mercoledì 14 luglio 2010

Domani Napoli Milionaria! di Nino Rota inaugura il 36° Festival della Valle d’Itria



Napoli Milionaria! di Nino Rota inaugura domani sera il 36° Festival della Valle d’Itria e avvia la nuova "era" della direzione artistica di Alberto Triola, dopo il lungo, intenso periodo legato a quella di Sergio Segalini. Giovedì 15 luglio, alle ore 21.00, nell’atrio del Palazzo Ducale di Martina Franca (diretta radiofonica su Radio3 Suite) andrà in scena, per la seconda volta da quando è stata composta, la prima fu al Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 1977, l’opera tratta dalla famosa commedia di Eduardo De Filippo (nella foto) e che lo stesso Eduardo trasferì (anche) sul grande schermo nel 1950.
Rispetto alla più conosciuta commedia, l’opera di Rota, presenta delle differenze sostanziali dal punto di vista drammaturgico. Quella che era una commedia ricca di speranza, all’indomani della fine della guerra, sebbene raccontasse una storia tragica, diventa, nella trasposizione operistica, una tragedia a tutti gli effetti; basti pensare che la famosa battuta conclusiva della commedia "Ha da passà a nuttata", diventa "La guerra non è ancora finita", ad indicare appunto, che le speranze hanno lasciato il posto ad un disperato pessimismo: i nemici da battere non sono più gli invasori e gli orrori della guerra, ma nemici interni quali il disordine, la violenza, la corruzione. Altri elementi connotano l’opera nel segno del pessimismo: viene introdotto il personaggio del soldato di cui si innamora Maria Rosaria, che nella commedia non compare. Ancora, nella commedia "Amalia e Settebellizze" non cedono all’attrazione reciproca, il che significava, non dare ai personaggi una ulteriore colpa, far si che non avessero nei confronti di Gennaro, quest’ulteriore rimorso, altro segno di ottimismo. Nell’opera, Amalia e Settebellizze diventano amanti, dando vita ad una disgregazione che diventa disperazione. La svolta decisamente tragica della vicenda, evidentemente derivante da una profonda disillusione di Eduardo, informa di sé tutta la partitura dell’opera. Il sentimento predominante è quello di subire fatalisticamente un degrado di valori, aggrediti ferocemente da una guerra atroce e contaminante, ma anche dal crollo della dignità umana. Disumanizzazione che diventa addirittura struttura formale nel duetto del secondo atto, quando il soldato Johnny saluta per sempre Maria Rosaria, incinta di un bimbo figlio della guerra che non conoscerà mai suo padre. Sul piano strettamente musicale Rota compose una grande partitura complessamente articolata. A tutti gli interpreti Rota diede una caratterizzazione melodico-vocale a tutto tondo. Nell’ambito di un’opera sostanzialmente corale emergono nettamente le figure di tutti i personaggi, e talvolta la necessità di raccontare il dolore e l’assurdità della guerra creano le condizioni per evidenziare l’esaltazione indotta in personaggi di basso profilo da situazioni paradossali (basti pensare alla vicenda di Assunta nel secondo atto, la quale non avendo consumato le nozze, chiede alla matura Amalia se deve considerare se stessa zitella o maritata, precipitando nella più cupa depressione di una ventiquattrenne che non sapendo che è, sente di non essere niente) o alle contaminazioni linguistiche, sempre nel secondo atto, al limite del caos organizzato, di napoletani ed alleati, travolti da un vitalismo che è sintomo di un malessere profondo. E la catarsi finale, che nella commedia si sperava seguire la fatale nottata, all’Eduardo degli anni settanta, non pare vicina.
La scelta del titolo anticipa di un anno le celebrazioni del centenario della nascita del compositore milanese, legatissimo alla Puglia e a Bari, città che lo ha accolto per molti anni come direttore del Conservatorio, ma anche uno dei primi sostenitori del Festival della Valle d’Itria. A Martina Franca, proprio in quel 1977, il maestro Rota diresse la prima esecuzione delle sue “Liriche su testo di Rabelais”.
La regia è stata affidata ad Arturo Cirillo, nome di spicco del teatro di parola napoletano, collaboratore per anni di Carlo Cecchi e Mario Martone, attore e regista pluripremiato, che vanta anche due Premi Ubu (2004 miglior regia, 2006 miglior attore non protagonista), reduce dal recente clamoroso successo nazionale quale regista e interprete di Jago in “Otello” di W. Shakespeare. Lo spettacolo, rispettoso del realismo richiesto dal testo eduardiano ma coerente con la sensibilità e il gusto del più limpido teatro contemporaneo del quale Cirillo è esponente di primo piano, avrà le scene di Dario Gessati e i costumi di Gianluca Falaschi.
In un’opera che è di puro teatro musicale, il cast non può non tener conto delle precise indicazioni del libretto e delle esigenze del grande teatro eduardiano. L’inedita coppia Alfonso Antoniozzi (Gennaro Jovine) e Tiziana Fabbricini (Amalia), nomi di spicco tra i più preziosi talenti drammatico-musicali dei nostri giorni, guida un ensemble di cantanti-attori giovani e di grandi promesse. Sul podio, un elegante ed esperto interprete del teatro musicale di Rota, Giuseppe Grazioli.
Una sola replica dell'opera è prevista sabato 17 luglio.

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