lunedì 10 luglio 2006

Un trionfo per Temirkanov e la Filarmonica di San Pietroburgo a Bari


Con un concerto della prestigiosa Filarmonica di San Pietroburgo diretta da Yuri Temirkanov, si è chiusa sabato sera presso l’Auditorium della Guardia di Finanza l’intensa, ricca stagione della Fondazione Lirico Sinfonica “Petruzzelli e Teatri di Bari”. Una chiusura col botto, dunque. In programma pagine di due importanti compositori russi: Nicolaj Rimskij-Korsakov ( La Grande Pasqua russa, ouverture op. 36 e la suite tratta dall’opera La favola dello zar Saltan al posto di quella in precedenza annunciata de Il gallo d’oro) e Igor Stravinskij (La sagra della primavera – quadri della Russia pagana). Pubblico delle grandi occasioni. Sono stati, infatti, oltre un migliaio gli spettatori che hanno affollato l’Auditorium della Guardia di Finanza, l’unico ampio contenitore attualmente disponibile a Bari (perdurando da quindici anni la nota indisponibilità del Teatro Petruzzelli e dell’Auditorium “Nino Rota”) per l’esecuzione di musica sinfonica. La Filarmonica di San Pietroburgo è la più antica e blasonata orchestra russa. In verità, in una formazione più limitata nell’organico, questa splendida compagine era già stata qui a Bari alcuni anni fa al teatro Piccinni, diretta dal maestro barese Fabio Mastrangelo, da tempo residente a San Pietroburgo come direttore ospite della Filarmonica. Yuri Temirkanov, si sa, è da molti anni sulla breccia, ospite delle più rinomate orchestre del mondo. Un direttore fantastico, di straordinaria comunicativa, nonostante diriga (pur con somma abilità) senza bacchetta, potrei dire a…“mani nude”. A Bari non si ascoltava un’esecuzione della Grande Pasqua russa di Rimski-Korsakov da qualche anno, avendola riproposta, di recente, proprio l’Orchestra della Provincia. Senza fare paragoni impropri, è (quasi) inutile dire che trascinata da un ispirato Temirkanov la mitica Filarmonica russa ha dato vita ad un’esecuzione di indiscutibile brillantezza e luminosità evidenziando oltre ad un’incredibile duttilità nei colori strumentali nelle sezioni principali del suo sterminato organico, una ferrea disciplina e un’omogeneità sonora oggi assai rare, persino in complessi europei di equivalente blasone internazionale. Esemplare anche l’interpretazione dell’altra pagina rimskiana in programma, questa assai poco nota (la suite dalla favola dello zar Saltan), resa da Temirkanov e dalla sua orchestra con tutta la smagliante e caleidoscopica ricchezza timbrica del caso. Rimskij era un mago dell’orchestrazione, anche se non sempre la vena creativa ed espressiva dei suoi lavori è stata all’altezza della sua meritatissima fama di orchestratore. Non c’è dubbio però, che compositori del calibro di Maurice Ravel e dello stesso Stravinskij abbiano subìto sin dagli albori della loro carriera artistica, il fascino irresistibile della fascinosa tavolozza coloristica di questo grande Maestro. Nella seconda parte un’esecuzione ancora vibrante, ma solo a tratti (almeno sotto un profilo squisitamente ritmico) altrettanto coinvolgente del capolavoro stravinskiano, la Sagra della Primavera. Il livello straordinario, la precisione maniacale dei musicisti che compongono questa gloriosa orchestra russa non si discute, mentre non mi è parso, a dire il vero, uno stravinskiano doc il “nostro” pur grandissimo Temirkanov. Per la Sagra continuo personalmente a preferire le lezioni (inarrivabili?) di Leonard Bernstein e Pierre Boulez. Successo trionfale di pubblico, incorniciato da un paio di bis.

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