggiore op. 90 di
Johannes Brahms.
Biglietti in vendita al Botteghino del Teatro Petruzzelli e on
line su www.bookingshow.it, informazioni:
080.975.28.40.
Vacchi: Triplo Concerto per due flauti, arpa,
percussioni e archi
Regolarmente eseguito
nelle principali sedi concertistiche mondiali, come la Scala, la Philarmonie di
Berlino, il Musikverein di Vienna, il Festival di Salisburgo, Vacchi ha
collaborato con registi come Ermanno Olmi, vincendo il David di Donatello per
la colonna sonora del film Il mestiere delle armi, e Patrice Chéreau. In
gennaio alla Salle Pleyel di Parigi si concluderà il ciclo di una trentina di
esecuzioni del melologo “Soudaine dans la forêt profonde”, da un romanzo di
Amos Oz, il cui CD, pubblicato a cura del Ministère de l’éducation nationale, è
stato distribuito nelle scuole francesi. Da un altro romanzo di Amos Oz ha
tratto l’opera “Lo stesso mare”, andata in scena al Teatro Petruzzelli nel
2011. Sta terminando un’opera per il Maggio Fiorentino e un brano sinfonico per
il Gewndhaus di Lipsia, nonché un pezzo pianistico per le celebrazioni
scarlattiane a Madrid. E’ in partenza per un ciclo di conferenze, legate a sue
esecuzioni, presso l’Università di Montréal.
"Il Triplo Concerto è il primo lavoro di Fabio Vacchi in qualità di composer
in residence della Fondazione Petruzzelli. Già nel titolo è presente un
richiamo alla grande tradizione classica, che si manifesta anche nella scelta
di contrapporre, in un metaforico certamen, i tre solisti e
l’orchestra, proprio come in un concerto grosso dell’età di Bach e Händel. Alla maestria dei due
flautisti solisti è affidata l’alternanza di strumenti di diversa intonazione
ed estensione: ora il flauto in do, ora quello in sol, o quello basso in do,
ora l’ottavino. La strumentazione disegna una trama coloristica molto
intricata, ma con una cura estrema del dettaglio. Ne consegue una percezione
quasi prismatica dell’insieme e, allo stesso tempo, di ogni singola tessera.
Fin dai suoi primi passi nella composizione, Fabio Vacchi ha assunto come
vessillo l'attenzione alla materia, ovvero al suono e al corpo destinatario del
suono. La sua musica mira cioè a catturare l’attenzione dell’ascoltatore
mobilitandone i sensi attraverso l’abile manipolazione di parametri
psicoacustici. In una recentissima intervista di Leonetta Bentivoglio sul
quotidiano La Repubblica il compositore afferma: «Sono convinto che l’arte debba
saper muovere percezioni sensoriali e anche affettive, e non solo compiacersi
della trasgressione in sé». La forma musicale, secondo Vacchi, deve «comunicare
ragioni in movimento e instaurare quel sistema di attesa-sorpresa che da
sempre, anche inconsapevolmente, tanti musicisti hanno praticato». E aggiunge,
parafrasando Goethe:«solo una musica capace di mettere in moto le nostre
percezioni sensoriali e affettive, può aspirare alla bellezza».Molti
compositori contemporanei, al contrario, hanno prodotto musica che rivendica il
suo valore in base a un arido sistema teorico che ignora le esigenze del comune
apparato sensoriale tradendo, così, la bellezza «in nome di rigide astrazioni
ideologiche». Un tradimento non meno profondo, secondo lui, che il «cercare i
favori del pubblico con musiche passatiste e banalmente accattivanti». Da
queste poche pennellate si scorge già il profilo dell’outsider, dell’artista libero, al di fuori dalle classificazioni
consuetudinarie. Molti critici e affermati musicologi hanno detto e scritto di
lui senza inserirlo in –ismi del
Novecento e del Duemila musicali e rilevandone invece i tratti stilistici
peculiari. Enzo Restagno parla della piacevolezza della sua musica
sottolineando come non sia da intendere come mera lusinga sensoriale, bensì
come frutto di un rigore e di un pensiero analitico derivante dalla tradizione
del secolo scorso. Del resto, secondo il critico torinese, passato il momento
della ricerca, l’evoluzione della musica d’oggi sta andando verso una fase di
«ritrovamento». Giorgio Pestelli evidenzia i procedimenti di «ondulazione»,
immediatamente riconoscibili nei lavori di Vacchi. In effetti, i suoi suoni non
sono mai fermi, ma hanno un momento di ascoltabilità massima che va poi a
sfumare, in un continuo gioco di dissolvenze incrociate e di stimolazione della
percezione uditiva. Scrive a proposito il compositore: «I suoni non sono
oggetti che possiamo sottomettere alle nostre intenzioni: hanno una vita
propria che va custodita, amata, cercata, esplorata». Infine, un altro tratto comunemente rilevato,
ad esempio da Jean- Jacques Nattiez, che lo considera emblema di una via di
bellezza e arte per il XXI secolo, è il suo essere un compositore «sirenico»,
essendo l’incanto uno dei suoi tratti distintivi. Questo è realizzato talvolta
mediante procedimenti che derivano, come ha notato Scaldaferri, da un profondo
studio della musica etnica, anche se, come osserva sempre Restagno, il
folclorismo di Vacchi, in modo non dissimile da molti romantici, non è mai didascalico
né descrittivo, bensì frutto di un'accensione quasi onirica e comunque tutta
interiore". Come ha scritto Peter Korfmacher sulla Lepiziger Volkszeitung
a proposito dell'esecuzione al Gewandhaus di Tagebuch, incentrato sui fatti dell'11 settembre 2001,"Vacchi
non descrive alcun attentato, alcuna guerra. La sua impostazione metafisica è
senz’altro confrontabile con quella di Gustav Mahler: materiale molto
differente viene inserito in un grande insieme in modo che si aprano
significati non esprimibili con la parola, ma che emozionalmente sono
senz’altro percepibili". (estratto
dal libretto di sala del Concerto, note a cura di Chiara
Rizzo)
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