lunedì 9 dicembre 2013

Le dichiarazioni del regista Damiano Michieletto sul perchè tante regie vengono oggi contestate


 L'opera lirica piu' della prosa e' terreno di sperimentazione dei registi "perche' non si producono piu'
nuove opere e c'e' un repertorio definito da reinterpretare continuamente". Ne e' convinto il regista Damiano Michieletto, autore di regie innovative e che e' stato recentemente applaudito, ma anche fischiato, alla Scala di Milano per la sua messa in scena di 'Un ballo in maschera' di Verdi, ambientata durante una campagna elettorale
americana. Spettacolo peraltro premiato dalla stampa italiana (20 testate tra i principali quotidiani e le riviste di settore) che ha 'eletto' Michieletto come miglior regista verdiano del bicentenario.

      "Molti problemi sulle regie -spiega Michieletto all'Adnkronos- nascono dal fatto che i teatri chiedono ai registi nuove produzioni, e lo fanno spesso in ragione del business, che spinge la varie fondazioni liriche a essere in competizione tra loro. E mentre una volta si scrivevano e si mettevano in scena nuove opere, adesso c'e' una crisi
del linguaggio, il repertorio si e' fossilizzato in una serie precisa di titoli, ed e' venuto fuori il lavoro di ermeneutica del regista, che una volta non era neppure previsto, e che deve raccontare in modo diverso sempre la stessa storia, con il rischio di cadere nella caricatura e nell'eccesso, allontanandosi sempre dalla forma originale
di questo materiale".
      Quando si arriva a questo punto "non c'e' piu' limite. E qui si vede la sensibilita' del regista, che puo' fare uno spettacolo demenziale, oppure leggere nella complessita' dell'opera per portare alla luce aspetti ancora poco esplorati. E' questo il motivo per cui l'opera continua ad essere viva e far discutere - afferma il regista -
ma e' come un'arancia che si continua a spremere rischiando di essere arrivati alla buccia senza accorgersene. Il teatro che voglia fare una seria politica culturale, deve produrre opere, diventare impresario sporcandosi le mani, scegliendo librettista e compositore, puntando sul pubblico e facendo dei profitti. Qui si misura la vera politica
dei teatri. Vero punto di svolta e' raccontare le storie del presente con la musica del presente. A questo punto il lavoro del regista si ridimensionerebbe - conclude Michieletto - perche' non dovrebbe fare piu' qualcosa che e' stato gia' fatto tante volte".

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