venerdì 13 aprile 2007

Silvia Godelli e la "rivoluzione culturale pugliese"

Questa mattina leggo su Repubblica-Bari un’intera pagina (o quasi) dedicata ai progetti culturali della Regione Puglia per i prossimi anni. “Cinema, teatro, musica, spettacolo dal vivo, mostre, castelli, convegnistica di livello” saranno le materie di riferimento, secondo il piano triennale elaborato dall’assessore regionale alle Attività Culturali e del Mediterraneo Silvia Godelli (nella foto). Cito, di seguito, le parti salienti dell’esaustivo articolo della giornalista Titti Tummino apparso oggi sull’autorevole quotidiano romano, prima di avanzare la mia piccola, umilissima riflessione in proposito: “Silvia Godelli anticipando le linee strategiche fornisce subito un dato: nei due anni della giunta Vendola – dice l’assessore – le destinazioni finanziarie al settore sono state triplicate. Con il bilancio 2007 siamo arrivati ad oltre 9 milioni, a fronte di un avvio nel 2004 di 2 milioni e 700 mila euro. Quest’anno in particolare, rispetto al 2006 si registra un incremento di circa un milione di euro, cifra che pone la Puglia fra le prime regioni nei finanziamenti per spettacolo e cultura provenienti dal bilancio autonomo.” E ancora: “A partire dalla fine di quest’anno e per i prossimi sei, quelli della nuova programmazione dell’Unione europea, ai fondi del bilancio regionale, si aggiungeranno risorse di derivazione comunitaria: circa 300 milioni di euro destinati a sostenere non solo le attività culturali, ma anche i beni culturali e il turismo, considerando queste tre deleghe, come un unicum agli effetti della valorizzazione del territorio.” In questo ribadisce Godelli non c’è alcun automatismo, visto che l’Unione europea non vincola le proprie destinazioni finanziarie; piuttosto una precisa scelta della giunta regionale. “una svolta – rileva l’assessore – che ci permetterà innanzitutto di fare progetti integrati sui fondi europei; progetti che mettano insieme la valorizzazione turistica con quella dei beni culturali pugliesi, ma anche di incrementare una serie di attività come spettacoli e mostre d’arte all’interno dei nostri gioielli: i centri storici, i castelli, le grandi cattedrali, le realtà archeologiche, costruendo una rete che permetterà alla Puglia di ricoprire un ruolo significativo sia a livello nazionale che internazionale”. Aspettando l’Europa, intanto, assicura Godelli, partirà il progetto triennale con fondi regionali. “Per quest’anno intendiamo rafforzare le compagnie di prosa professionistiche e sostenere i festival di musiche di tradizione e le realtà di eccellenza della danza. Nel 2008, invece, gli sforzi saranno mirati a potenziare il settore della musica colta; nell’ultimo anno (2009), si destineranno i finanziamenti per consolidare e rendere stabile la rete messa in piedi in tutto il campo dello spettacolo dal vivo”. Questo, almeno nelle linee essenziali, è ciò che è riportato nell’ampio articolo di Repubblica. A tale proposito ricordo con rammarico i famigerati POR-Cultura europei che nel 2002-03 dovevano consentire alla Puglia in quelle analoghe materie, appena citate, di fruire di ben 60 milioni di euro (ben 120 miliardi delle vecchie lire). La stessa Repubblica-Bari, come altri giornali, riportò la notizia con la giusta enfasi. Di quei soldi promessi la Puglia però beneficiò in minima parte, non solo per colpa della precedente giunta di centro-destra allora capitanata da Raffaele Fitto, ma per l’oggettiva difficoltà progettuale in cui da anni ristagna la Puglia, come altre regioni italiani, soprattutto meridionali.
Le tanto decantate risorse finanziarie vanno infatti utilizzate naturalmente attraverso progetti curati "a regola d’arte" e non improvvisati, come troppo spesso capita dalle nostre parti. Il rischio è pertanto che queste ingenti somme messe a disposizione dalla Regione Puglia prima e dall’Unione europea in un periodo successivo (in particolare da quest’ultima arriverebbero circa 300 milioni di euro, equivalenti a ben seicento miliardi di vecchie lire) possano "disperdersi" verso altre destinazioni (meno nobili di questa), se mancherà una progettualità tempestiva, oltre che seria e mirata ad impiegarle correttamente. Prendiamo, per esempio, il discorso relativo al “potenziamento del settore della musica colta”. Mi piacerebbe sapere secondo quali criteri e soprattutto priorità s'intende procedere. In Puglia, partendo da Bari, sono le stesse strutture edilizie dei Conservatori di musica ad essere particolarmente carenti, per non dire fatiscenti. Un esempio sotto gli occhi di tutti - Auditorium "Nino Rota", a parte per il quale si attende finalmente da un momento all’altro la gara d’appalto per la sua agognata ristrutturazione - è quello della vicina palazzina del Conservatorio "Niccolò Piccinni", che andrebbe quanto prima ristrutturata e rimessa a nuovo, prima che possa davvero correre rischi imponderabili. Altro suggerimento potrebbe esser quello di potenziare la divulgazione della musica “colta” o classica nelle scuole medie superiori, attraverso laboratori semestrali curati da musicologi, critici ed esperti su autori e tematiche di ampio respiro, che possano interagire con studi e materie letterarie, artistiche, filosofiche portate avanti nei consueti programmi ministeriali. Lo si sta facendo meritoriamente, per esempio, con la Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli, che va nelle scuole e propone stimoli, conoscenze e, dove possibile, approfondimenti sulle opere liriche della stagione in corso. Per troppo tempo, si sa, la Musica è stata considerata la Cenerentola della Scuola. C’è chi di questo dà la colpa a statisti del passato pur autorevolissimi come Giovanni Gentile o a intellettuali del calibro di De Santis e Croce.
Adesso però, dopo anni di patetici piagnistei e sterili autocommiserazioni sulle reali motivazioni che hanno portato l’Italia, Paese che per storia e tradizioni secolari è Patria delle Arti e della Musica, è davvero arrivato il momento di recuperare il tempo perduto. A cominciare, secondo me, dal pubblico dei fruitori musicali del domani che sono poi, per l’appunto, i nostri giovani. Altrimenti è inutile recuperare dietro il dispendio di risorse finanziarie notevoli i luoghi-contenitori-teatri, se poi manca un pubblico che possa e (soprattutto) abbia il desiderio di goderne appieno. Possibile che debba essere, per esempio, una nazione come il Venezuela (con tutto il rispetto, s'intende) a darci nell'anno di grazia 2007 lezioni proprio in questo campo?

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