mercoledì 17 dicembre 2008

Il concerto a Bari di Bruno Canino: una grande lezione di stile


Se c’è un pianista vivente dalla lunga e luminosa carriera, sia come solista che nelle vesti di accompagnatore di eccelsi violinisti e collaboratore dei più importanti ensemble in circolazione, questi è senz’altro Bruno Canino. In carriera da oltre quarantacinque anni, l’artista napoletano, ma da tempo milanese d'adozione, ha girato con successo il mondo in lungo e in largo ed è stato anche tra i docenti di pianoforte più apprezzati, oltre che organizzatore musicale di prim’ordine. Nel 2005 ha festeggiato i suoi quarant’anni di sodalizio in duo pianistico con l’altrettanto inossidabile Antonio Ballista e i trent’anni con il Trio di Milano. Insomma, Canino, è giustamente considerato una sorta di monumento vivente del pianoforte. Ascoltarlo suonare è pertanto sempre un onore e al contempo un piacere. L’ultima volta mi era capitato alcuni anni fa al Festival estivo di Lucerna, quando aveva egregiamente sostituito la grande Martha Argerich, purtroppo indisposta, nello stupendo Quintetto per pianoforte e archi di Schumann. Lunedì sera il Maestro era a Bari per la stagione della Camerata Musicale Barese, impegnato in un programma di stimolante impianto e come sempre per nulla scontato. Prima parte interamente occupata dalla Quarta Sinfonia di Beethoven, nella solida trascrizione pianistica di Liszt, mentre nella seconda Canino ha deliziato il pubblico presente con alcune autentiche “chicche” di compositori americane del calibro di Gottschalk (Le Bananier – Union! Parafrasi da concerto), Copland (Four Piano Blues), Corea (9 pezzi dai Children’s Songs) e Gershwin (3 preludi). Se nella Quarta sinfonia – probabilmente insieme alla Nona la più antipianistica delle sinfonie del Titano di Bonn – Canino ha un po' faticato nel riprodurne con la necessaria dirompenza ritmica tutta l'incredibile tavolozza armonica e timbrica, nei brani americani si è invece disimpegnato con straordinaria eleganza, esibendo plasticità di tocco e musicalità degne dei più grandi pianisti in circolazione. Una lezione di stile molto applaudita dal pubblico che affollava il Piccinni e al quale Canino ha generosamente regalato un paio di bis esemplari: dal famigerato “Beethoven dei telefonini”, come lui stesso lo ha ironicamente definito (e cioè la celebre bagatella “Per Elisa”) al prejazzistico, pirotecnico "Cakewalk" dal Children’s Corner di Debussy. Nell’intervallo breve siparietto con Giovanni Antonioni, direttore artistico della Camerata Musicale Barese, che ha ricordato come lo splendido pianoforte Steinway a coda che stava suonando Bruno Canino era il duecentesimo costruito dalla Fabbrini di Pescara, mentre quello della Camerata andò bruciato purtroppo nel tragico rogo del Teatro Petruzzelli nel 1991.

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