martedì 22 luglio 2008

Convincente successo per il visionario "Concerto a colori" di Livio Minafra


E’ noto che all’aperto, in genere, si possa giocare solo a bocce. Lo disse una volta il grande Arturo Toscanini. A questo pensavo ieri ascoltando l’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari diretta da Massimiliano Caporale durante un concerto tenutosi all’interno, ma comunque all’aperto, del Castello Svevo. Perché ci pensavo è presto detto. Dopo pochi minuti dall’inizio dell’esecuzione del celeberrimo "Adagietto" della Quinta Sinfonia di Gustav Mahler alcune gocce di pioggia hanno messo in allarme i professori d’orchestra giustamente preoccupati per i loro preziosi strumenti. E così l’esecuzione - peraltro sino a quel momento abbastanza mediocre - si è interrotta e non è stata più riproposta. Certo è che sia il suddetto "Adagietto" mahleriano, sia la suite n.1 tratta dall’altrettanto noto “Peer Gynt” di Edvard Grieg, erano stati evidentemente pensati solo come lavori di contorno, o se preferite, di sostegno alla prima esecuzione assoluta del "Concerto a colori per pianoforte “Impreparato” e orchestra del giovane compositore pugliese Livio Minafra (nella foto). E questo ci può anche stare, dopo aver ascoltato il complesso e articolato lavoro di questo talentuoso musicista, che ad appena ventisei anni già può vantare un sostanzioso curriculum. Conosco personalmente Livio da almeno cinque anni. Papà Pino e mamma Margherita m’invitarono ad ascoltarlo (non era ancora diplomato in pianoforte) nel 2003 in un incredibile, a tratti visionario, recital di sue composizioni alla Vallisa. Il risultato di quella serata fu un disco dal titolo “La dolcezza del grido” per la prestigiosa etichetta londinese Leo Records. Quel compact disc gli ha fatto guadagnare diversi riconoscimenti da alcuni tra i migliori giornalisti musicali di jazz del mondo. Non starò qui a dirvi quali, ma vi invito caldamente a guardare il sito di Minafra dove sono riportati per filo e per segno. Cinque anni dopo, dunque da quella serata assai particolare in Vallisa ho riascoltato Livio addirittura in un concerto per pianoforte e orchestra (dalla brahmsiana durata di oltre 40 minuti), scritto da lui con il contributo per l’arrangiamento orchestrale di Bruno Tommaso, da tempo figura di primo piano particolarmente apprezzata del Jazz italiano.
Lo stile del giovane Minafra sembrerebbe collocarsi, almeno ad un primo sommario ascolto (per giunta all'aperto), nel già fecondissimo sentiero attuale dei post minimalisti attraverso la proposizione di un perpetuum mobile di temi, melodie, semplici e/o complessi accordi, percussivi clusters, reiterati, quasi senza un’apparente soluzione di continuità.
A ben vedere questo concerto a colori possiede però anche matrici differenti: da Gershwin a Stravinskij, da Prokof’ev a Messiaen, da Luciano Berio ad Astor Piazzolla, da Philip Glass a John Adams, il tutto sapientemente cavalcato e miscelato con i timbri etnici, popolarmediterranei del jazz nostrano. Peraltro, quelli appena citati non sono nomi sparati a caso, ma un buon conoscitore di cose musicali può senz’altro avvertire all’ascolto della grintosa e folgorante composizione di Minafra una sorta di omaggio al Novecento, talora un po’ disordinato, accavallato, gridato, ma complessivamente di raro fascino. Mi piacerebbe, oltre che riascoltare (possibilmente al chiuso) il suo “concerto a colori”, anche sentire il pianista-Minafra eseguire un concerto di Sergej Prokof’ev o magari di Béla Bartók. Lo dico perché, a mio sommesso parere, anche nelle vesti di interprete, questo giovane, straordinario talento può regalare soddisfazioni non da poco. Il folto pubblico presente ha mostrato di gradire molto, applaudendo con convinzione la sua brillante performance. Nella seconda parte una decorosa lettura della suite n. 1 dal Peer Gynt ha egregiamente chiuso la serata.

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