martedì 14 marzo 2017

Sabato 18 marzo al Van Westerhout di Mola si esibisce il percussionista Ray Mantilla con il Maurizio Di Fulvio Quartet per l'AGIMUS.



AGÌMUS
Associazione Giovanni Padovano Iniziative Musicali

ORFEO FUTURO

Teatro Van Westerhout
Mola di Bari
Sabato 18 marzo ore 21
La leggenda del latin jazz
RAY MANTILLA
con
Maurizio Di Fulvio Quartet
American and Carribean Songs

STAGIONi_2017 (XXIII) prima parte
direzione artistica Piero Rotolo

C’erano anche le lacrime di Ray Mantilla (nella foto) in «Tears for Johannesburg», ultima traccia del leggendario album di Max Roach «We Insist! Freedom Now Suite» del 1960, disco manifesto del jazz e della rivendicazione dei diritti del popolo afroamericano. Da allora non si è mai affievolito l’impegno del grande percussionista newyorchese, atteso ospite, sabato 18 marzo (ore 21) al Teatro van Westerhout di Mola di Bari, per le Stagioni dell’Agìmus (Associazione Giovanni Padovano Iniziative Musicali) dirette da Piero Rotolo all’interno della rete Orfeo Futuro e il sostegno di Regione Puglia e Comune di Mola di Bari (biglietti euro 12, ridotti euro 10 e 8, tel. 368.56.84.12 - 393.993.52.66).
Nato nel South-Bronx nel 1934 da genitori portoricani, Mantilla è considerato uno dei maestri del latin jazz. E, infatti, propone un concerto dal titolo «American and Carribean Songs» accompagnato dal collaudatissimo quartetto del chitarrista-compositore Maurizio Di Fulvio, con la cantante Alessia Martegiani, voce molto apprezzata a livello internazionale, il solido ed esperto contrabbassista Ivano Sabatini e l’eclettico batterista Walter Caratelli. Ancora una volta la sua missione sarà regalare gioia e felicità rinnovando la magia di questo soundcontagioso nel quale la tradizione delle radici - la lezione delle icone della salsa EddiePalmieri e Ray Barretto - incontra l’evoluzione del jazz, da Charles Mingus e Max Roach fino a Gato Barbieri.
«Suono per rendere felice la gente» è, infatti, il motto di Mantilla, che continua ad infiammare le platee del mondo con la sua inesauribile carica e gli indiavolati ritmi afro-cubani dei quali è maestro indiscusso. L'esuberanza non fa certo difetto a Mantilla, musicista abituato a considerare il palcoscenico come vero e proprio luogo di teatro. Anche quando non è seduto dietro le sue congas, l'artista è un irrefrenabile istrione, con un tocco di divertito esibizionismo. Capace di trasformare i concerti in travolgenti show, è soprannominato «mani di fuoco». Impossibile, infatti, resistere all’esplosiva miscela musicale di questo straordinario virtuoso delle percussioni, in grado di condurre gli spettatori all’essenza stessa della musica latina, da lui nobilitata anche accanto a Tito Puente.
Sei i dischi usciti a suo nome, anche se sono circa duecento quelli in cui è apparso come ospite accanto a mostri sacri della musica afro-americana. Oltre ad aver partecipato alla «Freedom Suite» di Roach, pagina fondamentale nella storia del jazz, Mantilla si è, infatti, esibito accanto ad Art Blakey and The Jazz Messengers, gli stessi Charles Mingus e Gato Barbieri, Dizzie Gillespie e Stan Getz, con i quali visitò Cuba nel 1977, aggirando l’embargo del governo americano, per un tour che coinvolse artisti locali e portò alla scoperta di nuovi talenti, da Arturo Sandoval a Paquito d’Rivera. Ma non meno importanti devono considerarsi le collaborazioni con Herbie Mann, Bobby Watson, Cedar Walton e Muhal Richard Abrams.


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