lunedì 18 marzo 2013

Lo scintillante pianoforte "sinfonico" di Francesco Libetta strega il pubblico di Mirarte



Conosciamo il pianista Francesco Libetta da diversi anni. E non neghiamo di esserne amici e ammiratori sinceri, onde evitare equivoci in questa sede.
In verità, quando Libetta suona non lo fa mai da consumato professionista, che ha il suo bravo repertorio e lo porta in giro, sfoggiandolo sempre immutabile e rassicurante. E questo ce lo rende ancor più simpatico. Ogni concerto ha una storia a sè e si porta dietro dei rischi. Quello dell'altra sera in Vallisa, promosso e organizzato dall'ammirevole associazione Mirarte, che non gode di contributi ministeriali o regionali, ma solo del sostegno di sponsor privati (caso più unico che raro nel sovvenzionatissimo panorama della cultura pugliese), aveva per l'appunto una storia a sè.

Impaginato partendo da due eleganti pagine di Gabriel Faurè (Improvviso II e Nocturne VI op. 63) si è poi canalizzato su un puro virtuosismo trascendentale, o meglio, "sinfonizzante" di matrice francese (ci si passi il termine) che è poi l'asso nella manica di Francesco, pianista  impressionante per doti tecniche; mai però esibite muscolarmente, ma funzionali all'interpretazione del brano da eseguire in quell'esatto momento.
E così, per esempio, un pezzo di estrema difficoltà come Regard de l'Esprit de joie (tratto dai Vingt Regards sur l'enfant Jèsus) del "mago del colore" Olivier Messiaen diventa coinvolgente per il suo ritmo irrefrenabile che lo porta ad una conclusione di pirotecnica efficacia. E così anche per tutto il Ravel che Libetta ci ha offerto nella seconda parte del concerto: snocciolato con una disarmante naturalezza di accenti ma soprattutto rivissuto con personalità rara e maturità espressiva ormai acquisita. Pubblico stregato e plaudente.

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