mercoledì 21 marzo 2018

RADU LUPU TORNA STASERA ALL’UNIONE MUSICALE DI TORINO.


Mercoledì 21 marzo 2018 presso l’Auditorium Giovanni Agnelli del Lingotto di Torino alle ore 21(serie dispari, pari, l’altro suono di abbonamento) torna allUnione Musicale dopo sei anni di assenza il grande pianista Radu Lupu (nella foto, l’ultima sua apparizione nel cartellone dell’Unione Musicale risale a ottobre 2012). Il concerto di Torino è la prima tappa di un tour italiano che, a seguire, toccherà Milano, Bologna e Firenze. 
Nato nel 1945 a Galati, in Romania, Radu Lupu è da sempre un antidivo per eccellenza: non concede interviste, rarissimamente entra in sala di incisione, un uomo che è stato definito “un mistero”, chiuso in un riserbo proverbiale rivelato solo dalla sua immensa musica. Attraverso la sua arte, infatti, ha sempre messo tutti d’accordo: il pubblico, che lo accoglie come uno dei più grandi artisti viventi; la critica, che lo ha premiato agli esordi di carriera con la vittoria ai concorsi Van Cliburn (1966), Enescu International (1967) e Leeds (1969) e, in anni più recenti, con il Premio Internazionale Arturo Bendetti Michelangeli e con due Premi Abbiati; i colleghi come Mitsuko Uchida, che lo ha definito «il musicista più significativo che abbia mai conosciuto», e Daniel Barenboim, che ne ha sottolineato «l’irraggiungibile immaginazione sonora e l’abilità nel creare suoni e impasti orchestrali sul pianoforte».
Superati i settant’anni, il “grande solitario della musica” continua a sorprendere con le sue interpretazioni intime e raffinate, il tocco morbido e leggero, la scelta ristretta di opere e di autori, come Beethoven, Brahms, Mozart, Schubert e Schumann. 
Il programma del concerto di Torino è l’essenza della sua arte e della sua poetica: un solo compositore tra quelli prediletti – Schubert - e tre capolavori già molte volte oggetto di approfondita riflessione musicale. Si comincia con i Momens musicals op. 94sei brevi pezzicomposti a partire dal 1823 e pubblicati nel 1828, riuniti sotto lo steso titolo forse solo per ragioni editoriali e considerati all’origine della fioritura romantica del “foglio d’album” pianistico.
Segue la Sonata op. 143, che risale agli anni 1822 e 1823, i più critici della vita di Schubert per l’insorgere della malattia che costrinse il musicista a un progressivo isolamento e che, in brevissimo tempo, lo portò a morte prematura. La cupa tonalità di la minore e il carattere enigmatico, carico di tristi presagi, pervade l’intera partitura, rimasta inedita fino al 1839 e dedicata dall’editore Diabelli a Felix Medelssohn.
Il recital si conclude con la Sonata in la maggiore D. 959, composta nel 1828 ma pubblicata postuma undici anni dopo, seconda del trittico scritto da Schubert poche settimane prima di morire. Il caratteristico linguaggio del compositore viennese tocca qui una nuova serenità, una dimensione di pace celeste in grado di sublimare le sofferenze patite, forse un presentimento dell’ormai imminente liberazione dalla condizione terrestre.



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