martedì 21 luglio 2009

"La chitarra a due buche Greci" di Denis Sansoe



“La poca sonorità della chitarra rispetto agli altri strumenti è sempre stato il cruccio di ogni chitarrista.Strumento sempre amato per le sue grandi qualità timbriche e coloristiche, viene però definito “intimo” nei dizionari a causa della sua voce ridotta.
Questo appare ancora più evidente quando la chitarra si accosta ad un flauto od a un violino, che la relegano rapidamente a strumento di sfondo, sopraffacendola grazie alla loro maggiore potenza sonora. In questi casi va perduta purtroppo anche tutta la magia timbrica caratteristica della chitarra, che solo per farsi udire deve sacrificare tutto il resto.
Ed è un peccato, perché almeno sulla carta (o quando registrata) la musica per chitarra ed altri strumenti è a volte di rara bellezza, ma l’effetto dal vivo risulta sempre deludente.
La risoluzione di tale problema ha impegnato e impegna intere generazioni di liutai.
Il primo passo fu sicuramente fatto da Antonio de Torres Jurado, che la rese più grande e sonora. Passi significativi dopo di lui furono poi fatti nel Novecento da Hermann Hauser e José Ramirez, liutai che fornirono i loro strumenti ad Andrés Segovia.
Nonostante ciò, e nonostante gli innumerevoli tentativi fatti da moltissimi artigiani, il ruolo della chitarra è rimasto suddito, perché il reale incremento della potenza sonora ottenuto non è affatto sufficiente a sostenere il confronto con gli altri strumenti.
In questo contesto si inserisce il lavoro di ricerca che ha portato alla ideazione e realizzazione della chitarra Greci, il cui volume sonoro è più che doppio rispetto ad ogni chitarra da concerto di grande tradizione, presentando inoltre un ampio ventaglio armonico e grande tenuta di suono.
Queste innovative doti, oggettivamente testate anche in laboratori di acustica, permettono alla chitarra Greci di dialogare alla pari con qualsiasi strumento, nella vera maniera concertata e senza mai mostrare cedimenti armonici, fonici o dinamici, ridonando così alla chitarra una nuova ed interessante dimensione sonora, dai molteplici sviluppi.
La chitarra Greci si vuole infatti rappresentare come il propulsore di un nuovo ed entusiasmante momento storico della chitarra nel mondo della Musica.
La storia ufficiale della chitarra Greci ha inizio nel 1989, quando uno di questi esemplari viene accettato in dono da S. S. Papa Giovanni Paolo II in considerazione del grande significato che questa innovazione rappresenta per il mondo della Cultura. Tale strumento è stato collocato nella collezione privata del Santo Padre.
Dal 1990 al 1997 Michele Greci entra in collaborazione con l'Ente per le Nuove tecnologie, l'Energia e l'Ambiente (ENEA) dove ha modo di sviluppare una particolare ricerca sul movimento del piano armonico delle chitarre avvalendosi di tecnologie raffinatissime, quali l'interferometria laser. In questa sede vengono sottoposte a test comparativo numerose chitarre di gran pregio, ed emergono oggettivamente proprio le caratteristiche di grande e superiore potenza della chitarra Greci.
Tali caratteristiche già risaltano dalle olografie , ma manca l'analisi armonica. Per ottenere delle riprese sonore validamente oggettive ci vuole una macchina che, sostituendo l'incerto elemento umano, dia dei risultati costanti e ripetitivi. La macchina viene costruita , dopo molti tentativi, sotto la direzione del prof. Enzo Marchetti, presso il Dipartimento di Meccanica Aeronautica della Facoltà di Ingegneria dell'Università "La Sapienza" di Roma.
Alla fine di luglio 2001, avvalendosi di tale macchina, vengono effettuati dei test comparativi presso l'Istituto Elettrotecnico Nazionale "Galileo Ferraris" di Torino, che rilascia dichiarazione attestante l'oggettiva superiorità fonica ed armonica della chitarra Greci, validandone così l'effettivo risultato positivamente innovativo.
In termini concreti, tali risultati fonico-armonici vogliono significare che la chitarra Greci possiede un volume sonoro paragonabile ad uno strumento ad arco; queste qualità sono particolarmente degne di nota specialmente nella musica di insieme o concertata, dove fino ad oggi la chitarra rivestiva una figura minoritaria.
Lo scopo dei test eseguiti è stato di dimostrare attraverso un sistema oggettivo di misurazione le differenze esistenti tra la chitarra Greci e quelle di migliore e consolidata tradizione.
Questo non poteva avvenire tranne che attraverso l'uso di una macchina appositamente ideata e costruita, che escludesse in maniera assoluta la possibilità dell'intervento umano, garantendo nello stesso tempo una ripetitività certa e costante.
La macchina, frutto di un lungo periodo di studi e di prove, è stata infine realizzata sotto la guida del prof. Enzo Marchetti, presso il Dipartimento di Meccanica e Aereonautica dell'Università "La Sapienza" di Roma.
Successivamente la macchina è stata usata proprio per confrontare la chitarra Greci ed una chitarra da Gran Concerto presso l'Istituto Elettrotecnico Nazionale "Galileo Ferraris" di Torino, che ha rilasciato una relazione ufficiale corredata di grafici attestante l'assoluta superiorità fonica ed armonica della chitarra Greci.”

Denis Sansoe

11 commenti:

  1. Qui ci troviamo di fronte a un campo minato... non tanto per le qualità sonore, quanto perché in questi casi entra in modo preponderante l'estetica, l'innato bisogno di giudicare uno strumento con gli occhi, anziché con le mani e le orecchie...
    In tanti stanno sperimentando soluzioni che possano portare a qualche arricchimento sonoro (doppia buca, porta acustica, forme e dimensioni diverse, catenature particolari, doppia camera, doppia tavola, doppio fondo, spalle crescenti...). Di fatto, si stanno portando avanti gli studi (o i tentativi) di Mozzani, Simplicio ecc.
    Personalmente, non sono convinto che sia la buca a fare la differenza, o - meglio - non solo la buca.
    Dal punto di vista fisico, il suono è una vibrazione che si trasmette da un corpo ad un altro (dal dito alla corda, all'aria, al ponte, alla tavola, all'aria acontenuta nella cassa che, rimbalzando contro le pareti di fondo e fasce ritorna verso l'esterno e verso la tavola... la seconda buca, comunque posizionata, introduce qualche discontinuità (esattamente come la prima) in questo processo, e porta a ragionamenti che inevitabilmente sfociano in un interrogativo: quali sono le parti della chitarra che, messe in vibrazione, generano la proiezione del suono, o il volume dello strumento? Conta di più la vibrazione della tavola o l'ampiezza della buca?
    Dopo tutto, la tavola è il vero corpo vibrante, mentre la buca è l'uscita del suono verso l'esterno... ridurre la superficie della tavola in favore della buca significa avere una minore inerzia, quindi vibrazioni che, potenzialmente, possono avere ampiezza maggiore, ma un'uscita più ampia riduce la pressione dell'aria (dalla meccanica, se la pressione è data dal rapporto tra forza e superficie, a parità di forza, una superficie maggiore fa diminuire il valore della pressione. Applicato alla meccanica dei fluidi, questo concetto fa discendere la conclusione che, con un'uscita più ampia, a parità di portata, io ho un flusso maggiore nelle vicinanze, ma lo stramazzo è più corto, mentre con un'uscita più stretta, ho un flusso più ridotto, ma con uno stramazzo più lontano). Come viene risolta la questione?
    E ancora, io mi domando: come vengono disposte le catene in questa concezione? Come vengono pensati fondo e fasce: più o meno rigidi rispetto ad una chitarra con buca singola? Ma, soprattutto, come viene influenzato il timbro (i timbri) dello strumento da queste scelte costruttive...

    Confesso che queste sperimentazioni mi affascinano da sempre...

    Meo

    RispondiElimina
  2. Trovo che la chitarra con due buche sia ,se costruita bene, un ottimo strumento.
    Ma quelle due buche !!! danno fastidio , è come se rompessero in qualche modo il fascino della chitarra . Nei miei progetti innovativi fu una delle prime che feci, ricordo bene la difficoltà esecutiva . Difatti nella chitarra tradizionale la catena dopo la buca, verso il lobo inferiore, serve per strutturare il tutto, fa si che la tavola non si spezzi o si imbarchi notevolmente. Quindi il punto più debole dello strumento è proprio li, dopo la buca . La difficoltà del progetto risiede proprio in quel punto. Le due buche iniziano(come faceva Simplicio) tra il 14° ad il 15° tasto e la tastiera è (guardandola dall’alto) come se fosse sospesa. Si tratta di cercare un compromesso all’interno che riesca a reggere la tastiera ed il punto in questione. Il fatto di dare più tavola vibrante è sempre stata una sfida per qualsiasi liutaio. Torres fu il primo che, nella chitarra del 1859 che fu poi acquistata dal famoso llobet , tolse addirittura la catena sotto la buca, aggiungendovi un tornavoz al suo posto; ma il fondo si apri ;Llobet comunque non la fece mai riparare per timore che l’intervento potesse compromettere la bellezza dello strumento. Nella sua seconda epoca di costruzione abolì questo metodo . Ora ,grazie alla tecnologia, sappiamo che un corpo come il tornavoz posto sotto la buca, invece di aumentare la nota di intonazione della tavola e dell’aria del corpo, la abbassa. Ma , senza la catena sotto la buca lo strumento avrebbe ceduto ugualmente, infatti il tornavoz era vincolato al fondo con delle specie di anime che consentivano il lavoro della catena. Un altro metodo usato per abbassare la nota di intonazione poteva cosi essere quello(già sperimentato dallo stesso Torres in passato con la Leona (fe 04) del 1856), di aprire la catena sotto la buca, vincolandola solo alle fasce ed al centro, ma senza tornavoz( la leona aveva ambedue le cose). Buon risultato che fu poi ripreso da altri liutai come ad esempio Romanillos .
    Detto questo , si può capire quanto possa valere il discorso dei due buchi.
    Non sarò certo io a svelare come deve essere all’interno!
    Bisogna vedere in quale direzione si vuole andare, più volume , piu attacco , più suono che duri o , una mescolanza?
    La plantillas in questione di per se è molto più favorevole per una tavola con più vibrazione ed un ottimo strumento ma….. Sta al liutaio compensarla a dovere. Anche una chitarra senza apertura nella catena può suonare meglio di una con la catena aperta. Da ciò si arriva al postulato che :” non è il materiale che fa lo strumento ma il suo suono quindi;Le sue note ed le sue fattezze poste nella maniera più consona”.
    Se poi si vuole uno strumento stereo il progetto cambia . Ovvero ,bisogna costruire una specie di maccaferri all’interno . Intendo una camera tonale come quella delle vecchie maccaferri, Si può poi suddividere i due suoni . Ecco anche un’altra importanza dei due buchi .
    Insomma , come progetto è innovativo , ma bisogna farlo funzionare. Ed in cose del genere tanti calcoli non servono , bisogna usare molto talento, passione e CUORE. Poi bisogna vedere se piace!
    C’è molta gente che guarda ancora l’etichetta, forse per non essere fregato!
    Bisogna dare più ossigeno all’artigianato ed alle innovazioni e pensare un po di più ai giovani .
    Difatti le chitarre di quel tipo le comprano solo i giovani che hanno , non solo talento ma CARATTERE.
    Un saluto Roby

    RispondiElimina
  3. E se si spostasse il punto di uscita dell'aria permetterebbe una maggior vibrazione? non capisco il motivo per il quale non abbiano mai messo la buca su una spalla, superiore o inferiore è lo stesso.. fragilità costruttiva?

    Se si posizionasse allora la buca su una fascia, tipo quella posteriore? si avrebbe il maggior volume possibile! ma chi ci ascolta verrà alla nostra destra e non più davanti...

    Antonio

    RispondiElimina
  4. è un copia incolla da un altro sito, aggiorniamoci!!!
    L'italia è così che va avanti : a copiare e incollare male.

    RispondiElimina
  5. egregio maestro Romanelli, il mio non è uno sfogo rivolto al suo blog ma al governo italiano, come lei meglio di me sa, la libertà di parola nel nostro paese è fortemente minacciata da un sistema mediatico omogeneo che tende a eliminare tutte quelle peculiari caratteristiche che rendono ricca e varia l'opinione arbitraria di ogni singola persona.
    Riferendomi all'articolo del dott. Sansoè, il mio obiettivo era quello di evidenziare la presenza di numerosi prototipi di strumenti a corde a 2 buchi dove però la mancanza di adeguato interesse musicale nel nostro paese da parte dei governi locali e nazionali ne rende impossibile lo sviluppo ad un più vasto pubblico,

    Distinti saluti Ing. Follo

    RispondiElimina
  6. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina
  7. Stupendo articolo, i miei complimenti al Dott. Sansoè.
    Sapete se scrive per qualche rivista musicale?
    Credo che sia stato relatore alla fiera del libro di Torino quest'anno, non vorrei ricordare male.

    ps: Ing. Follo sostengo le sue idee

    RispondiElimina
  8. Egregio Dottor Squadrillas, nel ringraziarla del suo complimento vorrei farle notare che al salone del Libro di Torino non ero purtroppo un relatore ma un semplice mediatore ad alcuni convegni in merito alla musica antica. Difficile sostenere le idee dell'Ing. Follo per il semplice fatto che non si riesce a capire completamente il senso della critica rivolta.

    RispondiElimina
  9. concepiscofiglisoloaparigi5 ottobre 2009 alle ore 22:43

    mi scusi, lei è il famoso dott. Squadrillas di rai 2?

    RispondiElimina
  10. riferendomi al commento del dott. Sansoè, sembra che l'ing. Follo abbia scritto sotto dettatura.

    RispondiElimina