lunedì 3 ottobre 2016

Stasera verrà eseguita la versione integrale della Missa Defunctorum di Giovanni Paisiello con l'Orchestra da Camera del GPF ed il Coro Choraliter diretti da Pierluigi Lippolis.





Ancora una rarità, al Giovanni Paisiello Festival, che continua a celebrare il grande compositore tarantino nel bicentenario della morte. Lunedì 3 ottobre, nel Duomo di San Cataldo di Taranto, ore 21 (info 099.730.39.72, biglietti euro 10), verrà eseguita la versione integrale della Missa Defunctorum, protagonisti l’Orchestra da Camera del GPF e il Coro Choraliter diretti da Pierluigi Lippolis.
Paisiello scrisse, infatti, due varianti di questa pagina sacra, la prima nel 1789, in occasione della morte prematura, a soli otto anni per vaiolo, di uno dei figli dell’imperatore Ferdinando. Versione alla quale, dieci anni dopo, in occasione della scomparsa del pontefice Pio VI, il musicista aggiunse altre parti, tra cui il Quale funus, il Deus benigne et clemens e laSinfonia di apertura. Ed è l’edizione completa che viene proposta dal Giovanni Paisiello Festival, manifestazione promossa dagli Amici della Musica con la direzione artistica di Lorenzo Mattei.
Tra l’altro, l’inserimento nella programmazione della Missa Defunctorum assume un particolare significato perché nel 1916, primo centenario della morte di Paisiello, l’opera venne eseguita in suffragio del maestro al Teatro Alhambra di Taranto, alla presenza di tutte le autorità politiche e religiose del tempo.
Stavolta è il Duomo di San Cataldo a farsi teatro di quest’importante ripresa nel secondo centenario della scomparsa del genius loci, che compose la Missa Defunctorum con intenzioni che probabilmente andarono ben al di là della celebrazione di una messa di suffragio di un papa morto circa un paio di mesi prima. Ma soprattutto di un papa che aveva fortemente avversato la rivoluzione francese. Ed è plausibile, pertanto, che con questo omaggio a Pio VI, Paisiello, che aveva aderito alla breve Repubblica napoletana, volesse tentare di rientrare nelle grazie dell’Imperatore Ferdinando di Borbone, che al suo ritorno a Napoli aveva destituito il compositore da tutti gli incarichi e onori, bollato come traditore.

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