giovedì 22 maggio 2008

"Elia", un'opera lirica contemporanea di Giovanni Tamborrino per la Fondazione Petruzzelli







La Fondazione Petruzzelli apre alla nuova musica producendo l'opera lirica contemporanea "Elia", musicata da Giovanni Tamborrino su testi di Enzo Quarto, che nella stesura del libretto si è ispirato alla vita e agli scritti della Beata Elia di San Clemente. Il lavoro, che debutterà il 29 maggio nella Cattedrale di Bari per essere replicato il giorno seguente nelle Cattedrale di Bitonto, è stato presentato ieri mattina ai giornalisti (presenti, tra gli altri, il compositore Giovanni Tamborrino, il librettista Enzo Quarto, l'Arcivescovo della Diocesi Bari-Bitonto, Mons. Francesco Cacucci, il Sindaco di Bari, Michele Emiliano e il sovrintendente della Fondazione Petruzzelli Giandomenico Vaccari) e sancisce il ritorno alla collaborazione tra il compositore di Laterza e lo scrittore e giornalista tarantino dopo l’esperienza dell’Anello di Egnazia, progetto prodotto alcuni anni fa sempre dall’ente lirico barese.
Protagonisti della messa in scena, l’attrice Chiara Muti (nella foto) e il quartetto pugliese Faraualla, ensemble vocale tutto femminile che affonda le radici sonore nella musica popolare delle Murge e, più in generale, del Sud Italia, ma anche in esperienze tradizionali di territori «altri», dalla Corsica alla Bulgaria. La parte strumentale prevede l’utilizzo di due arpe (una classica, l’altra campionata) e di un’officina di percussioni composta, tra l’altro, da campane tubolari e gamelan.
Firma la regia Teresa Ludovico, volto storico del Kismet con cui Tamborrino aveva intrapreso un percorso artistico al Festival della Terra delle Gravine, a metà degli anni Novanta. Insieme realizzarono Reputi di Medea, capitolo della trilogia di «opere senza canto» comprendente III Riccardo III e Gordon Pym.
Sono trascorsi quindici anni da quella collaborazione, che segnò una tappa importante nella ricerca di Tamborrino, col quale la scena musicale contemporanea si è arricchita di un contributo originalissimo nella riconsiderazione del melodramma tradizionale. L’«opera senza canto» è infatti il frutto di una lunga maturazione sulla necessità di superare la concezione di «canto lirico» in favore di un teatro musicale capace di recuperare, rifacendosi all’antica tragedia greca e alla lezione di Carmelo Bene, l’uso drammatico della voce naturale all’interno di un sistema teatrale timbrico di imprevedibile impatto emotivo.
Elia, un lavoro nel quale Tamborrino sperimenta il sacro come linguaggio alternativo al caos e alla disperazione dell’oggi, rappresenta un’ulteriore evoluzione di questo percorso. L’opera stavolta «canta», ma con un processo di accrescimento attraverso il quale i parametri dell’«opera senza canto» sposano all’interno del teatro timbrico una diversa forma di cantabilità per un’ulteriore maturazione nella ricerca del rapporto col pubblico.




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