sabato 7 dicembre 2013
Gustavo Dudamel e i Berliner Philharmoniker insieme per un trionfo annunciato
Entro nella sala buia. Poche persone, nascoste e sparse un po' qua un po' là. Pensavo tra me e me: ma come è possibile? Fra qualche minuto ci sarà un concerto bellissimo e ci sono appena venti persone? Incredibile.
Infatti, il concerto diretto da Gustavo Dudamel a capo dei Berliner Philharmoniker sta per cominciare. E' il primo di una serie di tre che vedranno, oltre Dudamel, anche Sir Simon Rattle e Daniel Barenboim sul podio della più grande orchestra del mondo.
Dudamel aveva solo ventitrè anni quando vinse la "Gustav Mahler Conducting Competition", organizzata dalla Bamberg Symphony Orchestra nel 2004. Da allora è diventato un'autentica icona nel mondo della musica classica. Nato a Barquisimeto in Venezuela nel 1981, direttore d'orchestra, violinista e compositore, ha studiato violino con Josè Francisco del castillo all'Accademia Violinistica Latino-Americana e ha preso lezioni di direzione d'orchestra da Rodolfo Saglimbeni e da JosèAntonio Abreu. Dal 1999 è diventato direttore della Simòn Bolivar Youth Orchestra of Venezuela. durante la stagione 2007/2008 è stato anche il principale direttore della Gothenbourg Symphony, ricoprendo poi lo stesso ruolo per la Los Angeles Philarmonic nella stagione 2009/10. Dudamel è coinvolto attivamente in programmi educativi nell'ambito di entrambe le succitate orchestre. Pupillo di Claudio Abbado prima e di Simon Rattle poi, è un maestro prfondamente maturato in questi anni. Ha appena 32 anni, ma è come se ne avesse cinquanta, tanta è la scioltezza, la naturalezza e la disinvoltura con cui dirige senza partitura ogni composizione.
Si sa, il cinema forse non ha la magia di un teatro, ma le immagini di oggi sono stupefacenti, come anche il suono audio perfetto dell'ascolto. Stasera, per Traviata di Verdi, spettacolo inaugurale della stagione scaligera è previsto il pienone; Ieri no, nonostante il concerto avesse in programma due sinfonie preziose, come la "Tragica" di Schubert e la Quarta di Beethoven, intervallate, da due divertenti Suites per piccola orchestra di Stravinski. Un programma di grande interesse, grazie anche alle scelte interpretative di Dudamel.
L'orchestra ha un organico contenuto, appena quattro i contrabbassi utilizzati, 10 i primi violini, altrettanti i secondi, appena otto i violoncelli. Non è nè Strauss, nè Mahler in programma. Ed ecco che i Berliner, strumento di grandissima duttilità, elastico come poche compagini, si raccoglie per far musica da camera. Si ascolta nei respiri, suona con la gioia di una Bolivar. Dudamel è superlativo nel "rubare" il tempo, nell'offrire nuove chiavi di lettura a Schubert, con quell'ultimo tempo che schizza leggerissimo sino alla fine. Ma è Beethoven ad impressionare per energia e forza dirompente (forse troppa?). Sono una cinquantina, ma sembra ascoltandoli che siano cento esecutori. Spettacolo impressionante di assoluta perfezione. Solo le immagini fanno un paio di vole cilecca, ma la musica è lì, non si perde mai.
Alla fine è un trionfo, forse annunciato. I "bravo" e le ovazioni si sprecano. Molte sono le uscite di Dudamel, persino un mazzo di fiori arriva nelle sue mani. E' il direttore del futuro? Probabilmente sì. Credo proprio di aver avuto questa sensazione ieri: è lui che prenderà in mano i Berliner tra una decina d'anni (forse prima). Sembra già scritto, nel libro della Storia.
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