venerdì 15 marzo 2013

Jamiroquai: un fenomeno da tapis roulant


 

Spesse volte mi capita, ormai, da blogger qual sono, di rifarmi addosso su di voi, o mio povero uditorio.
Mi spiego: non so se lo avrete notato, ma mi rifaccio alle mie esperienze quotidiane e da queste parto per offrirvi - spero - un ricordo o almeno una veloce ripassata sui "fenomeni della musica popolare", presenti e passati che siano.

Ebbene, mi capita spesso di sentire, mentre sudo a fare tapis in palestra- anche i bloggers hanno dei vizi da comuni ed affannati mortali, soprattutto se in sovrappeso-, ascoltare quei drittoni di Jay- Jason- Kay e dei suoi amici Jamiroquai, classico esempio di quella musica un po' marpiona, che strizza l'occhio a tutti di digerenti musica popolare, facile ed anche un pochetto scontata, ma che non fa male.

 Quella musica che, giust'appunto, si definirebbe, con chi ha un pedigree più solido del vostro improvvisato scanzonatore, easy listening, ovvero, da noi che siamo sempre un poco più pepati, da classica "rullata in autostrada"- modello rappresentante di commerci vari- od ancora da fascetta parasudore e da busti strizzi- e non sciogli-pancia.
In ogni caso, essi sono un fenomeno del cd. acid jazz inglese- ed appunto con questa definizione, che noi mutuiamo dalla loro prima label e che gli vale come incasellamento di genere, noi li cataloghiamo. Sono un classico prodotto della musica anni novanta. Nel 1994 fanno boom con Space Cowboy, estratto dall' album The Return of the Space Cowboy. Basta questo per farne i profeti dello stile: i cappelloni di Jay sono, infatti, fantastici; sono i teorici dell' onirismo ed i propalatori, dato il loro visionarismo eccessivo appunto, delle notorie sostanze capaci di produrre questi effetti speciali. Questo "drug-funky" è, tuttavia, come si diceva innanzi, dallo ascolto innocuo, anche se le tematiche sono intoccabili e da me-vecchio benpensante- direttamente censurate. Il triennio che ne segue è fatto di trionfi a ripetizione, ma i successivi esperimenti, distaccatisi dalla nicchia del jazz per entrare nella massa del funky time, non sono affatto significativi. Scattano, dunque, i soliti meccanismi di contrasto tra Jay e gli altri, tra Jay e la Sony, tra Jay ed il mondo intero. L'approdo nel porto sicuro del soft dance conduce ad un lampo: You Give Me Something del 2001, cui segue l'ultimo decennio- o poco più- di oscuri alti e bassi.
E siamo giunti al presente, in cui, tra rimpasti della formazione, quasi fossero i nostri governi, e cambi di labels, i nostri si confrontano con la gloria passata. E noi, popolo dei tapis, che aspettiamo....





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