giovedì 4 luglio 2013

Delirio Bollani in un Petruzzelli da sold out


E' stato probabilmente il più bel concerto dell'anno. Musica americana tout court, ma anche uno strepitoso Stefano Bollani che ci ha regalato un concerto nel concerto di livello altissimo. Basti pensare all'inizio, in cui l'ambient raffinato e suggestivo dei Three places in New England  ha preso corpo nella lettura tesa e concentrata di Johnatan Webb, direttore di qualità eccellente, sempre attento nella concertazione di un brano così difficile da rendere con la giusta dimensione armonica.
Ebbene, poi con Rodeo di Aron Copland, l'Orchestra è parsa sciogliersi e cominciare a "cavalcare" con rara intelligenza e disinvoltura ritmica. Nella seconda parte, con il mini-recital di Bollani - a sedie vuote, si direbbe - vista l'assenza dei professori d'orchestra, si è capito come sia cresciuto questo straordinario artista che avemmo la ventura di conoscere diversi anni fa, mentre con la pianista Silvia Alunni e altri grandi artisti metteva su una versione spettacolare di West Side Story.
Stefano Bollani è un pianista immenso, e questo va detto. Ieri era in una forma strepitosa. Sul pianoforte, ha potuto districarsi come fosse un bimbo a contatto con il suo più bel giocattolo. Bastava leggere nei suoi occhi l'entusiasmo con cui l'accarezzava e lo suonava teneramente.
I temi di Bernstein e di Gershwin sembravano uscire dalle sue magiche dita con naturalezza stratosferica; lui che non è un compositore ha provato a sfidare l'impossibile, vincendo la partita col diavolo. Sembrava, infatti, di assistere al Doktor Faustus di Thomas Mann, quanto il diabolico Bollani sembrava fiero e allegro di interpretare la parte di Leverkuhn. Il sogno è diventato realtà quando è entrata l'Orchestra dopo una buona mezz'ora di musica ed ha attaccato con estrema eleganza la brillantissima ouverture del Candide di Bernstein. E lì che è venuto giù il teatro. Grande concerto dunque, il migliore di questi ultimi due anni.
Il piatto forte è stato sicuramente regalato dalla finale  Rhapsody in Blue di Gershwin, commissionata al compositore americano come fosse "Un esperimento nella Musica Moderna".
Ed è qui che Bollani e Webb hanno dato il meglio di loro stessi, insieme all'Orchestra del Petruzzelli che, liberatasi di una certa rigidità nei pezzi iniziali di Ives e Copland, ha risolto con rara abilità e massima disinvoltura tutti i problemi tecnici.
Alla fine applausi e ovazioni hanno costretto agli straordinari Bollani. Il Nostro non si è fatto pregare e ha iniziato a sciorinare tutto il suo grandioso repertorio, fatto di improvvisazioni e giochi armonici e melodici sensazionali. Pubblico in delirio e concerto da ricordare per i tanti che non avevano mai assistito a tali mirabilie.

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