La
Fondazione Petruzzelli, dopo l'applauditissimo Falstaff della settimana scorsa, va avanti con la sua
stagione concertistica - anch'essa in verità veleggia verso la fine - con un
concerto cameristico che vedeva protagonista il grande baritono italiano Leo Nucci.
Giovepluvio
ci ha messo del suo, la scrosciante pioggia di sabato ha infatti allontanato molti
appassionati dalla bella serata. Il teatro Petruzzelli non era, va detto, "pieno
come un uovo".
Nucci,
classe 1942, è un baritono dalla lunga carriera, che partì nel 1967 con il
Figaro del Barbiere di Siviglia allo Sperimentale di Spoleto. Ha studiato canto
con il maestro Bigazzi e si è poi perfezionato a Bologna con Marchesi. La sua
significativa vita artistica si è affermata in tutto il mondo; diretto dai più
celebri direttori d'orchestra (Abbado, Bartoletti, Chailly, Giulini, Karajan,
Kleiber e Levine), ha partecipato a numerose incisioni discografiche. A Bari
mancava dal 2007, quando al Piccinni interpretò con successo il personaggio di
Gianni Schicchi.
L'altra sera
presentava, insieme ad un ensemble come l'Italian Opera Chamber Quintet, un
articolato omaggio al grande compositore di Busseto nel bicentenario della
nascita. Si partiva da tre interessanti preghiere giovanili ("La preghiera
del Poeta", "Sgombra o gentil" e "Deh, pietoso, oh addolorata")
e si proseguiva poi con alcune famose arie e romanze da opere come il Nabucco
("Dio di Giuda"), l'Attila ("Dagli immortali vertici") e i
Due Foscari ("O vecchio cor che batti"). Il tutto intervallato da
alcune trascrizioni e arrangiamenti di opere come l'Aida e ilFalstaff, curati
dall'ottimo pianista Paolo Marcarini.
La vocalità
di Nucci ha del miracoloso: nonostante i 71 anni suonati, riesce sempre a
mantenere una sicurezza ed una disinvoltura vocale di notevole personalità. Il
legato è eccellente e la voce conserva ancora una pastosità timbrica ed una
potenza di emissione degne di nota.
Sopratutto
nella seconda parte, abbiamo vivamente apprezzato le arie dalla Traviata
("Di Provenza il mare il suol") e dal Ballo in maschera ("Eri tu
che macchiavi"). Degna di rilievo anche la meno celebre "In braccio
alle dovizie" dai Vespri. Mentre cantava, Nucci si accompagnava con dei
gesti direttoriali, segno della sua profonda conoscenza della musica.
Il concerto,
applauditissimo anche più di quello di Mariella Devia, si è concluso con la
lunga scena tratta dal Don Carlo, con la
morte finale del Marchese di Posa ("Per me giunto è il dì supremo").
Una delle più belle e struggenti pagine verdiane: il teatro è venuto giù.
Generosamante,
Nucci ha continuato a cantare, proponendo succulenti bis (RIgoletto e Trovatore
in primis) e ringraziando il pubblico per la bella accoglienza.
Nucci è un artista esemplare.
RispondiEliminaSenza ombra di dubbio!
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